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Di cosa si parla

La follia e i limiti della diagnosi psichiatrica. Intervista a José María Álvarez 

25/2/2014

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Intervista di Marta Berenguer

Studi sulla psicosi
non è necessariamente un libro solo per gli psicoanalisti, anche se ovviamente occorre avere un minimo di interesse o di curiosità sulla psicosi per leggerlo. Questa curiosità, forse forzata, perché qualche grano di follia abita nei labirinti della mia costellazione familiare, mi ha indotto a traversare questo libro dalla prima all'ultima pagina. E vi ho scoperto molte cose, come il fatto che la follia interessava già ai classici, per esempio a Cicerone, e che i pazzi – anche se molti insistono a classificarli come malati mentali, e si appropriano della genetica e dello scientismo per cercare di penetrarne l’enigma – sono anche responsabili di ciò che accade. Quest’opera di José María Álvarez, psicoanalista lacaniano, riscritta, ampliata e ristampata da Xoroi Edicions, è sicuramente consigliata per coloro che sono interessati alla follia. Può essere messa sul comodino di chiunque si trovi in posizione di ascolto, tra i libri di maggior interesse sulla psicosi.



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L'anoressia mentale e il rifiuto dell'inconscio. Intervista a Domenico Cosenza

12/2/2014

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L’incontro con persone che soffrono di anoressia ha interrogato lo psicoanalista italiano Domenico Cosenza sin da quand’era giovane. Questa interrogativo lo ha indotto a presentare una tesi presso l'Università di Parigi VIII dal titolo: “Il rifiuto nell’anoressia”, con la quale ha ottenuto il dottorato di ricerca in psicoanalisi. Da più di dieci anni è direttore scientifico di istituti terapeutici per la cura di pazienti con disturbi alimentari, come l'anoressia o la bulimia. È docente presso l’Istituto freudiano ed è membro dell'Associazione Mondiale di Psicoanalisi e della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, di cui è l'attuale presidente. Ha pubblicato, presso Astrolabio Il muro dell’anoressia – di cui è appena uscita la traduzione spagnola – dove parla del sintomo anoressico e chiarisce quel che può essere il suo trattamento nella clinica contemporanea. Venerdì 17 gennaio ha presentato il suo libro presso la Biblioteca del Campo freudiano di Barcellona, dandoci occasione di conversare con lui sulla sua ampia esperienza in questo campo.

Intervista di Marta Berenguer






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La crisi e i problemi di salute mentale

11/2/2014

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Il numero di persone che iniziano trattamenti per problemi di salute mentale è aumentato del 75 %
I settori specializzati del Servizio di assistenza sanitaria hanno trattato l'anno scorso oltre duecentocinquantamila pazienti


di José Munoz Miguel

Nel 2007, prima della crisi, i servizi di Salute mentale della Sanità pubblica andalusa hanno seguito 98.578 persone che per la prima volta avevano chiesto una cura per qualche disturbo mentale. Cinque anni dopo, nel 2012, il numero di prime consultazioni ha sfiorato 173.000 pazienti, un numero simile a quello dell'anno precedente. Da quando è iniziata la recessione economica i nuovi pazienti con problemi mentali sono aumentati niente meno che del 75 %. Gli specialisti del Servizio sanitario andaluso hanno trattato 253.000 andalusi con disturbi mentali nel 2012, e hanno 1.273.000 richieste.




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Aolescenti da curare o da ascoltare?

9/2/2014

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Un’opinione sui progetti innovativi riferiti al disturbo dell’attenzione e all’iperattività ADHD, adolescenza e pre adolescenza.

