Pubblichiamo l'articolo a cui si riferiva il post di ieri dal titolo: "Psicologia di destra e di sinistra". Si tratta di un esempio di psicologia di destra, dove dietro l'apparenza della neutralità scientifica il lettore viene orientato verso il mantenimento dello status quo, e dove alcuni effetti sociali, considerati immutabili, vengono fatti risalire nei loro effetti negativi a meccanismi di lettura individuale. In linea con l'affermazione con cui a suo tempo Margaret Thacher sintetizzò il pensiero conservatore di stampo liberista: "There is no such thing as society"
SATURI DI INGIUSTIZIE di Jenny Moix Queralto Un giorno un caso di corruzione, come ce ne sono tutti i giorni, era balzato nella prima pagina dei giornali. Durante un pasto una signora elegante e accattivante di ottantacinque anni, con la sua voce dolce disse: "Grazie a Dio io sto bene, ma quando penso a tutti quelli che non hanno nulla, e vedo come alcuni dirigenti truffino grandi quantità di denaro, capisco che qualche disperato possa commettere qualsiasi sconsideratezza". Le sue parole contrastavano con la dolcezza della sua voce, ma non con l’indignazione che le ribolliva dentro. In questo stesso settimanale, giorni fa, Rosa Montero ha ammesso che, nonostante cerchi sempre di essere misurata nel momento in cui deve scrivere, ha chiamato criminali i parlamentari contrari all’iniziativa legislativa popolare che chiede la copertura di un pagamento per gli sfratti. E, lungi dal ritirare le sue parole, ha ribadito che continua a pensarlo. La sua ira rappresentata i sentimenti di molti cittadini, e in coloro che sono direttamente colpiti quest’ira raggiunge punte insopportabili. Motivazione ed emozione sono due parole che noi psicologi siamo soliti associare. In realtà, Motivazione ed emozione è l’argomento di un corso nella facoltà di Psicologia, il titolo di una rivista scientifica e di diversi libri sul tema. Sono due concetti sovrapposti strettamente intrecciati. Potremmo dire che l’emozione ci attiva e la motivazione ci orienta. Come ominidi, questa combinazione ci ha permesso per migliaia di anni per adattarci all'ambiente. Le emozioni negative come la paura o la rabbia, innescano una serie di processi fisiologici che ci permettono di proteggerci e di difenderci. Questo significa che l'emozione presuppone un’eccitazione fisiologica in grado di motivarci e di spingerci a compiere un'azione. "Ero così arrabbiata, da non poterne più e glie l’ho detto, probabilmente, se non mi fossi arrabbiata, non l’avrei fatto", "Mi sono riscaldata e sono scoppiata", "Se mi raffreddo, so che non voglio fare più niente." A volte abbiamo bisogno di della rabbia per muoverci, ma è una condizione indispensabile? Gli sfratti, la corruzione, l'avidità, i tagli, gli stipendi consistenti di molti politici sono diventati una realtà insopportabile. La collera e la rabbia che sentiamo ci spingono a lottare. Ci mobilitiamo, protestiamo, manifestiamo, nascono iniziative popolari per aiutarsi a vicenda. Queste azioni, che sono necessarie, in molti casi nascono dalla rabbia, dal risentimento che proviamo di fronte a questo panorama vergognoso. Cosa succederà se quel serpente che ci si contorce nello stomaco continuerà a essere la motivazione delle nostre azioni? Forse ci divorerà prima che possiamo cambiare qualcosa. La vita non è giusta e non lo è mai stata. Il senso di una mancanza di giustizia nella psicologia è considerata una distorsione cognitiva. Si tratta di una distorsione caratterizzata dal fatto di considerare ingiusto tutto ciò che non rispecchia le nostre credenze o i nostri valori. Noi ci esasperiamo, proviamo un bisogno di vendetta, quando pensiamo che il mondo sia ingiusto con noi. Il ragionamento tipico è: perché io? Logoriamo la mente cercando di capire le assurdità che accadono intorno a noi, per farcene una ragione. Tutto sarebbe più facile se imparassimo a riconoscere che il mondo è pieno d’ingiustizie, e che alcune possono riguardarci. Affaticare la mente con i perché