Pubblichiamo l'articolo a cui si riferiva il post di ieri dal titolo: "Psicologia di destra e di sinistra". Si tratta di un esempio di psicologia di destra, dove dietro l'apparenza della neutralità scientifica il lettore viene orientato verso il mantenimento dello status quo, e dove alcuni effetti sociali, considerati immutabili, vengono fatti risalire nei loro effetti negativi a meccanismi di lettura individuale. In linea con l'affermazione con cui a suo tempo Margaret Thacher sintetizzò il pensiero conservatore di stampo liberista: "There is no such thing as society"
SATURI DI INGIUSTIZIE di Jenny Moix Queralto Un giorno un caso di corruzione, come ce ne sono tutti i giorni, era balzato nella prima pagina dei giornali. Durante un pasto una signora elegante e accattivante di ottantacinque anni, con la sua voce dolce disse: "Grazie a Dio io sto bene, ma quando penso a tutti quelli che non hanno nulla, e vedo come alcuni dirigenti truffino grandi quantità di denaro, capisco che qualche disperato possa commettere qualsiasi sconsideratezza". Le sue parole contrastavano con la dolcezza della sua voce, ma non con l’indignazione che le ribolliva dentro. In questo stesso settimanale, giorni fa, Rosa Montero ha ammesso che, nonostante cerchi sempre di essere misurata nel momento in cui deve scrivere, ha chiamato criminali i parlamentari contrari all’iniziativa legislativa popolare che chiede la copertura di un pagamento per gli sfratti. E, lungi dal ritirare le sue parole, ha ribadito che continua a pensarlo. La sua ira rappresentata i sentimenti di molti cittadini, e in coloro che sono direttamente colpiti quest’ira raggiunge punte insopportabili. Motivazione ed emozione sono due parole che noi psicologi siamo soliti associare. In realtà, Motivazione ed emozione è l’argomento di un corso nella facoltà di Psicologia, il titolo di una rivista scientifica e di diversi libri sul tema. Sono due concetti sovrapposti strettamente intrecciati. Potremmo dire che l’emozione ci attiva e la motivazione ci orienta. Come ominidi, questa combinazione ci ha permesso per migliaia di anni per adattarci all'ambiente. Le emozioni negative come la paura o la rabbia, innescano una serie di processi fisiologici che ci permettono di proteggerci e di difenderci. Questo significa che l'emozione presuppone un’eccitazione fisiologica in grado di motivarci e di spingerci a compiere un'azione. "Ero così arrabbiata, da non poterne più e glie l’ho detto, probabilmente, se non mi fossi arrabbiata, non l’avrei fatto", "Mi sono riscaldata e sono scoppiata", "Se mi raffreddo, so che non voglio fare più niente." A volte abbiamo bisogno di della rabbia per muoverci, ma è una condizione indispensabile? Gli sfratti, la corruzione, l'avidità, i tagli, gli stipendi consistenti di molti politici sono diventati una realtà insopportabile. La collera e la rabbia che sentiamo ci spingono a lottare. Ci mobilitiamo, protestiamo, manifestiamo, nascono iniziative popolari per aiutarsi a vicenda. Queste azioni, che sono necessarie, in molti casi nascono dalla rabbia, dal risentimento che proviamo di fronte a questo panorama vergognoso. Cosa succederà se quel serpente che ci si contorce nello stomaco continuerà a essere la motivazione delle nostre azioni? Forse ci divorerà prima che possiamo cambiare qualcosa. La vita non è giusta e non lo è mai stata. Il senso di una mancanza di giustizia nella psicologia è considerata una distorsione cognitiva. Si tratta di una distorsione caratterizzata dal fatto di considerare ingiusto tutto ciò che non rispecchia le nostre credenze o i nostri valori. Noi ci esasperiamo, proviamo un bisogno di vendetta, quando pensiamo che il mondo sia ingiusto con noi. Il ragionamento tipico è: perché io? Logoriamo la mente cercando di capire le assurdità che accadono intorno a noi, per farcene una ragione. Tutto sarebbe più facile se imparassimo a riconoscere che il mondo è pieno d’ingiustizie, e che alcune possono riguardarci. Affaticare la mente con i perché senza risposta ci consuma. Accettarli fa meno male. Quando attraversiamo momenti difficili e vediamo chi ci aiuta e chi no, ci troviamo di fronte a vere e proprie vere sorprese. Ci fa molto male quando ci aspettiamo qualcosa da qualcuno e non ci giunge niente. Quando tuttavia ricollochiamo questa persona in un altro sito del cervello, quando sappiamo come si comporta, perde allora la sua capacità di farci del male. Se fossimo in grado di accettare la natura umana così com’è, sarebbe forse più facile accettare le ingiustizie (non rassegnarvisi). Possiamo andare avanti solo se sappiamo dove siamo e se accettiamo la realtà così com'è. Occorre cercare di essere attivi a partire da quest’accettazione, e non dal risentimento. Ogni