L’incontro con persone che soffrono di anoressia ha interrogato lo psicoanalista italiano Domenico Cosenza sin da quand’era giovane. Questa interrogativo lo ha indotto a presentare una tesi presso l'Università di Parigi VIII dal titolo: “Il rifiuto nell’anoressia”, con la quale ha ottenuto il dottorato di ricerca in psicoanalisi. Da più di dieci anni è direttore scientifico di istituti terapeutici per la cura di pazienti con disturbi alimentari, come l'anoressia o la bulimia. È docente presso l’Istituto freudiano ed è membro dell'Associazione Mondiale di Psicoanalisi e della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, di cui è l'attuale presidente. Ha pubblicato, presso Astrolabio Il muro dell’anoressia – di cui è appena uscita la traduzione spagnola – dove parla del sintomo anoressico e chiarisce quel che può essere il suo trattamento nella clinica contemporanea. Venerdì 17 gennaio ha presentato il suo libro presso la Biblioteca del Campo freudiano di Barcellona, dandoci occasione di conversare con lui sulla sua ampia esperienza in questo campo. Intervista di Marta Berenguer
0 Comments
Intervista a Eric Laurent realizzata da Telam, Agenzia di stampa ufficiale argentina. T : Agitazione del reale è un titolo inquietante*. Come intenderlo in relazione alla questione del corpo ? L : Sì, spero proprio sia un titolo unheimlich, inquietante. Occorre risvegliare l'attenzione su un punto che Lacan ha toccato per chiarire alcuni paradossi in Freud. La zona di contatto tra la scienza e la psicoanalisi, in Freud, era il funzionamento dell'economia libidica. Dopo il 1920 l'economia del desiderio aveva come proprio orizzonte la pulsione di morte e un livello zero dell’energia, e questo, come diceva Sabina Spielrein, è il principio del Nirvana. Simile approccio permetteva di sostenere l'ipotesi della validità della seconda legge della termodinamica, che introduce l'inerzia entropica come orizzonte finale per l’energia. In tal modo questa ipotesi definiva qualcosa di reale nella psicoanalisi. Lacan, a sua volta, ha tentato di definire la pulsione di morte a partire da ciò che avviene nell'esperienza analitica, senza introdurre ipotesi supplementari. Prima ha mostrato che si potevano ignorare gli aspetti vitali – intesi come immaginari – della pura ripetizione significante. Nell’insegnamento di Lacan – come dice Jacques-Alain Miller – questo era uno dei paradigmi del godimento. Ha poi tentato, riuscendoci, di isolare una modalità di ripetizione che non fosse la ripetizione significante. Ha definito l’Uno del godimento, che si ripete nell'orizzonte dell'esperienza analitica, ma che non obbedisce alle leggi della ripetizione significante, né alla logica del fantasma. Questo orizzonte appare nelle analisi a lungo termine. Questa ripetizione dà il diagramma di un universo senza legge, senza necessità, che Lacan ha pensato come un incontro con la contingenza. Di questo parla l’agitazione del reale. Non dell’immaginario del moto browniano, che obbedisce alle leggi della meccanica statistica, ma dell'incontro dei corpi con la contingenza del godimento che porta a considerare il sinthome. Intervista a Gustavo Dessal
Di Antonio Montesinos Antonio Montesinos: La colpa è stata la strategia di dominio più efficace? Gustavo Dessal: Il senso di colpa è lo strumento di dominio per eccellenza. È peraltro una cosa che risale all’antichità. La Chiesa ha saputo sfruttarlo in modo molto efficace. Il timore degli dei è qualcosa che si perde nella notte dei tempi. La Chiesa cattolica e le altre chiese inoltre hanno innalzato sul senso di colpa un’enorme costruzione teorica e filosofica. Per altro verso, il senso di colpa ha una sua utilità. Implica un limite posto a certe azioni. Sappiamo che il soggetto che non è in grado di provare colpa può essere potenzialmente molto pericoloso. Il