Uno studio mostra che chi è stato da poco piantato è propenso a usare il sesso con un nuovo partner per far fronte ai sentimenti negativi. di Julie Beck La scienza può insegnare cose nuove, o può fornire la convalida ufficiale di cose la cui verità è nota da sempre. E con questioni come l'amore e il sesso può risultare bello, persino confortante, riuscire a imporre una struttura al caos, rendendosi conto che ogni volta che ci si mette in pista si finisce nel solco logoro dell'umanità, e che per la maggior parte del tempo facciamo le stesse cose per le stesse ragioni. Più e più volte. Come, per esempio, fare sesso quando è appena terminata una relazione per tornare con il proprio ex. Si dice che per dimenticare qualcuno, è necessario trovare qualcun altro. Chi lo dice? In genere il personaggio del miglior amico nelle commedie romantiche. Per quanto questi discutibili buoni consigli ricorrano con frequenza nelle nostre relazioni interpersonali, e nella cultura popolare, non c'erano prove scientifiche a loro sostegno, almeno fin’ora.
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Come è cambiato il concetto di normalità di Julie Beck Possiamo mandare un uomo sulla Luna, un veicolo spaziale su Marte, ma stiamo ancora cercando di capire come funziona il nostro cervello. La malattia mentale è stigmatizzata, potenzialmente sovradiagnosticata, spesso fraintesa. Gli scienziati sono ancora alla ricerca di qualcosa di nuovo sulle condizioni che la determinano, mentre chi soffre cerca di capire come affrontarla. Intervista ad Antoni Vicens Nel suo ultimo libro Lenta, precipitadamente. Una experiencia psicoanalitica, Antoni Vicens psicoanalista e docente spagnolo, ricapitola o ricrea la passe, testimonianza della propria analisi, la cui logica e la cui procedura sono state teorizzate da Jacques Lacan per aprire l’esperienza psicoanalitica a una possibile trasmissione. Il libro di Vicens pubblicato dall’Università Generale di San Martin nella collana Tyche mostra come un analista può parlare dei momenti chiave della propria esperienza dell’inconscio e del suo termine. Antoni Vicens vive a Barcellona, è membro dell’Escuela Lacaniana de Psicoanalisis (ELP) e dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi (AMP). È l’attuale Presidente dell’ELP e insegna Filosofia all’Università Autonoma di Barcelona. T : Qual è la differenza tra la testimonianza di passe e il romanzo familiare del nevrotico? V : Lacan ha definito chiaramente la passe, e l’attuazione della sua procedura è stabilita dai regolamenti. Il resto lo decidono i nuovi analisti nominati nella Scuola. La passe smentisce il romanzo familiare del nevrotico. Se nel romanzo famigliare il nevrotico si costruisce una famiglia che sia per lui più familiare di quella in cui è nato, nella passe appare invece l’unheimlich di quella famiglia, qualunque essa sia, dove si sono costituiti i primi oggetti di desiderio e d’amore. Il romanzo familiare implica un disaccordo con la propria famiglia, nella passe si ottiene invece un: “Mi piace così”, non c’è Altro dell'Altro. T : Ci sono momenti in cui il libro si legge come un romanzo. Mai però come un'educazione delle passioni. Come ha ottenuto questo effetto? V : Le passioni non si educano, ciò che si impara è ad accettarle come guida dell’esistenza, della creazione, della circolazione dei doni. T : Qual è la differenza strutturale tra la passe e una sorta di rivelazione mistica? V : La rivelazione mistica implica una dichiarazione dell'ineffabile e dell’infinito. La passe è fatta di spiegazioni. Pur sapendo che non si raggiunge mai la fine, la testimonianza di passe, entro i limiti dell’esistenza, è finita. È come quel che Lacan nella prima fase del suo insegnamento, chiamava la soggettivazione della propria morte. Entrambe hanno in comune una sorta di amore in assenza dell'Altro. T : La domanda precedente si riferisce ad alcune pagine di Carlos Castaneda o di René Daumal. A tratti sembrerebbe il discorso di qualcuno appesantito dalle scorie dell’io, dove parlano entrambi entrambi. V : Non conosco abbastanza i riferimenti citati per rispondere . T : Quanto tempo occorre essere stati in analisi prima di chiedere la passe? Poiché queste cose non si trattano su un piano cronologico, credo sia una domanda congetturale. Cosa può tuttavia dirne? V : I passant spesso dicono che l’analisi stessa li ha spinti a dare testimonianza, e che doveva essere in quel momento e non in un altro . T : Chiunque abbia fatto la passe, si trasforma necessariamente in uno psicanalista? V : Non conosco nessun caso in cui non sia stato così. E spesso accade che il passant sia qualcuno che ha già esperienza come psicoanalista. L'obiettivo principale della passe è di ottenere un sapere sul passaggio da psicoanalizzante a psicoanalista. Il futuro della psicoanalisi dal sapere che otteniamo su questo passaggio dipende. L’intervista è stata realizzata da Telam a Barcellona L'ADHD ovvero il deficit di attenzione e iperattività è davvero una malattia? Le ultime ricerche dicono di no di Fabio Sinibaldi La sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività (in inglese Attention Deficit e Hyperactivity Disorder, da