giorno sentiamo sempre più storie su come la difficile situazione che molti stanno vivendo si traduce in un vero e proprio inferno domestico. Nelle quattro mura in cui si convive, grida e insulti volano tra le coppie, i bambini, i nonni. Le emozioni negative ci assalgono e prendono tutto. Siamo animali. Non possiamo smettere di provare emozioni. Come gestire la rabbia, la collera, il risentimento causati dalle disuguaglianze che stiamo vivendo? Non tutti controlliamo le emozioni nello stesso modo. Alcuni sono in grado di metterle da parte, lasciano loro uno spazio limitato. Non le eliminano, al contrario, le riconoscono, piangono se necessario, parlano con un amico. Sentono la rabbia, il dolore. Li guardano, non li evitano, non le fuggono. I sentimenti se li scansiamo diventano più confusi e esplodono più facilmente. Se li consideriamo, i contorni diventano sempre più nitidi, più concreti. Il risentimento è una delle emozioni più amare, e osservarlo da vicino per vederne l’inutilità può aiutarci a lasciarcelo alle spalle. Pochi mesi fa, nel corso di un dibattito in un carcere catalano, un detenuto ha detto di aver vissuto otto anni con un grande risentimento per quel che gli aveva fatto un amico e anche per un incidente che ha coinvolto la sua ex fidanzata. Ha raccontato la sua amarezza corrosiva. "Un giorno mi sono svegliato e mi sono reso conto che tutto questo non aveva senso. Improvvisamente ho voltato pagina con una facilità venuta dal cielo". Il rancore con gli altri serve solo a farci divorare da dentro, e gli altri rimangono gli stessi. Come ha detto giustamente William Shakespeare: "La rabbia è un veleno che si prende perché sia l'altro a morire." Il detenuto, il giorno in cui si sentì sicuro dell'inutilità di quel sentimento vide sparire l’odio che s’incrostava in lui. Quel detenuto aveva vissuto per otto anni in due carceri diversi: quello reale e quello del risentimento. Quale dei due è peggio? Al momento di uscire dalla prigione, Nelson Mandela ha detto: "Uscire e vedere tutte queste persone mi fece sentire furioso per i ventisette anni di vita che mi erano stato rubati, ma lo spirito di Gesù mi disse: 'Nelson, quando eri in carcere eri libero, ora che sei libero non trasformarti nel prigioniero di te stesso. " Mandela ha vissuto ventisette anni rinchiuso in un carcere, ma non in quello del risentimento. La serenità che era riuscito a coltivare in sé gli ha dato la forza di lottare contro l'ingiustizia. La vergogna provocata dalle ingiustizie in chi ne sente o ne legge nei mezzi di comunicazione, la rabbia e l’impotenza in chi le soffre nella propria carne, ci caricano di negatività. Se vogliamo cambiare il mondo, è meglio che ci ricarichiamo con l'energia proveniente dalle piccole gioie di ogni giorno. Anche se attualmente sembrano nascoste, sono ancora lì. Fonte: El pais, 9 giugno 2013
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Sì, anche la psicologia può essere, e in effetti è, di destra o di sinistra. La psicologia di destra promuove la sottomissione della vittima perché non cambi l'ordine costituito. Così argomenta Jenny Moix in uno dei suoi articoli in questa sezione della rivista: "La vita non è giusta e non lo è mai stata." "Sovraccaricare la mente con perché senza risposta ci consuma. Accettarli è meno doloroso. "
È una lezione d’immobilismo rivolta a una parte della popolazione. Una delle trappole degli articoli che hanno la pretesa di aiutare è il salto, non esplicito e sistematico, che fanno dal sociale alla persona, in modo che una realtà insopportabile (sfratti, tagli, fame ...) diventa una percezione distorta della realtà da parte di un individuo che non può gestire le proprie emozioni. La psicologia di sinistra è invece quella che restituisce dignità alle donne e agli uomini, dignità che passa attraverso il profondo rispetto per i loro diritti come persone. Fonte: El pais, 23 giugno 2013 Di Leaf vav Boven, Charles M. Judo e Mark Travers
La rivelazione che la National Security Agency ha segretamente raccolto enormi quantità di dati dai cellulari americani e dall'uso di Internet ha scatenato un vivace dibattito sul ruolo delle informazioni riservate in una società libera e aperta. Il punto cruciale del dibattito è se il valore delle informazioni riservate giustifichi il sacrificio della privacy. L’idea è che se le informazioni riservate offrono ai servizi elementi preziosi utili per proteggere gli americani, può valere la pena sacrificare la privacy per la sicurezza. C'è però un grosso problema nel valutare le informazioni etichettate come "riservate": le persone tendono ad accrescere il valore delle informazioni "riservate", semplicemente perché sono segrete. In una recente serie di studi, che