senso di colpa è una delle barriere che limitano l'azione umana, come può essere, su un altro piano, la vergogna. Una vergogna estrema può diventare patologica. Una svergognatezza anche (ride). AM: La colpa è stata associata con la paura e con il peccato. Che glie ne pare del cocktail? GD: Tremendo. Inoltre, è stata associata con la sessualità. Provengo da una famiglia agnostica, quindi non ho conosciuto in prima persona le pratiche della Chiesa a questo riguardo, ma tutti conosciamo le storie di confessionale, dove la prima cosa che i sacerdoti ti chiedono ha che fare con quel che hai tra le gambe. Era una strategia molto efficiente. AM: Oggi sembra che questa efficacia si stia perdendo ... GD: In effetti. Prima il messaggio era restrittivo. Ora è il contrario. Ci viene promesso un mondo dove non dobbiamo limitarci, ci viene detto piuttosto che possiamo ottenere qualsiasi cosa. Non sto parlando del mondo della finanza, dove i confini sono inesistenti. Questo non vuol dire che la colpa sia sparita. Prima ci sentivamo in colpa facendo certe cose, ora è il contrario. La colpa potrebbe provenire da un’omissione. Ora che il messaggio consiste nel dire che la felicità è alla portata di chiunque, chi non ci arriva dovrebbe sentirsi in colpa e vergognarsene. Si è colpevoli di non avere un lavoro, di essere sfrattati perché si è vissuto al di sopra dei propri mezzi, e così via. È la posizione spregevole tenuta dal potere politico. AM: La Chiesa sta perdendo influenza. Questo c’entra con il fatto che ha perso la capacità di amministrare il senso di colpa? GD: (Ci pensa per un momento) Dovremmo in primo luogo domandarci se la Chiesa abbia effettivamente perso influenza. C'è un ritorno alla religione. Storicamente, il discorso scientifico si è tenuto lontano dalla vita quotidiana, e oggi non è più così. A partire dalla seconda guerra mondiale, la scienza diventa onnipresente. Oggi viviamo, persino dormiamo in totale dipendenza dal pensiero scientifico e dalla tecnica, cosa che ci porta a dimenticare la dimensione interiore della nostra soggettività. Abbiamo bisogno di trovare un significato nella vita e, in un certo senso, quel ruolo è svolto dalle religioni. Le religioni si sono imposte non solo con il ferro e con il fuoco, ma hanno approfittato della necessità interiore che abbiamo di dare un senso alla vita. Oggi, in assenza di grandi ideali o di discorsi politici convincenti, la religione trova, ancora una volta, una grande opportunità per continuare a esistere. Mi riferisco principalmente alle tre grandi religioni monoteiste. Le persone sono molto disorientate in relazione alle domande fondamentali, così le chiese trovano terreno fertile. AM: Forse succede che il messaggio che accentua la nostra condizione di peccatori, esalta la colpa e promette di liberarcene in cambio della sottomissione alla sua dottrina oggi non funziona più. Avrebbero dovuto cambiare strategia. GD: Bisogna tener conto del fatto che la Chiesa cattolica ha avuto un’enorme capacità di adattarsi a tutte le epoche e in circostanze molto sfavorevoli. È sopravvissuta per venti secoli durante i quali è successo di tutto. Nel protestantesimo tuttavia questa capacità di adattamento è ancora maggiore. AM: Beh, almeno in Spagna sembra che questo debba costarle. Le chiese sono vuote. GD: Sì, è vero. Ma l'influenza politica della Chiesa è ancora notevole. È anche vero che il rapporto che gli spagnoli hanno con la religione è più legato al folklore, o è più culturale che veramente religioso. Il fanatismo religioso non è profondo come in altri paesi. È stupefacente vedere persone che si dicono di sinistra andare in chiesa per sposarsi o per battezzare i figli con la scusa che i loro genitori hanno fatto lo stesso. La Chiesa come istituzione ha interesse a mantenere le proprie alleanze con il potere politico ed