di Valerio Canzian



E’ certo che ci troviamo da parte dei Servizi di salute Mentale di fronte a una spinta alla medicalizzazione di qualsiasi forma di disagio, comportamento, disturbo, malattia.  Sappiamo che il difetto sta già nel Manuale Diagnostico dei Disturbi DSM IV ora DSM V che  su basi statistiche tende ad attribuire una diagnosi di malattia a ciascun comportamento o sofferenza dell’essere umano tra cui l’ADHD. Il DSM V ha visto la moltiplicazione delle malattie, tra le quali anche un semplice lutto. Una tendenza a definire malattie i problemi umani e a cercare di porvi rimedio aggredendoli come se fossero malattie. Sappiamo che il DSM è sorto in America per soddisfare le esigenze delle compagnie assicurative alle quali serviva attribuire una misura alle prestazioni. Non una esigenza clinica quindi ma amministrativa. E tale è rimasta la sua funzione oggi. Sono stati smascherati e confessati i conflitti di interesse di tanti professionisti che hanno contribuito alla costruzione delle varie edizioni del DSM, portando ad associare alla misurazione delle prestazioni la diagnosi e la relativa prescrizione farmacologica. La crescita esponenziale dell’uso dei psicofarmaci ne è stata la conseguenza a tutto vantaggio delle case produttrici di farmaci che si sonno incuneate anche truccando i risultati delle sperimentazioni. Vedi al riguardo la recente pubblicazione del libro “ Indagine su un’epidemia - di Robert Whitaker - Giovanni Fioritti Editore - Lo straordinario aumento delle disabilità psichiatriche nell’epoca del boom degli psicofarmaci”. Una denuncia sull’abuso e conseguenze di psicofarmaci in America. Nessun carattere scientifico può essere attribuito quindi al DSM V, il Manuale Diagnostico.




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Il dilemma del matrimonio: è ​​meglio essere felici o aver ragione?

7/2/2014

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Uno scienziato ha cercato di scoprirlo, con risultati infelici.

di John Raedle

Nel matrimonio è un vecchio problema: preferireste essere felice o aver ragione?
Bruce Arroll psicologo dell'Università di Auckland, in Nuova Zelanda, ha cercato di rispondere alla domanda scientificamente ma, dice, l' esperimento è andato male.
"Avevamo pensato che entrambi i partecipanti, dopo, avrebbero sempre vissuto felici e contenti" dice Arroll, professore presso la Scuola per la salute della popolazione. I risultati del suo esperimento sono riportati nel numero di Natale del BMJ, già British Medical Journal.
Arroll e la sua equipe hanno scelto una coppia sposata e hanno  tenuto sotto controllo l'esperimento inducendo il marito a cambiare il proprio comportamento. "L'intervento prevedeva che il marito si dichiarasse d’accordo con la moglie su ogni sua opinione e su ogni sua richiesta senza mai lamentarsi. Anche se riteneva che la donna avesse torto, l'uomo doveva chinare il capo e strisciare ai suoi piedi ", scrive l’equipe di Arroll in BMJ.
"Avevamo deciso, senza consultarli, che il partecipante femminile avrebbe preferito avere ragione e che il maschio, essendo un po' passivo, avrebbe preferito essere felice."
Arroll ammette che l’equipe all’inizio dell'esperimento non aveva un atteggiamento neutrale. "Avevamo pensato che mettendo d’accordo i due partner, entrambi sarebbero stati felici", ha affermato a NBC News.
Ma è stato un disastro, ammette Arroll.
"Il comitato di sorveglianza per la sicurezza dei dati ha interrotto lo studio a causa di gravi fatti contrari verificatisi dopo dodici giorni, " scrive l’equipe.
La moglie, che non sapeva cosa stesse succedendo, era andata fuori controllo, sostiene.
"Il suo comportamento è diventato per un verso sempre più esigente, per altro verso sempre più prepotente. La situazione per il marito è diventata insopportabile".
Dopo soli dodici giorni, il punteggio della qualità di vita dell'uomo era crollato da sette punti su dieci, com'era alla partenza, a tre, e la moglie in realtà non era molto più felice: il suo punteggio di felicità era leggermente aumentato da otto a otto e mezzo.
"Non ci aspettavamo fatti così avversi", riconosce Arroll.
Arroll, che dice di essere stato felicemente sposato per trentanove anni, ha rifiutato di rivelare chi fossero i soggetti dello studio.
Il risultato potrebbe essere diverso se fosse permesso al marito di avere sempre ragione, dice Arroll, ma lui non ha nessuna intenzione di replicare l'esperimento. "No, credo abbiamo pensato che uno dei rischi sia il divorzio e l’altro l’omicidio ", dice scherzando solo in parte.
Inoltre, ha raggiunto il suo obiettivo: essere pubblicato nel numero di BMJ di Natale, un problema davvero  giocosamente serio. "Non potevo andare in pensione senza esserci riuscito – dice – In effetti è molto difficile entrare in quella rivista."

Fonte: NBCNews, 17 dicembre 2013



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