presenteremo in un prossimo numero del giornale sulla psicologia politica, abbiamo dimostrato che le persone applicano "l’euristica della segretezza" – così chiamiamo una regola empirica per valutare la segretezza – quando si tratta d’informazioni relative alla sicurezza nazionale. Le stesse informazioni vengono cioè considerate più precise, affidabili e di qualità superiore, quando sono etichettate come segrete anziché come pubbliche. E si tende a pensare che le decisioni sulla sicurezza nazionale sono più sagge e meglio fondate, quando si basano su informazioni segrete anziché pubbliche. In un esperimento abbiamo fatto leggere a due soggetti due documenti politici del governo risalenti al 1995. Uno era del Dipartimento di Stato e l'altro dal Consiglio di sicurezza nazionale. Riguardavano l’intervento degli Stati Uniti per fermare la vendita di aerei da combattimento a paesi stranieri. I documenti, entrambi autentici e ottenuti grazie al Freedom of Information Act, argomentavano il problema in modo diverso. In modo casuale, uno è stato definito dagli sperimentatori come riservato, l'altro come pubblico. La maggior parte delle persone che hanno partecipato all’esperimento hanno considerato che documento che veniva loro presentato come "riservato" contenesse informazioni più accurate e meglio motivate rispetto al documento presentato come pubblico. In un altro esperimento, veniva fatto leggere un’autentica memoria governativa del 1978 scritta dai membri del Consiglio di Sicurezza Nazionale sulla vendita di aerei da combattimento a Taiwan, spiegando che il Consiglio aveva utilizzato le informazioni per prendere decisioni politiche. Anche in questo caso, in modo casuale, ad alcuni è stato detto che il documento era rimasto segreto e ad uso esclusivo del Consiglio, e che era stato recentemente reso pubblico grazie al Freedom of Information Act. Ad altri è stato detto che il documento era sempre stato pubblico. Come ci aspettavamo, quanti credevano segrete le informazioni hanno ritenuto il documento più utile, più importante e preciso di coloro che credevano fossero pubbliche. E hanno giudicato le azioni del Consiglio di Sicurezza Nazionale, intraprese in base alle informazioni, come più prudenti e sagge quando si credeva che il documento fosse segreto. Sono molte le ragioni per cui la gente potrebbe dare maggior valore alle informazioni segrete. Naturalmente a volte le informazioni segrete sono veramente di qualità superiore e offrono un reale vantaggio strategico rispetto alle informazioni pubbliche. In base a quest’idea, le persone possono generalizzare l'associazione tra la segretezza e la qualità estendendola a contesti in cui è ingiustificata. Certo i governi si comportano come se il segreto fosse di particolare valore, investendo risorse enormi per raccogliere, analizzare e utilizzare informazioni riservate. Se un’informazione è segreta, si pensa, è perché dev’essere un dato particolarmente sensibile e rilevante. Naturalmente, fuori dal laboratorio di psicologia, non si ha il vantaggio di confrontare direttamente informazioni segrete e pubbliche, per cui si deve prendere per vero quel che dicono i funzionari del governo sul valore di segreti. In altre parole, si applica l’euristica della segretezza, supponendo che la decisione del governo di classificare come segrete certe informazioni sia corretta, e non solo un esempio di eccesso burocratico o di allergia alla trasparenza pubblica. Il nostro studio contribuisce a spiegare il sostegno del pubblico alla raccolta d’informazioni riservate da parte del governo. Un recente sondaggio del Pew Research Center for the People and the Press ha riferito che la maggioranza degli americani riteneva accettabile che la NSA spiasse l'attività telefonica degli americani per indagare sul terrorismo. Alcuni commentatori delusi ne hanno concluso che gli americani hanno meno considerazione per la propria riservatezza di quanto dovrebbero. Ma la nostra ricerca suggerisce un'altra conclusione possibile: la stessa natura segreta del programma della NSA può aver indotto il pubblico a considerare preziose le informazioni raccolte, senza esaminare di cosa si tratta o senza considerare come potrebbero essere utilizzate. Questo ovviamente non è meno inquietante. Se la gente esagera il valore delle informazioni segrete, può facilmente cedere sulla privacy nell'interesse della sicurezza nazionale, anche se considera la privacy importante. Per valutare se la raccolta segreta di dati personali valga quel che costa, sarebbe bene considerare quanto spesso ci si basa sull’euristica della segretezza, ed essere più scettici sulle affermazioni del governo intorno alle informazioni classificate come segrete. La considerazione della privacy può dipendere da questo. Leaf Van Boven e Charles M. Judd sono professori di psicologia e neuroscienze presso l'Università del Colorado, Boulder, dove Mark Travers è dottorando. Il professor Van Boven è anche direttore del Center for Research on Judgment and Policy Fonte: New York Times del 30. 06. 2013 Intervista a Gustavo Dessal