economico per mantenere il proprio status e la propria influenza. AM: Veniamo alla seconda parte dell’intervista: l'ignoranza. GD: L'ignoranza può essere intesa in molti modi. In primo luogo in senso culturale, in connessione con l'acquisizione o no di conoscenze. Su questo abbiamo molte lacune. La formazione della maggior parte dei giovani in questo paese è molto povera. Stiamo qui parlando di una questione puramente educativa. Vi è un'altra dimensione dell’ignoranza che non ha nulla a che fare con l'educazione, ma piuttosto con un non voler sapere. Non parlo di questioni intellettuali, ma della nostra realtà. Per esempio, in Spagna abbiamo vissuto gli ultimi anni senza voler vedere che la realtà in cui ci trovavamo era fittizia. Era completamente falsificata. Abbiamo vissuto in una bolla. Non solo immobiliare, ma anche immaginaria. Lo sapevamo tutti, ma abbiamo taciuto. Tutti, tranne alcune voci che hanno lanciato un allarme, naturalmente. Tacevano i politici, il potere economico e i cittadini. Questa è l'ignoranza a cui mi riferisco. È un non voler sapere. Trasferiamo questo a livello individuale. Abbiamo la tendenza a vivere nell'ignoranza della nostra realtà. Tendiamo a non voler sapere nulla di noi stessi. Tendiamo a funzionare in modalità automatica senza fermarci o senza chiederci nulla. Senza cercare risposte ai nostri sintomi. Quando invece le cerchiamo, vogliamo una soluzione rapida, una pillola che sistemi tutto. Non lo dico in senso di disapprovazione morale. La nostra natura ci fa vivere così, voltando le spalle alla nostra realtà interiore. AM: Le società sono meno ignoranti di un paio di anni, almeno nel primo senso in cui commentava. A questo non ha contribuito anche il fatto che le strategie basate sul senso di colpa hanno perso efficacia come dicevamo prima? GD: Ovviamente. Dopo la Rivoluzione francese, tutto cambia. Anche se si può dire che l'unico paese che ha realizzato uno stato davvero laico è stata la Francia. Questo dice dell'importanza che la cultura ha avuto nel raggiungere di tale stato di cose. Non credo sia una coincidenza il fatto che la Francia sia un paese di grande cultura e che sia diventato uno stato veramente laico. Occorre dire poi che l'istruzione e la cultura non sradicano il bisogno di religione. Voglio chiarire la differenza tra le intenzioni delle istituzioni religiose, il loro tentativo d’influenzare la politica e la società, e il sentimento religioso personale, che è assolutamente rispettabile. Per molte persone il sentimento religioso può essere un sostegno molto importante nella vita. Questo sentimento merita tutto il nostro rispetto. AM: Se stiamo parlando degli elementi che ci separano dalla nostra soggettività e delle istituzioni che l’hanno gestita storicamente, questo ci porta alla terza parte del nostro discorso: il denaro. Le società opulente sono società meno introspettive. GD: Senza dubbio. Il denaro serve per nascondere molte cose. Il denaro non può comprare tutto, è un dato di fatto, lo sanno tutti da sempre, ma può nascondere molte cose. La prova la troviamo in quei genitori che pretendono di compensare le loro carenze morali ed emotive con i figli a base di regali. Non sono sicuro che i soldi allontanino la gente dalla religione. Teniamo conto che i migliori alleati delle chiese sono sempre stati poteri economici. AM: Sì, ma solo per interesse economico. GD: Certo. Esclusivamente. È sempre stato un modo per fare affari. Il rapporto è stato vantaggioso per entrambi, le chiese e i signori del denaro. AM: Dei tre elementi di cui stiamo parlando, il senso di colpa, l'ignoranza e il denaro, quest'ultimo sembra il più tangibile. È sempre stato qualcosa che si è potuto toccare, ma anche questo sta cambiando. Questo ci porta verso un dibattito per me interessante, sul valore simbolico del denaro. L'economia