cui la sigla ADHD) ha creato grande confusione negli ultimi anni. Il numero di diagnosi è cresciuto vertiginosamente, circa un bambino su cinque sembrerebbe affetto da questa sindrome (dato rilevato dal Federal Centers for Disease Control and Prevention). I genitori si sono disperati, alcuni insegnanti coscienziosi sono entrati in crisi sul da farsi, altri hanno trovato una comoda etichetta per liberarsi dei bambini difficili da gestire. I professionisti del settore hanno cominciato a cercare di “curare” il fenomeno, ma spesso con scarsi risultati. In un quadro caotico del genere ha fatto scandalo, di recente, la dichiarazione di Leon Eisenberg, la persona che aveva ideato e definito l’ADHD come una patologia. Oggi il dottor Leon Eisenberg si è pentito è ha confessato che tale patologia non esiste, si tratta solo di un’invezione (Dal settimanale tedesco Der Spiegel, 2 febbraio 2012). A questo punto per fare chiarezza sul tema conviene fare un passo indietro. Le diagnosi mediche e psicologiche nascono come etichette rapide per capire di cosa si sta parlando. Purtroppo, storicamente, le etichette tendono a vivere di vita autonoma, diventano un marchio indelebile che accompagna la persona. Un esempio tratto dalla vita quotidiana può rendere bene il concetto: se conosciamo una persona che sia chiama Marco e diciamo che è sovrappeso stiamo mettendo un’etichetta riduttiva che non tiene conto di quanti chili è sovrappeso, se questo gli crea problemi fisici o mentali, se ha preso quei chili perché pensa erroneamente che il fritto sia un cibo dietetico e lo mangia tutti i giorni oppure perché è molto stressato e non metabolizza bene i carboidrati (o altro ancora). Quando parleremo di Marco con altre persone ci riferiremo a lui come “chi? quello sovrappeso?”, fissando per sempre un’immagine parziale della persona, come se fosse la cosa più sicura al mondo. Pensate che lo stesso fenomeno avviene quando si dice che un bambino ha un deficit dell’attenzione o che è iperattivo. Magari al tempo in cui è stato etichettato così - posto che lo fosse veramente - era solo agitato perché i genitori litigavano spesso, oppure era un bambino molto vivace in una classe di bambini tranquilli. I confronti sono spesso la fonte di tanti inganni e fraintendimenti. di Eric Laurent Dobbiamo distinguere diversi regimi d’interpretazione, che non si escludono a vicenda. C'è l'interpretazione secondo il senso o secondo la molteplicità della dimensione del senso. Essa non è tuttavia aperta a tutti i sensi. L'interpretazione secondo il senso non deve dimenticare l'oggetto “a” che circola tra le righe e che si oppone alla concezione di una totalità del senso. Nell'interpretazione che ha di mira l'oggetto “a” tra le righe, si deve anche distinguere la zona dove è possibile rendere conto di un’interpretazione e della sua "ragione" nello spazio soggettivo, e la zona dove non è possibile rendere conto di questo. In questa dimensione l'interpretazione si trova realmente fuori-senso. Il fantasma si rivela come un montaggio, un apparato che può essere situato come difesa contro il godimento che resta e che sfugge a ogni montaggio per mantenersi nell’iterazione. Affrontare la pratica della psicoanalisi a partire dalla dimensione di non-garanzia nella sua dimensione radicale, ci porta a tener conto di ciò che della sostanza che gode non si articola né nel circuito pulsionale né nell'apparato del fantasma. È quanto del godimento rimane non negativizzabile nella sostanza che gode, e nella sua iterazione non si comporta più come una quasi-lettera. Si può affrontare così quel che sarebbe la consistenza del reale nell'esperienza della psicoanalisi. Per quanto riguarda il reale, la cosa importante è che lo stesso sia materialmente lo stesso: "La nozione di materia è fondamentale in quanto definisce lo stesso”(1). Lo " smantellamento della difesa" è lo smantellamento non solo dell’idolo impegnato al posto della mancanza fallica, ma anche del circuito dell’oggetto “a”, per incontrare il bordo del godimento abbracciato da questi circuiti. Intorno a questo bordo si annodano alcune consistenze. "Ho a che fare con lo stesso materiale con cui hanno a che fare tutti, con questo materiale che ci abita”. (2). Materiale è preso qui nel senso del reale del godimento. Lacan offre qui un'altra versione di un inconscio che non è dovuto agli effetti di significante su un corpo immaginario, ovvero un inconscio che include l'istanza del reale come pura ripetizione dello stesso, quel che J-A Miller, nel suo ultimo corso, ha isolato nella dimensione dell’Uno-da-solo che si ripete. Qui si è davvero nella zona fuori-senso, e fuori-garanzia. 1 Lacan J., Le Séminaire, livre XXIV, « L’insu que sait de l’Une bévue s’aile à mourre », leçon du 14 décembre 1976, Ornicar ?, Paris, Lyse, n°12-13, décembre 1977, p. 10. 2 Lacan J., Le Séminaire, livre XXIV, « L’insu que sait de l’Une bévue s’aile à mourre », leçon du 11 janvier 1977, Ornicar ?, Paris, Lyse, n°14, Pâques 1978, p. 5. Testo d’orientamento pubblicato sul sito dell'AMP. |
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Agosto 2024
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