Di Antonio Montesinos Antonio Montesinos: La colpa è stata la strategia di dominio più efficace? Gustavo Dessal: Il senso di colpa è lo strumento di dominio per eccellenza. È peraltro una cosa che risale all’antichità. La Chiesa ha saputo sfruttarlo in modo molto efficace. Il timore degli dei è qualcosa che si perde nella notte dei tempi. La Chiesa cattolica e le altre chiese inoltre hanno innalzato sul senso di colpa un’enorme costruzione teorica e filosofica. Per altro verso, il senso di colpa ha una sua utilità. Implica un limite posto a certe azioni. Sappiamo che il soggetto che non è in grado di provare colpa può essere potenzialmente molto pericoloso. Il senso di colpa è una delle barriere che limitano l'azione umana, come può essere, su un altro piano, la vergogna. Una vergogna estrema può diventare patologica. Una svergognatezza anche (ride). AM: La colpa è stata associata con la paura e con il peccato. Che glie ne pare del cocktail? GD: Tremendo. Inoltre, è stata associata con la sessualità. Provengo da una famiglia agnostica, quindi non ho conosciuto in prima persona le pratiche della Chiesa a questo riguardo, ma tutti conosciamo le storie di confessionale, dove la prima cosa che i sacerdoti ti chiedono ha che fare con quel che hai tra le gambe. Era una strategia molto efficiente. AM: Oggi sembra che questa efficacia si stia perdendo ... GD: In effetti. Prima il messaggio era restrittivo. Ora è il contrario. Ci viene promesso un mondo dove non dobbiamo limitarci, ci viene detto piuttosto che possiamo ottenere qualsiasi cosa. Non sto parlando del mondo della finanza, dove i confini sono inesistenti. Questo non vuol dire che la colpa sia sparita. Prima ci sentivamo in colpa facendo certe cose, ora è il contrario. La colpa potrebbe provenire da un’omissione. Ora che il messaggio consiste nel dire che la felicità è alla portata di chiunque, chi non ci arriva dovrebbe sentirsi in colpa e vergognarsene. Si è colpevoli di non avere un lavoro, di essere sfrattati perché si è vissuto al di sopra dei propri mezzi, e così via. È la posizione spregevole tenuta dal potere politico. AM: La Chiesa sta perdendo influenza. Questo c’entra con il fatto che ha perso la capacità di amministrare il senso di colpa? GD: (Ci pensa per un momento) Dovremmo in primo luogo domandarci se la Chiesa abbia effettivamente perso influenza. C'è un ritorno alla religione. Storicamente, il discorso scientifico si è tenuto lontano dalla vita quotidiana, e oggi non è più così. A partire dalla seconda guerra mondiale, la scienza diventa onnipresente. Oggi viviamo, persino dormiamo in totale dipendenza dal pensiero scientifico e dalla tecnica, cosa che ci porta a dimenticare la dimensione interiore della nostra soggettività. Abbiamo bisogno di trovare un significato nella vita e, in un certo senso, quel ruolo è svolto dalle religioni. Le religioni si sono imposte non solo con il ferro e con il fuoco, ma hanno approfittato della necessità interiore che abbiamo di dare un senso alla vita. Oggi, in assenza di grandi ideali o di discorsi politici convincenti, la religione trova, ancora una volta, una grande opportunità per continuare a esistere. Mi riferisco principalmente alle tre grandi religioni monoteiste. Le persone sono molto disorientate in relazione alle domande fondamentali, così le chiese trovano terreno fertile. AM: Forse succede che il messaggio che accentua la nostra condizione di peccatori, esalta la colpa e promette di liberarcene in cambio della sottomissione alla sua dottrina oggi non funziona più. Avrebbero dovuto cambiare strategia. GD: Bisogna tener conto del fatto che la Chiesa cattolica ha avuto un’enorme capacità di adattarsi a tutte le epoche e in circostanze molto sfavorevoli. È sopravvissuta per venti secoli durante i quali è successo di tutto. Nel protestantesimo tuttavia questa capacità di adattamento è ancora maggiore. AM: Beh, almeno in Spagna sembra che questo debba costarle. Le chiese sono vuote. GD: Sì, è vero. Ma l'influenza politica della Chiesa è ancora notevole. È anche vero che il rapporto che gli spagnoli hanno con la religione è più legato al folklore, o è più culturale che veramente religioso. Il fanatismo religioso non è profondo come in altri paesi. È stupefacente vedere persone che si dicono di sinistra andare in chiesa per sposarsi o per battezzare i figli con la scusa che i loro genitori hanno fatto