non è in realtà che un gioco dove il valore reale del denaro non è sostenuto da nient’altro che dal denaro stesso. Quasi già non ci sono più nemmeno le banconote. Solo il tre percento dell'economia occidentale si svolge utilizzando la carta moneta. Stiamo parlando di numeri nei computer che vengono trasferiti da un computer a un altro in base a un insieme di regole. Tutto è simbolico, ma con un’enorme capacità d’influenzare il funzionamento della società. GD: È tutta aria. Il denaro basato sulla produzione di beni si riduce sempre più.Oggi si può fare fortuna senza che entri in gioco qualsiasi bene materiale. Il denaro produce denaro. Questo rivela un aspetto fondamentale della condizione umana: mostra il potere che può avere il simbolico. La maggior parte della nostra esistenza si svolge lì, su questo terreno. Determina le nostre vite. Considerate fino a che punto l’economia stessa non sia poco più che un gioco meramente simbolico. AM: Il terreno del simbolico, del soggettivo, è scivoloso. Stiamo parlando di un mondo sfumato, senza confini definiti, dove forse la cosa più difficile è sapere le regole del gioco. Penso che sto andando verso un terreno pericoloso ... GD: (Ride). È necessario considerare questo aspetto, così importante, della condizione umana. Bisogna vederlo dalla prospettiva politica, sociale, filosofica, psicologica ... Bisogna tener conto che, nonostante la nostra base biologica, il nostro rapporto con il mondo e con noi stessi parte inevitabilmente dal terreno del soggettivo. Qui devo fare una precisazione importante: la psicoanalisi non si oppone affatto al sapere scientifico. Ci mancherebbe solo questo per trasformarci in una setta pericolosa! (ride). La nostra obiezione non è alla scienza, ma agli interessi che riducono l'essere umano ad aspetti puramente meccanici senza considerare la dimensione interiore. Il contributo della scienza è fondamentale per trovare la verità, ma non si può rimanere al suo approccio meccanicistico. Qui sta il punto di dissenso. Mentre gli esseri umani continuano a dipendere dal linguaggio. Per quanto si scoprano le basi biologiche della vita, come per esempio la base chimica dell’amore, delle nostre preferenze estetiche, ecc. avremo tuttavia sempre bisogno del nostro ambiente soggettivo. Non possiamo sfuggirvi. 30 maggio 2013/ Da Affaritaliani dell'8 maggio 2013
************************************* Convegno dela Scuola lacaniana di psicoanalisi sul tema: "I resti sintomatici. La psicoanalisi di fronte all’al di là del terapeutico " 11 e 12 maggio 2013 Dalle ore 10 di sabato alle 14 di domenica. Sala degli Affreschi , Società Umanitaria, Via San Barnaba, 48 – Milano ************************************** Le tavole rotonde: 1) Effetti di cura, resti dell'esperienza 2) La tirannia dell'oggetto 3) Tracce di sapere. Testimonianze del lavoro nei Cartelli della Scuola 4) Esiste la parola fine? Testimonianze degli AE e dagli argomenti attorno a cui abbiamo suddiviso il lavoro delle Sessioni Simultanee: 1) Che cosa resta della difesa 2) Il godimento perduto e i suoi recuperi 3) Presa del sintomo sul corpo Parteciperanno il Presidente AMP Leonardo Gorostiza, oltre al Presidente EFP Gil Caroz, così come i Presidenti delle altre Scuole Europee."I resti sintomatici sono ciò che rimane al termine di un percorso di psicoanalisi, che non elimina del tutto il sintomo. E' piuttosto un processo di trasformazione che rende un ostacolo un elemento propulsivo. Per il singolo, ma anche per la società. La psicoanalisi proprio oggi può essere un'alternativa allo scientismo imperante. Perché non tutto si rivolve con un'equazione matematica. C'è qualcosa di più nelle nostre vite, un lato glamour che non è quantificabile... Sono questi i temi del convegno "I resti sintomatici. La psicoanalisi di fronte all’al di là del terapeutico", organizzato