senza risposta ci consuma. Accettarli fa meno male. Quando attraversiamo momenti difficili e vediamo chi ci aiuta e chi no, ci troviamo di fronte a vere e proprie vere sorprese. Ci fa molto male quando ci aspettiamo qualcosa da qualcuno e non ci giunge niente. Quando tuttavia ricollochiamo questa persona in un altro sito del cervello, quando sappiamo come si comporta, perde allora la sua capacità di farci del male. Se fossimo in grado di accettare la natura umana così com’è, sarebbe forse più facile accettare le ingiustizie (non rassegnarvisi). Possiamo andare avanti solo se sappiamo dove siamo e se accettiamo la realtà così com'è. Occorre cercare di essere attivi a partire da quest’accettazione, e non dal risentimento. Ogni giorno sentiamo sempre più storie su come la difficile situazione che molti stanno vivendo si traduce in un vero e proprio inferno domestico. Nelle quattro mura in cui si convive, grida e insulti volano tra le coppie, i bambini, i nonni. Le emozioni negative ci assalgono e prendono tutto. Siamo animali. Non possiamo smettere di provare emozioni. Come gestire la rabbia, la collera, il risentimento causati dalle disuguaglianze che stiamo vivendo? Non tutti controlliamo le emozioni nello stesso modo. Alcuni sono in grado di metterle da parte, lasciano loro uno spazio limitato. Non le eliminano, al contrario, le riconoscono, piangono se necessario, parlano con un amico. Sentono la rabbia, il dolore. Li guardano, non li evitano, non le fuggono. I sentimenti se li scansiamo diventano più confusi e esplodono più facilmente. Se li consideriamo, i contorni diventano sempre più nitidi, più concreti. Il risentimento è una delle emozioni più amare, e osservarlo da vicino per vederne l’inutilità può aiutarci a lasciarcelo alle spalle. Pochi mesi fa, nel corso di un dibattito in un carcere catalano, un detenuto ha detto di aver vissuto otto anni con un grande risentimento per quel che gli aveva fatto un amico e anche per un incidente che ha coinvolto la sua ex fidanzata. Ha raccontato la sua amarezza corrosiva. "Un giorno mi sono svegliato e mi sono reso conto che tutto questo non aveva senso. Improvvisamente ho voltato pagina con una facilità venuta dal cielo". Il rancore con gli altri serve solo a farci divorare da dentro, e gli altri rimangono gli stessi. Come ha detto giustamente William Shakespeare: "La rabbia è un veleno che si prende perché sia l'altro a morire." Il detenuto, il giorno in cui si sentì sicuro dell'inutilità di quel sentimento vide sparire l’odio che s’incrostava in lui. Quel detenuto aveva vissuto per otto anni in due carceri diversi: quello reale e quello del risentimento. Quale dei due è peggio? Al momento di uscire dalla prigione, Nelson Mandela ha detto: "Uscire e vedere tutte queste persone mi fece sentire furioso per i ventisette anni di vita che mi erano stato rubati, ma lo spirito di Gesù mi disse: 'Nelson, quando eri in carcere eri libero, ora che sei libero non trasformarti nel prigioniero di te stesso. " Mandela ha vissuto ventisette anni rinchiuso in un carcere, ma non in quello del risentimento. La serenità che era riuscito a coltivare in sé gli ha dato la forza di lottare contro l'ingiustizia. La vergogna provocata dalle ingiustizie in chi ne sente o ne legge nei mezzi di comunicazione, la rabbia e l’impotenza in chi le soffre nella propria carne, ci caricano di negatività. Se vogliamo cambiare il mondo, è meglio che ci ricarichiamo con l'energia proveniente dalle piccole gioie di ogni giorno. Anche se attualmente sembrano nascoste, sono ancora lì. Fonte: El pais, 9 giugno 2013
2 Comments
giuseppe
19/7/2013 02:13:13 am
Intesa in questo senso allora quasi tutta la psicologia/psicoterapia è di destra !!!
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marco focchi
19/7/2013 02:29:31 am
Non direi: c'è una psicologia che spinge all'adattamento, e una psicologia che porta alle radici del desiderio, e non sono la stessa cosa
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