lo stesso. La Chiesa come istituzione ha interesse a mantenere le proprie alleanze con il potere politico ed economico per mantenere il proprio status e la propria influenza. AM: Veniamo alla seconda parte dell’intervista: l'ignoranza. GD: L'ignoranza può essere intesa in molti modi. In primo luogo in senso culturale, in connessione con l'acquisizione o no di conoscenze. Su questo abbiamo molte lacune. La formazione della maggior parte dei giovani in questo paese è molto povera. Stiamo qui parlando di una questione puramente educativa. Vi è un'altra dimensione dell’ignoranza che non ha nulla a che fare con l'educazione, ma piuttosto con un non voler sapere. Non parlo di questioni intellettuali, ma della nostra realtà. Per esempio, in Spagna abbiamo vissuto gli ultimi anni senza voler vedere che la realtà in cui ci trovavamo era fittizia. Era completamente falsificata. Abbiamo vissuto in una bolla. Non solo immobiliare, ma anche immaginaria. Lo sapevamo tutti, ma abbiamo taciuto. Tutti, tranne alcune voci che hanno lanciato un allarme, naturalmente. Tacevano i politici, il potere economico e i cittadini. Questa è l'ignoranza a cui mi riferisco. È un non voler sapere. Trasferiamo questo a livello individuale. Abbiamo la tendenza a vivere nell'ignoranza della nostra realtà. Tendiamo a non voler sapere nulla di noi stessi. Tendiamo a funzionare in modalità automatica senza fermarci o senza chiederci nulla. Senza cercare risposte ai nostri sintomi. Quando invece le cerchiamo, vogliamo una soluzione rapida, una pillola che sistemi tutto. Non lo dico in senso di disapprovazione morale. La nostra natura ci fa vivere così, voltando le spalle alla nostra realtà interiore. AM: Le società sono meno ignoranti di un paio di anni, almeno nel primo senso in cui commentava. A questo non ha contribuito anche il fatto che le strategie basate sul senso di colpa hanno perso efficacia come dicevamo prima? GD: Ovviamente. Dopo la Rivoluzione francese, tutto cambia. Anche se si può dire che l'unico paese che ha realizzato uno stato davvero laico è stata la Francia. Questo dice dell'importanza che la cultura ha avuto nel raggiungere di tale stato di cose. Non credo sia una coincidenza il fatto che la Francia sia un paese di grande cultura e che sia diventato uno stato veramente laico. Occorre dire poi che l'istruzione e la cultura non sradicano il bisogno di religione. Voglio chiarire la differenza tra le intenzioni delle istituzioni religiose, il loro tentativo d’influenzare la politica e la società, e il sentimento religioso personale, che è assolutamente rispettabile. Per molte persone il sentimento religioso può essere un sostegno molto importante nella vita. Questo sentimento merita tutto il nostro rispetto. AM: Se stiamo parlando degli elementi che ci separano dalla nostra soggettività e delle istituzioni che l’hanno gestita storicamente, questo ci porta alla terza parte del nostro discorso: il denaro. Le società opulente sono società meno introspettive. GD: Senza dubbio. Il denaro serve per nascondere molte cose. Il denaro non può comprare tutto, è un dato di fatto, lo sanno tutti da sempre, ma può nascondere molte cose. La prova la troviamo in quei genitori che pretendono di compensare le loro carenze morali ed emotive con i figli a base di regali. Non sono sicuro che i soldi allontanino la gente dalla religione. Teniamo conto che i migliori alleati delle chiese sono sempre stati poteri economici. AM: Sì, ma solo per interesse economico. GD: Certo. Esclusivamente. È sempre stato un modo per fare affari. Il rapporto è stato vantaggioso per entrambi, le chiese e i signori del denaro. AM: Dei tre elementi di cui stiamo parlando, il senso di colpa, l'ignoranza e il denaro, quest'ultimo sembra il più tangibile. È sempre stato qualcosa che si è potuto toccare, ma anche questo sta cambiando. Questo ci porta verso un dibattito per me interessante, sul valore simbolico del denaro. L'economia non è in realtà che un gioco dove il valore reale del denaro non è sostenuto da nient’altro che dal denaro stesso. Quasi già non ci sono più nemmeno le banconote. Solo il tre percento dell'economia occidentale si svolge utilizzando la carta moneta. Stiamo parlando di numeri nei computer che vengono trasferiti da un computer a un altro in base a un insieme di regole. Tutto è simbolico, ma con un’enorme capacità d’influenzare il funzionamento della società. GD: È tutta aria. Il denaro basato sulla produzione di beni si riduce sempre più.Oggi si può fare fortuna senza che entri in gioco qualsiasi bene materiale. Il denaro produce denaro. Questo rivela un aspetto fondamentale della condizione umana: mostra il potere che può avere il simbolico. La maggior parte della nostra esistenza