a Milano il prossimo 11 e 12 maggio. Ad anticiparli ad Affaritaliani.it è Marco Focchi, psicoanalista e psicoterapeuta, membro del comitato scientifico organizzatore, presidente dal 2008 al 2011 della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e direttore dell'Istituto freudiano per la clinica, la terapia e la scienza di Milano. Ha scritto diversi libri (tra cui "Il glamour della psicoanalisi") e tiene periodicamente conferenze e seminari in Italia e all’estero. Innanzitutto che cos'è il sintomo in psicoanalisi? "Bisogna distinguere tra il sintomo in medicina e in psicoanalisi, perché c'è una concezione diversa. Nel primo caso viene considerato una fonte di sofferenza da eliminare totalmente per tornare a una situazione di benessere precedente. Una "normalità" pre-esistente che invece non esiste in psicoanalisi. Il trauma è in questo caso un elemento strutturale e il sintomo è già un primo tentativo di guarigione, per riprendere la definizione che ne dava Freud. Il sintomo in psicoanalisi non è qualcosa di disfunzionale, al contrario: l'obiettivo è far ritrovare al soggetto quella funzionalità che è stata smarrita. I resti sintomatici, in questo senso, sono come gli "avanzi da cucinare": con gli "avanzi della nevrosi" si può fare qualcosa". Un processo di accettazione? "Non proprio. L'accettazione sembra una rassegnazione. Qui invece c'è un processo di trasformazione, da ostacolo a elemento di propulsione. Bisogna separare il sintomo dalla sofferenza per riutilizzare in modo attivo ciò che prima era fonte di dolore". Perché la decisione di evidenziare proprio ora il tema dei resti sintomatici? "Viviamo in un'epoca dominata dallo scientismo, ovvero la tendenza ad applicare il metodo scientifico ad ogni campo come se così, con un intervento tecnico, si potesse risolvere tutto. Una pillola o una procedura vengono presentate come chiavi di ogni processo in una logica soluzione-risposta. Ma tutto questo è falsante. Qui si tratta di fare una traversata di se stessi per ritrovare e rielaborare soluzioni proprie. Bisogna mostrare l'utilità di un aspetto sintomatico che non è solo malattia, come hanno già fatto in passato Proust piuttosto che Virginia Woolf o Nietzsche, che vedeva la malattia come via elettiva alla salute". La psicoanalisi può aiutare anche la società oltre al singolo? "Assolutamente sì. La nostra prospettiva è sempre stata rivolta verso un impegno sociale. Basta con le torri d'avorio, facciamo entrare la psicoanalisi nella società E' un metodo fortemente esportabile, dalla scuola ai temi di salute pubblica, proprio perché ha un risvolto socio-politico". La psicoanalisi è... glamour? "Glamour è un termine che ha ricevuto nobiltà letteraria con Walter Scott, che ha ripreso un'antica parola scozzese: indica un incantesimo che fa apparire le cose più belle di quanto siano. In questo senso mette in gioco la credenza e sfugge allo scientismo. Il glamour non si può ricondurre alla certezza di un calcolo matematico. Quando ci innamoriamo, il glamour rende l'altro unico ai nostri occhi. Ma questo non è un inganno. C'è una sopravvalutazione erotica del partner, che non è però un errore di valutazione, ma è qualcosa che va al di là dei normali scambi tra persone. In questo glamour la cui luce avvolge la persona amata c'è qualcosa di più, che non è quantificabile. E così accade anche a livello di società. Una volta c'erano i nobili, gli stemmi, i blasoni, gli arcana impèrii che avvolgevano solo alcune classi privilegiate. Oggi il glamour si è democratizzato" CULTURE Troppo scientismo oggi. La psicoanalisi glamour come via d'uscita Mercoledì, 8 maggio 2013 - 14:07:00 Di Maria Carla Rota |
Marco Focchi riceve in
viale Gran Sasso 28, 20131 Milano tel. 022665651. Possibilità di colloqui in inglese, francese, spagnolo. Archivi
Agosto 2024
Categorie
|