Jean-Pierre Deffieux Conferenza tenuta a Milano il 17 febbraio 2023 nell'ambito del ciclo: I venerdì milanesi di psicoanalisi e politica Il senso che l'uomo dà al mondo è stato guidato fino a decenni recenti dalle leggi universali dell’Edipo. Ci accostavamo al mondo con gli occhiali della struttura edipica, la struttura ordinata del linguaggio e delle sue leggi. L’uomo filtrava il proprio rapporto con il mondo alienandosi nel linguaggio, governato dalla metafora paterna. Una piccola parte dell'umanità rifiutava questa alienazione, si trovava di fronte alla scelta forzata di non inscrivervisi, di precludervisi. Questa scelta forzata di rifiutare l'alienazione nel complesso di Edipo e nel Nome del Padre aveva un nome, ha un nome, quello di psicosi, una via di libertà singolare. La spaccatura radicale tra questi due modi di approccio al mondo nelle nostre società è diventata ormai molto più sfumata. Edipo detta legge molto meno di un tempo, per il fatto che la funzione paterna non ha più lo stesso posto nei nostri percorsi di vita. Possiamo affidarci molto meno all'Altro o guidarci con esso per realizzare i nostri desideri e le nostre scelte. L'Altro paterno ci ha aiutato a interpretare il nostro mondo sulla base di criteri prestabiliti inscritti nella tradizione. Ci ha però al tempo stesso rinchiuso lì dentro. Senza un Altro stabilito il soggetto è perduto, resta solo a inventare, creare, trovare un’interpretazione da dare alla propria vita. Questo provoca la fioritura dei sintomi del nostro secolo: la depressione in primo luogo, l’assenza di desiderio per la vita che paralizza le nuove generazioni, e poi un secondo grande fenomeno, non senza legame con il precedente, quello della dipendenza. La maggior parte di questi giovani soggetti si difende dalla posizione depressiva attraverso comportamenti di dipendenza. Il soggetto dipendente, rinchiuso nella propria solitudine, senza legame con la vita, senza progetto, senza appoggio sul discorso dell'Altro, trova un oggetto di godimento che lo soddisfa, in modo ripetitivo e senza limiti.
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Marco Focchi Si parla molto oggi di psicologia dell’anziano e della depressione che può colpire chi lascia la propria attività lavorativa trovandosi di fronte a un orizzonte vuoto. Possiamo domandarci: è favorevole per l’anziano continuare la propria attività lavorativa? Per rispondere bisogna prima di tutto valutare la diversità dei tipi di lavoro: ci sono lavori di carattere creativo, che evidentemente stimolano la persona dal punto di vista intellettuale e la sollecitano a proseguire anche nell’età avanzata, e ci sono invece lavori logoranti, o di carattere ripetitivo che hanno certamente la stessa dignità, ma che possono portare a un progressivo distacco per caduta d’interesse o per il venir meno delle forze fisiche. |
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Agosto 2024
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