si svolge lì, su questo terreno. Determina le nostre vite. Considerate fino a che punto l’economia stessa non sia poco più che un gioco meramente simbolico. AM: Il terreno del simbolico, del soggettivo, è scivoloso. Stiamo parlando di un mondo sfumato, senza confini definiti, dove forse la cosa più difficile è sapere le regole del gioco. Penso che sto andando verso un terreno pericoloso ... GD: (Ride). È necessario considerare questo aspetto, così importante, della condizione umana. Bisogna vederlo dalla prospettiva politica, sociale, filosofica, psicologica ... Bisogna tener conto che, nonostante la nostra base biologica, il nostro rapporto con il mondo e con noi stessi parte inevitabilmente dal terreno del soggettivo. Qui devo fare una precisazione importante: la psicoanalisi non si oppone affatto al sapere scientifico. Ci mancherebbe solo questo per trasformarci in una setta pericolosa! (ride). La nostra obiezione non è alla scienza, ma agli interessi che riducono l'essere umano ad aspetti puramente meccanici senza considerare la dimensione interiore. Il contributo della scienza è fondamentale per trovare la verità, ma non si può rimanere al suo approccio meccanicistico. Qui sta il punto di dissenso. Mentre gli esseri umani continuano a dipendere dal linguaggio. Per quanto si scoprano le basi biologiche della vita, come per esempio la base chimica dell’amore, delle nostre preferenze estetiche, ecc. avremo tuttavia sempre bisogno del nostro ambiente soggettivo. Non possiamo sfuggirvi. 30 maggio 2013/ di Benedict Carey
Un conto smarrito della carta di credito o un solo messaggio di posta elettronica rimasto sul computer di casa sarebbero stati la fine di tutto: il matrimonio, la prestigiosa carriera, la buona reputazione che si era fatto durante la vita. Per più di dieci anni ha pervicacemente mantenuto due identità separate: una viveva in un piccolo villaggio di Westchester e lavorava in un ufficio di New York, l'altra circolava principalmente nei club, nei bar e nei bordelli. Una accoglieva calorosamente i clienti e salutava i vicini, a volte solo poche ore dopo che l'altra era tornata da una riunione di "lavoro" con prostitute o spacciatori di cocaina. Alla fine, è stato l‘innocuo annuncio pubblicitario di un software per la sicurezza, comparso nel computer, dove si diceva che la sua vita online veniva "continuamente monitorata," a mandare nel panico questo agente immobiliare di New York e a far sì che cercasse l’aiuto di un terapeuta. La doppia vita di quest'uomo è un esempio estremo di come l'angoscia possa mandare a pezzi un’identità, ha detto il suo psichiatra, il dottor Jay S. Kwawer, direttore per la formazione clinica presso il White Institute di New York, che ha recentemente discusso il caso in una conferenza. Gli psicologi sostengono però che la maggior parte degli adulti normali può benissimo iniziare una vita segreta, e continuarla. La capacità di mantenere un segreto è fondamentale per uno sviluppo sociale sano, dicono, e il desiderio di provare altre identità – di reinventarsi, di fingere – può durare fin’anche in età adulta. E negli ultimi anni, i ricercatori hanno scoperto che alcune delle competenze psicologiche necessarie a evitare il disagio mentale solo le stesse che possono indurre un alto rischio di prolungate attività segrete. "In un senso davvero profondo, non si ha un sé se non si dispone di un segreto, e per tutti noi ci sono momenti nella vita in cui sentiamo che stiamo smarrendo il senso di noi stessi nel gruppo sociale a cui apparteniamo, o nel lavoro o nel matrimonio, e ci si sembra di doverci aggrappare a un segreto, o inventare qualche sotterfugio, per riaffermare la nostra identità individuale", ha detto il dottor Daniel M. Wegner, professore di psicologia ad Harvard. Ha aggiunto: "E ora stiamo imparando che alcuni riescono a farlo meglio di altri." Le vite segrete meglio conosciute sono tuttavia le più spettacolari: l'architetto Louis Kahn ha avuto tre vite; Charles Lindbergh si dice ne abbia avuto due. Questi sono esempi macroscopici di un comportamento molto più comune e variato, dicono gli psicologi. Alcuni puntano sui farmaci. Altri provano con lezioni di musica. Altri ancora entrano in un gruppo religioso. Tutti tengono la bocca chiusa per motivi diversi. Ci sono poi migliaia di persone – uomini e donne omosessuali che rimangono in matrimoni eterosessuali, per esempio – per i quali l’imbarazzo o la negazione dei loro bisogni elementari li ha portati a compiere escursioni segrete in altri mondi. Se una vita segreta è in ultima istanza distruttiva, ritengono gli esperti, tutto dipende però dalla natura del segreto e dalla maschera psicologica che l'individuo indossa. Gli psicologi hanno a lungo