Intervento alla Seconda Giornata dell'Istituto del Bambino, tenutasi a Issy-les-Moulineaux, sabato 23 Marzo 2013. di Jacques-Alain Miller Che titolo per dare alla prossima giornata dell’Istituto del bambino, che si terrà nel 2015? Quel che mi ha guidato è molto semplice. Dopo aver trascorso una gran quantità di tempo, per molti anni, a preparare la pubblicazione del Seminario VI di Lacan, mi sono fatto l’idea che avremmo tenuto questa Giornata sotto l’ombra, o sotto la luce, de “Il desiderio e la sua interpretazione” (1). Potremmo allora mettere: "Il bambino e la sua interpretazione”. Si giocherebbe così sull’equivoco: è il bambino che interpreta il mondo, e allo stesso tempo, che viene interpretato. Penso che così disperderemmo troppo i lavori. Ho preferito dare una direzione chiara perché i lavori non siano troppo dispersi, e quindi ho messo il verbo all'infinito con il suo complemento: “Interpretare il bambino”. È semplice e non è usuale. Non utilizziamo tanto l’espressione “interpretare il bambino” perché non è del tutto sicuro che, con il bambino, si interpreti.
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di Jacques-Alain Miller Quel che c'è vi satura per la sua evidenza. L’evidenza di quel che c’è vi nasconde l’assenza di quel che non c’è. Non dimostro queste due proposizioni: ne prendo le mosse come da due assiomi. I Quel che c’è vi inonda con la sua evidenza Così, quando penetrate nel laboratorio di Pablo Reinoso a Malakoff, siete colti dalla profusione del “c'è”, vi prende alla gola, agli occhi, vi avvolge, vi ingloba, siete voi a essere penetrati. Vi aprite il cammino in un bazar opulento, e non sapete dove guardare perché ogni oggetto merita la vostra attenzione. Quest’attenzione l’attrae, ma l'oggetto vicino l'attrae nello stesso modo, ed eccovi, come una mosca impigliata nella tela di ragni rivali mentre si disputano la preda che siete diventati. L'oggetto reinosiano è cannibale. Vi risucchia, vi inghiotte. Emana un tale campo di forza che non potete mantenere le distanze. Vi assorbe, vi consuma. Tiziano indica il posto che lo spettatore deve prendere girando verso di lui lo sguardo del piccolo personaggio in basso a destra ne La Madonna di Ca’ Pesaro. Una scultura del Bernini privilegia un angolo visuale, assegnando all'occhio una determinata posizione nello spazio. Questa posizione diventa, in compenso, sfocata, paradossale, indecidibile, davanti allo specchio del “Bar aux Folies-Bergère” di Manet. Per quanto riguarda “Étant donnés”, l'ultima opera di Duchamp, la si può vedere solo a condizione di accostare gli occhi al buco della serratura: una beffa all'ideologia del “punto di vista”. E poi? Poi viene Reinoso. |
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