![]() di Leslie C. Bell, sociologo e psicoterapeuta Un uomo di mezza età prova per una collega di lavoro un’attrazione che in molti anni non ha provato per la moglie, e vuole avviare una relazione, ma rimane fedele. Un’adolescente si sente spinta a scatenare la propria rabbia contro i genitori, e compone invece una canzone arrabbiata. Una neo-mamma con una grave privazione del sonno e sfinita sente l’impulso improvviso di soffocare il proprio bambino, ma non lo fa. Un uomo si sente eccitato da immagini pedo-pornografiche, ma non mette mai in atto quei desideri.
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![]() di Monique Amirault La pratica analitica è una delle più bizzarre, delle più enigmatiche. "Come può sopportare, per intere giornate, di stare a sentire tante disgrazie, tanti drammi, tanta follia?”, ci domandano. In effetti, come, senza analisi e senza controllo, sopportare la libertà di colui che viene a incontrarci, quando prende la forma del peggio o della disperazione? Come accompagnarlo, offrendo la propria presenza per leggere i fili, a volte estremamente tenui, che lo legano alla vita? Come non sentirsi implicati, influenzati da scelte di godimento che sfidano a volte ogni possibile comprensione? Da un reale che impone il suo essere senza legge e di fronte al quale le difese possono essere così fragili? È il mistero di ogni singola vita. Trovo che il controllo sia oggi necessario rispetto a questo reale della clinica. Perché a cosa chiama la disperazione se non al dire bene da parte dell’analista? Si tratta di un dire bene che testimonia la sua lettura del reale nel luogo stesso della sua ignoranza, e che verifica costantemente il suo rapporto con la posizione impossibile che si offre di occupare. Andare in controllo non è mai diventata per me un’abitudine né un obbligo, ma piuttosto una prova sempre rinnovata, dura o gioiosa, ma dove il desiderio esce sempre ravvivato. ![]() di Rose-Paule Vinciguerra Imbarazzata com’ero dai detti della mia prima paziente, nei quali individuavo solo gli elementi psicologici, ho iniziato, molto tempo fa, un controllo con un'analista che pensavo avesse una certa esperienza. Ho smesso questo controllo quando l'analista ha fatto un discorso su questa paziente, un discorso, diciamo, diagnostico, che mi era sembrato inadeguato. Ho cambiato controllore. Indubbiamente non mi ero sbagliata nel giudicare questo caso, ma restava tutto da fare, in particolare dovevo imparare a orientarmi sul significante. Due decenni circa di pratica di controllo, affrontata ogni settimana non senza angoscia, mi hanno insegnato più di quanto possa esprimere, perché l'effetto di un controllo passa nel tessuto stesso dell’ascolto. Anche se conservo ricordi ancora vividi di chiarimenti folgoranti, di consigli avveduti nei caso d’emergenza, di momenti di mutamento radicale nella mia posizione ... Quando tuttavia cessano gli incontri tra il controllante e il controllato si è davvero finito con il controllo? Io credo di no. È impossibile non pensare di farvi ricorso quando un elemento decisivo sorge in una cura o, al contrario, quando non succede nulla. Mi sembra che il desiderio di controllo non cessi, non possa cessare, ed è un bene: è infatti ciò che risveglia l’analista, e mi sembrerebbe preoccupante se cadesse in obsolescenza. Anche se l'analista assume ormai per proprio conto questo controllo, il desiderio accompagna l'analista come la sua ombra. ![]() di Clotilde Leguil Cosa significa il controllo dell'esperienza dell'analista? Perché l'esperienza ha bisogno di essere messa alla prova del controllo? Si tratta di controllare una buona pratica, come se fosse questione di sottoporsi a regole per garantire una direzione della cura ortonormata? Le sedute di controllo sono per me l'occasione di percepire che il controllo è esattamente il contrario della verifica di una buona pratica, e che al tempo stesso prolunga l'analisi mettendo l'analista a confronto con le sue passioni proprio dove non se l'aspettava. Nel mio ultimo controllo ho pensato alla frase di Lacan in "La direzione della cura" del 1958, sull'effetto delle passioni dell’analista: “Non teme l’errore, ma l’ignoranza, non ha il gusto di soddisfare, ma di non deludere, non ha bisogno di governare, ma di tenere le redini". Ho pensato, infine, che se il controllo è permissivo, come ha detto Jacques-Alain Miller durante le giornate della scuola del 2014, è perché invita a disfarsi delle norme, quelle a cui ci si conforma senza saperlo. Ho anche pensato cosa sarebbe una pratica della psicoanalisi senza il controllo, ovvero senza l'opportunità di parlare della propria pratica. La solitudine non farebbe riaffiorare tutte le passioni segrete? Perché da dove vengono, alla fin fine, le norme che, suo malgrado, si impongono all'analista? Sono solo idee teoriche, norme sociali o sono qualcos'altro? Queste norme, se ci si confronta, sono in realtà solo la maschera delle passioni di ciascuno. Il controllo prende allora una dimensione catartica, in quanto permette di percepire in che punto si può venire ripresi dal proprio essere, dove invece dobbiamo agire con la nostra mancanza d’essere. Questa formula di Lacan del 1958 assume per me un senso più concreto oggi grazie al controllo: agire con la propria mancanza d’essere è anche agire liberandosi di qualsiasi norma, prendendo appoggio sul desiderio come unico valore dell'esperienza stessa. ![]() Tutti vogliono la felicità. Tutti vi hanno a che fare. Tutti cercano vie per giungervi. Sulla felicità e sui suoi misteri discutono Fernando Savater, Carlos García Gual e Javier Gomá nei Giardini di Cecilio Rodriguez, presso il Buen Retiro a Madrid. In questa conversazione riprendono quel che hanno scritto nella libro: Muchas felicitades. Tres visiones y mas de la idea de felicidad, edizioni Ariel. È mezzogiorno e il sole comincia a scaldare. C’è praticamente solo il rumore delle dodici fontane dei quattro lunghi stagni circondati da cipressi. I tre pensatori cercano di seguire le trasformazioni della felicità e di vedere il motivo per cui è diventata più una fonte di insoddisfazione che di benessere. La felicità è come il sogno che sembra di non vedere perché ci sta davanti, mentre il mondo moderno lo ha investito di un carattere irraggiungibile e sfuggente. Un miraggio? Quando si raggiunge, se mai si raggiunge? È solo godersi il dolce piacere di vivere? È sincera amicizia? È allegria? O è come quando in una barca i vogatori si avvicinano alla meta dandole le spalle? |
Marco Focchi riceve in
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Luglio 2023
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