considerato la possibilità di tenere segreti come determinante ai fini un sano sviluppo. Bambini di sei o sette anni già imparano a non rivelare il regalo di compleanno per la madre. In adolescenza e in età adulta, una certa disinvoltura con alcune piccole bugie sociali è collegata a una buona salute mentale. I ricercatori hanno anche confermato che il segreto può accrescere l'attrattiva o, come ha detto Oscar Wilde: "La cosa più comune diventa deliziosa se solo la si nasconde." In uno studio, alcuni uomini e donne del Texas hanno riferito che le relazioni del loro passato alle quali hanno continuato a pensare più a lungo il più delle volte erano quelle rimaste segrete. In un altro studio, gli psicologi di Harvard hanno scoperto che potevano accrescere l'attrazione tra sconosciuti, uomini e donne, semplicemente incoraggiandoli a giocare a piedino in un esperimento di laboratorio. Il desiderio di recitare il ruolo di un personaggio completamente diverso è ampiamente condiviso tra le culture, dicono gli esperti di studi sociali, e può essere motivatoda curiosità, malizia, o autentica ricerca di se stessi. Certo, si tratta di uno strappo alla regola comune a quasi tutti coloro che sono usciti della quotidianità per un periodo, per vacanza, per lavoro o per vivere in un altro paese. "Di solito si andava via per l'estate e si diventava qualcun altro, si andava in campeggio e si diventava qualcun altro, o forse si andava in Europa per diventare qualcun altro" in un sano spirito di sperimentazione, ha detto la dottoressa Sherry Turkle, sociologa presso il Massachusetts Institute of Technology. Ora, ha aggiunto, le gente prende abitualmente diversi pseudonimi su Internet, senza mai muoversi da casa: l’impiegato della porta accanto potrebbe firmarsi come [email protected], ma anche entrare in una chat come Armaniguy, Cool Breeze o Thunderboy. Recentemente, la dottoressa Turkle ha studiato l'uso di giochi online interattivi come Sims Online, dove le persone formano famiglie o comunità. Ha accuratamente intervistato circa duecento giocatori abituali o occasionali, e sostiene che molti usano il gioco come un modo per creare le famiglie che vorrebbero avere, o per impostare versioni alternative della propria vita. Una sedicenne che vive con un padre violento ha simulato la sua relazione con lui in The Sims Online, trasformandosi, in varie occasioni e tra altre identità, ora in un ragazzo sedicenne, ora in una ragazza più grande e più forte, con una personalità più decisa. È stato attraverso l’identità di figlia più forte, ha detto la dottoressa Turkle, che la ragazza si è resa conto che poteva perdonare il padre, se non poteva cambiarlo. "Penso che quel che le persone stanno facendo ora su Internet", ha aggiunto "abbia un profondo significato psicologico per il modo in cui stanno usando le identità. Questo permette loro infatti di esprimere problemi e potenzialmente risolverli in uno spazio relativamente senza conseguenze." Nel mondo, tuttavia, che è uno spazio denso di conseguenze, gli studi trovano che la maggior parte delle persone considera estenuante mantenere a lungo già solo alcuni segreti brucianti, che sono molto meno di un’intera vita segreta. Il fatto stesso di sopprimere l'informazione crea una sorta di effetto di rimbalzo, e il pensiero di una relazione nascosta, di intemperanze notturne, o di un debito occulto invadono la coscienza, soprattutto quando la persona che sarebbe ferita dalla rivelazione del segreto è affettivamente vicina. Come un set televisivo in un bar affollato, l'episodio nascosto sembra fare intrusione nella mente, attirando l'attenzione nonostante gli sforzi coscienti di distogliersene. I pensieri scacciati tornano anche nei sogni, secondo quanto asserisce uno studio pubblicato la scorsa estate. La forza di quest’effetto sicuramente varia da persona a persona, dicono gli psichiatri. Sono rari i casi di persone patologicamente senza rimorsi, che non si preoccupano o neppure percepiscono il potenziale impatto di un segreto sugli altri, e quindi non sentono la tensione di mantenerlo. Quanti poi sono pagati per vivere vite segrete, come gli agenti segreti, sanno almeno in che cosa si sono impegnati, e hanno linee guida chiare che dicono loro quel che possono rivelare e a chi. In una serie di esperimenti condotti negli ultimi dieci anni però, gli psicologi hanno individuato un gruppo più ampio che hanno battezzato “repressori”, riguardante circa il dieci, quindici per cento della popolazione, formato da persone inclini a ignorare o sopprimere le informazioni per loro imbarazzanti, e che sono quindi particolarmente dotate per mantenere i segreti. I repressori ricevono un punteggio basso nei questionari che misurano l'ansia e la