![]() Conferenza tenuta presso l'Istituto di Psicologia dell'Università di San Paolo il 19 ottobre 1981 di Jacques-Alain Miller Devo scusarmi di non riuscire a parlarvi in portoghese. Quando parlate lentamente riesco a capirvi, tuttavia non mi sento in grado di parlarlo, il che mi mette a disagio. Ringrazio per l'invito l'Istituto di Psicologia dell'Università di San Paolo, in particolare la sua direttrice, la professoressa María José Aguirre, nonché ringrazio per la sua presenza il vicerettore, professor Arrigo Angelini. Il Dipartimento di Psicoanalisi dell'Università di Parigi VIII è a maggior ragione sensibile a questo invito poiché ancora oggi, a dieci anni dalla sua creazione, continua ad essere unico nel suo genere e nella sua denominazione. Non lo dico per vantarmi, sarei piuttosto propenso a deplorare la mancanza di analoghe iniziative in altre università francesi e di altri paesi. Per quanto ne so, quello di Parigi VIII è l'unico Dipartimento di Psicoanalisi al mondo, ed è necessario che io mi interroghi su questo fatto. Il Dipartimento di Psicoanalisi, unico in Francia, è una formazione dell'inconscio, un lapsus, un atto mancato, ancora oggi trattato come un caso, un residuo, una conseguenza degli eventi del maggio 1968, poiché la sua creazione è stata successiva. La sua natura deve dunque far riflettere su cosa poteva aspettarsi il governo del tempo da tale precipitazione.
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![]() Jean-Pierre Deffieux Capita spesso che un soggetto dica questo tipo di frase al suo analista, o perché attendeva con impazienza un detto dall'analista, o perché questo detto ha provocato una sorpresa, o ancora perché queste parole hanno colto nel segno, sono arrivate puntuali e risuonano nell'inconscio del soggetto. Al contrario, incontriamo abbastanza spesso resistenze ad ammettere che una parola dell'analista abbia avuto un effetto soggettivo. Tale persona avrà la tendenza a ignorare, anche a rifiutare l'impatto di una parola dell'analista, proprio perché l'ha colpito, insistendo nel dire che ciò che l'analista gli rimanda non è mai una parola che lo colpisce, se non come sbagliata. Questa manifestazione di traslazione negativa può arrivare fino al disprezzo: «Comunque sia, non sarà una parola dell'analista a farmi effetto!” Altre volte ancora l'analista si stupisce che una sua frase ritorni nelle parole dell'analizzante diversi mesi dopo che sia stata enunciata, senza che fino a quel momento il soggetto se ne sia mai fatto destinatario. Il tempo proprio all'inconscio continua a sorprenderci. Che una parola dell'analista colpisca un soggetto non significa nemmeno che il suo Io ne sia avvertito. “Le sue parole hanno colpito”, piuttosto che “le tue parole mi hanno colpito”. "Tale significante ha colpito" sarebbe ancora più esatto; non si chiama qui in causa il senso, ma piuttosto il segno di una reiterazione significativa rilevata dall'analista e che può scuotere le difese del soggetto. "La sua scansione mi ha colpito" deve essere in questa lista. Perché aver interrotto la seduta su tale parola, su tale frase? Scegliere questo taglio dal simbolico ha un effetto sul soggetto che può rivelargli un senso. Questa frase “Le sue parole mi hanno colpito” non è sempre enunciata dall'analizzante. Può anche provenire dall'analista. Per esempio quando un soggetto gira a vuoto per più sedute in un anello di senso che non riesce a cogliere: finalmente ci riesce e l'analista si premura di sottolinearlo per marcare questo punto di capitone. Questa frase porta in sé un equivoco interpretativo quando viene detta dall'analista: “Essere colpito da” indica un impatto ma non il senso di questo impatto. È una disapprovazione? È un incoraggiamento? Una strada da seguire? Un pericolo da evitare? Si tratta di orientarsi a partire da questo dire. ![]() Argomento del convegno UFORCA del 3 giugno 2023 Gil Caroz Se ci riferiamo a due dei significati della parola avatar, quelli di evento increscioso e quello di trasformazione, identificazioni e avatar vanno di pari passo. Non esiste un'identificazione tranquilla e immutabile. Lo psicoanalista ne è spesso testimone quando un soggetto gli rivolge la domanda di ristabilire un’identificazione che ha vacillato. Perché se l'identificazione è una prima modalità di rapporto con l'Altro, resta comunque il fatto che