Un piano francese con l’obiettivo di bandire dalla passerella le donne magre ignora il fatto che l'anoressia è una malattia. Abbiamo bisogno di guardare le cause non gli esiti dell’avversione a se stessi. di Hadley Freeman Nessuno mai mi chiede come ci si sentiva. Nessuno mai mi chiede cosa abbia significato trascorrere tre anni della mia adolescenza in un servizio psichiatrico per una grave forma di anoressia nervosa; come ci si sentiva a essere talmente denutrita da riuscire a stento a camminare; come ci si sente ora a riuscire a raffigurarsi i volti dei medici e degli infermieri più chiaramente di quelli dei miei defunti nonni; come ci si sente ad aver trascorso gli anni dell’adolescenza con giovani donne che, in molti casi, sono morte; come questa esperienza abbia cambiato per sempre la mia personalità. No, nessuno lo chiede. Invece chiedono perché: "Perché eri anoressica? Perché?”
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Pubblichiamo questo articolo come sintomo di un’epoca. La depersonalizzazione è un fenomeno molto studiato dalla psicoanalisi, e nelle riviste di settore si trovano decine di articoli sull’argomento. Era però ben conosciuto già dagli psicologi e dagli psichiatri prepsicanalitici del XIX secolo. Janet per esempio in base alla sua teoria ne diede una spiegazione che al tempo era stata considerata una svolta concettuale nello studio di questo particolare problema. Ora, stando all’articolo qui di seguito riportato (il cui titolo originale è: “Disturbo di depersonalizzazione: la condizione medica di cui non avete mai sentito parlare e che colpisce milioni di persone”) pare che nessuno psichiatra oggi sappia di cosa si tratta, e che per informarsi gli specialisti debbano cercare su Google. Purtroppo si capiscono le ragioni di questa devastante perdita di conoscenza: nella misura in cui il dogmatismo scientista è diventato il pensiero unico della nostra epoca, le esperienze del passato svaniscono, il patrimonio di sapere accumulato si scioglie, e lo sguardo si rivolge in modo esclusivo alla farmacologia e alle patologie definite in base ad essa. E gli unici interventi d’affiancamento presi in considerazione, come questo articolo dichiara apertamente, sono quelli provenienti dalle forme di terapia mimetiche della scienza, le terapie cioè che imitano i procedimenti scientifici, pur senza averne i mezzi, per applicarli al campo della soggettività. Parliamo delle terapie cognitivo-comportamentali. L’impoverimento culturale portato dal dominio del pensiero scientista è allarmante, e tutte le discipline relative al campo della soggettività rischiano di esserne travolte. Questo mostra l’urgenza di ritrovare il filo smarrito di forme di pensiero il cui rigore non è debitore del metodo scientifico, e la cui epistemologia non è trattabile in termini positivisti. |
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Ottobre 2024
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