difesa, e pare, per esempio, che raramente provino risentimento, siano preoccupati per i soldi, o turbati da incubi e da mal di testa. Hanno una buona opinione di di sé e non se la prendono per le minuzie. Anche se poco si sa sullo sviluppo mentale di queste persone, alcuni psicologi ritengono che abbiano imparato a bloccare i pensieri angoscianti distraendosi con bei ricordi. Con il tempo, con la pratica, in effetti, questo può diventare un’abitudine, e attenuare la loro possibilità di accedere ai ricordi e segreti potenzialmente umilianti o minacciosi. "Questa capacità verosimilmente è utile nella lotta quotidiana per evitare pensieri indesiderati di qualunque tipo, compresi quelli derivanti dal tentativo di sopprimere segreti in presenza di altri," ha detto il dott. Wegner, di Harvard, in un messaggio di posta elettronica. Quanto più è facile mettere a tacere questi pensieri, tanto più a lungo può continuare l'attività occulta, e tanto più difficile potrebbe essere confessarla in seguito. In alcuni casi, forze molto potenti sono all’opera nel dar forma alle vite segrete. Molti omosessuali e molte lesbiche si sposano con partner eterosessuali prima di lasciar emergere la loro identità sessuale, o malgrado questa. L'obiettivo è di compiacere i genitori, di nascondere loro quel che è sentito come una vergogna o di rendersi più accettabili a se stessi e alla società in generale, ha detto il dottor Richard A. Isaj, psichiatra presso la Cornell University, che ha in terapia molti omosessuali non dichiarati. Spesso, ha detto, queste persone lottano per non mettere in atto i loro desideri, e cominciano una vita segreta per disperazione. Questo alla fine li costringe a decisioni strazianti su come vivere con, o separarsi da, famiglie che amano. "So di non aver seguito l'orientamento che sento mio, e so di essere sempre stato come sono" ha scritto un uomo in una lettera pubblicata nel libro del dr. Isaj "Diventare omosessuale". "So che diventa più difficile vivere nel guscio solitario in cui sono ora, ma non riesco a vedere nessuna via d'uscita." Fino a che l'esposizione di una vita segreta distruggerà o avvelenerà per sempre quella pubblica, le persone devono o chiarirsi e scegliere, o rischiare il crollo mentale, dicono molti terapeuti. Il dr. Seth M. Aronson, assistente di psichiatria al Mount Sinai School of Medicine, ha trattato un pediatra con un figlio piccolo e una moglie, che di notte usciva furtivamente per andare nei bar, frequentando prostitute e a volta anche ingaggiando risse con i loro protettori. In una seduta, l'uomo era arrivato talmente ubriaco che svenne, in un altra si era portato una prostituta. "Era una di quelle classiche divisioni in cui la moglie era perfetta e meravigliosa, ma lui sentiva il bisogno di degradarsi con queste altre donne", e le due vite non potevano coesistere a lungo, ha affermato il dott. Aronson. In un famoso testo, pubblicato nel 1960, sul problema della doppia vita, l'analista inglese dr. Donald W. Winnicott sosteneva che un falso sé emerge in particolare nei nuclei familiari dove i bambini vengono educati in modo da essere sempre sintonizzati con le aspettative degli altri, diventando così sordi alle proprie aspettative e necessità. "In effetti, seppelliscono viva una parte di se stessi", ha asserito il dottor Kwawer dello White Institute. Il pediatra trattato dal dott. Aronson, per esempio, è cresciuto in una famiglia cristiana fondamentalista dove la madre, spesso e con disapprovazione, lo ha paragonato allo zio, che era un ladro e un bevitore. Il paziente del dottor Kwawer, l’agente immobiliare, ha avuto genitori che si accigliavano di fronte a quasi ogni espressione di desiderio, e avevano impresso nel figlio un forte senso di difesa dell'immagine della famiglia. Si sposò giovane, in parte per compiacere i suoi genitori. Entrambe queste persone sono ancora in psicoterapia, ma ora vivono una sola vita, dicono i loro terapeuti. Il pediatra ha ridotto le proprie attività extraconiugali, è tornato mentalmente a casa e ha confessato alla moglie alcuni dei suoi problemi. L’agente immobiliare si è separato dalla moglie, ma vive vicino a lei e l’aiuta con i bambini. La separazione ha provocato in entrambi un periodo di depressione, ha detto il dottor Kwawer, ma ora l'uomo ha ritrovato nuova energia per il lavoro, e si è riavvicinato agli amici e ai figli. Ha smesso con gli appuntamenti segreti e con l’uso di droga, e sente di riavere la propria vita. "Contrariamente a quanto molti pensano", ha detto il dottor Kwawer, "spesso una vita segreta può portare in luce un aspetto più vivace, più intimo, più eccitante di sé". Fonte: New York Times, 11 gennaio 2005 |
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