si tratta di un elemento con cui si copre la barra che divide il soggetto, e questo buco può riapparire dietro la copertura. Inoltre, se l'identificazione è sempre fatta da un significante preso dall'Altro, essa è anche in qualche modo correlata, al godimento. I baffi di Hitler, come tratto unario che condensa il suo “piccolo plusgodere”, sono un esempio paradigmatico di significante investito di godimento intorno al quale si organizza l'identificazione di una folla. Ora, significante e godimento sono due elementi eterogenei. La loro articolazione, non essendo mai perfetta, può produrre solo avatar. Una cura analitica è di per sé un avatar delle identificazioni, poiché le trasforma. Quando l'essere del soggetto vaga da un significante all'altro senza potersi inscrivere sotto un S1 che lo plachi, l'analisi li consolida. Quando il soggetto è, al contrario, fissato sotto uno o più significanti che lo costringono a un rapporto monolitico con il mondo, scioglie le identificazioni. In questo caso il percorso di un'analisi può essere descritto come il passaggio dall'identificazione alla disidentificazione. Al termine di una cura il soggetto trova per l'identificazione un uso al di là della determinazione, e l’identificazione diventa uno strumento a sua disposizione. ![]() Jacques-Alain Miller Conferenza tenuta il 18 ottobre 1981 a San Paolo Non vedo modo migliore di iniziare questo incontro se non evocando il secondo caso che volevo presentarvi. È un caso di cui ho sentito parlare di recente in Argentina. Vi chiedo di prestare attenzione alla presentazione perché qui, a differenza del primo caso la cui diagnosi era chiaramente di psicosi, si pone una questione diagnostica. Si tratta del caso di una giovane di nome Virginia. L’analista che l'ha avuta in cura ne presenta la storia partendo dalla genealogia. Il nonno materno era bigamo, e aveva avuto una figlia non con la moglie legittima ma con un'altra donna. Questa figlia è la madre di Virginia. Il padre di Virginia era stato a sua volta accusato di aver violentato una ragazzina, un'amica di famiglia. La coppia si separò presto e Virginia fu cresciuta da una zia. ![]() Jean-Pierre Deffieux Conferenza tenuta a Milano il 17 febbraio 2023 nell'ambito del ciclo: I venerdì milanesi di psicoanalisi e politica Il senso che l'uomo dà al mondo è stato guidato fino a decenni recenti dalle leggi universali dell’Edipo. Ci accostavamo al mondo con gli occhiali della struttura edipica, la struttura ordinata del linguaggio e delle sue leggi. L’uomo filtrava il proprio rapporto con il mondo alienandosi nel linguaggio, governato dalla metafora paterna. Una piccola parte dell'umanità rifiutava questa alienazione, si trovava di fronte alla scelta forzata di non inscrivervisi, di precludervisi. Questa scelta forzata di rifiutare l'alienazione nel complesso di Edipo e nel Nome del Padre aveva un nome, ha un nome, quello di psicosi, una via di libertà singolare. La spaccatura radicale tra questi due modi di approccio al mondo nelle nostre società è diventata ormai molto più sfumata. Edipo detta legge molto meno di un tempo, per il fatto che la funzione paterna non ha più lo stesso posto nei nostri percorsi di vita. Possiamo affidarci molto meno all'Altro o guidarci con esso per realizzare i nostri desideri e le nostre scelte. L'Altro paterno ci ha aiutato a interpretare il nostro mondo sulla base di criteri prestabiliti inscritti nella tradizione. Ci ha però al tempo stesso rinchiuso lì dentro. Senza un Altro stabilito il soggetto è perduto, resta solo a inventare, creare, trovare un’interpretazione da dare alla propria vita. Questo provoca la fioritura dei sintomi del nostro secolo: la depressione in primo luogo, l’assenza di desiderio per la vita che paralizza le nuove generazioni, e poi un secondo grande fenomeno, non senza legame con il precedente, quello della dipendenza. La maggior parte di questi giovani soggetti si difende dalla posizione depressiva attraverso comportamenti di dipendenza. Il soggetto dipendente, rinchiuso nella propria solitudine, senza legame con la vita, senza progetto, senza appoggio sul discorso dell'Altro, trova un oggetto di godimento che lo soddisfa, in modo ripetitivo e senza limiti. ![]() Marco Focchi Si parla molto oggi di psicologia dell’anziano e della depressione che può colpire chi lascia la propria attività lavorativa trovandosi di fronte a un orizzonte vuoto. Possiamo domandarci: è favorevole per l’anziano continuare la propria attività lavorativa? Per rispondere bisogna prima di tutto valutare la diversità dei tipi di lavoro: ci sono lavori di carattere creativo, che evidentemente stimolano la persona dal punto di vista intellettuale e la sollecitano a proseguire anche nell’età avanzata, e ci sono invece lavori logoranti, o di carattere ripetitivo che hanno certamente la stessa dignità, ma che possono portare a un progressivo distacco per caduta d’interesse o per il venir meno delle forze fisiche. ![]() Nicola Davis Secondo alcune recenti ricerche sentirsi infelici, depressi o soli potrebbe accelerare il processo di invecchiamento più del fumo o persino di alcune malattie. L'età è calcolata in genere in base alla data di nascita, ovvero “l’età cronologica”, ma esiste anche quella nota come "età biologica", basata sull'invecchiamento delle funzioni del corpo e influenzata dalla genetica, dallo stile di vita e da altri fattori. In precedenza alcuni studi avevano suggerito che quanto maggiore è l'età biologica, tanto maggiori sono il rischio di contrarre malattie e il rischio di morte. ![]() Melissa Davey Gli psichiatri e i pediatri sostengono che è necessario e urgente indagare sul numero crescente di bambini e adolescenti che si formulano autodiagnosi su alcune condizioni neurologiche, malattie mentali e disturbi della personalità. Affermano infatti che si tratta di una tendenza indotta dai social media e dalla difficoltà di accesso all'assistenza sanitaria. È uscito il mio studio psicologico su Cranach nella serie: Tra genio e follia. I grandi della pittura, con il titolo: La risalita dall'angoscia primordiale.
Di Cranach, fino all’età di trent’anni, non si sa praticamente nulla. Poi, pittore maturo, arriva a Vienna e da lì si muove verso Wittenberg, alla corte di Federico III il Saggio. Qui inizia la sua straordinaria carriera come pittore di corte e, dopo aver fatto la conoscenza di Lutero, come illustratore ufficiale della Riforma. La personalità di Cranach, la cui vita è un’apparente scalata lineare verso le vette del successo, nasconde tuttavia complessità psicologiche e inquietudini di fondo che ho cercato di esplorare nel mio studio. L’angoscia di divorazione, lo studio del mondo femminile, ricca di sfumature, di erotismo e di “pennellate interiori”, la disinvoltura nel rapporto con il potere e con le ideologie in cui si rappresenta, fanno parte di un uomo che ha saputo convogliare i propri temi interiori rendendoli universali, specchio in cui i contemporanei si sono facilmente riconosciuti. C’è una chiave da cogliere, per risalire a questo retroscena straordinario, ed è quella che ho trovato nel tema della “risalita dal baratro delle angosce primordiali”. La follia dell’uomo normale è per l’appunto quella che gli permette di muoversi ai bordi della voragine senza mai cadervi. ![]() Nella lezione del corso che ha aperto la Sezione Clinica di Bruxelles per il 2022-2023, Alexandre Stevens ha presentato una bussola per chiarire la clinica lacaniana delle psicosi. Ecco alcuni estratti della lezione scelti da Sophie Boucquey, partecipante alla Sezione Clinica di Bruxelles. Alexander Stevens La tesi di Lacan sul caso Aimée si basa essenzialmente sull’idea di una cattura immaginaria. Dopo questo primo momento il tema delle psicosi è sviluppato nel Seminario III e ne La questione preliminare. La successiva grande articolazione di Lacan sulle psicosi verte poi intorno a Joyce, nel Seminario XXIII Le sinthome. Muoverci alternando tra questi diversi momenti ci permetterà di misurare la tensione presente sulla clinica delle psicosi tra la posizione del Lacan classico e quella del Lacan nell’ultima fase del suo insegnamento. Il fatto che Lacan presenti diverse tesi sulle psicosi non invalida le tesi precedenti con le successive, ma permette di avere diverse a prospettive di lettura. Questo rende meno rigida e più aggiornata la lettura delle psicosi. La tesi di Lacan nel Seminario Le sinthome ha successivamente permesso a Jacques-Alain Miller di sviluppare la nozione di psicosi ordinaria, che sarebbe stato difficile formulare con il Seminario III. |
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Maggio 2023
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