Intervista a Eric Laurent realizzata da Telam, Agenzia di stampa ufficiale argentina. T : Agitazione del reale è un titolo inquietante*. Come intenderlo in relazione alla questione del corpo ? L : Sì, spero proprio sia un titolo unheimlich, inquietante. Occorre risvegliare l'attenzione su un punto che Lacan ha toccato per chiarire alcuni paradossi in Freud. La zona di contatto tra la scienza e la psicoanalisi, in Freud, era il funzionamento dell'economia libidica. Dopo il 1920 l'economia del desiderio aveva come proprio orizzonte la pulsione di morte e un livello zero dell’energia, e questo, come diceva Sabina Spielrein, è il principio del Nirvana. Simile approccio permetteva di sostenere l'ipotesi della validità della seconda legge della termodinamica, che introduce l'inerzia entropica come orizzonte finale per l’energia. In tal modo questa ipotesi definiva qualcosa di reale nella psicoanalisi. Lacan, a sua volta, ha tentato di definire la pulsione di morte a partire da ciò che avviene nell'esperienza analitica, senza introdurre ipotesi supplementari. Prima ha mostrato che si potevano ignorare gli aspetti vitali – intesi come immaginari – della pura ripetizione significante. Nell’insegnamento di Lacan – come dice Jacques-Alain Miller – questo era uno dei paradigmi del godimento. Ha poi tentato, riuscendoci, di isolare una modalità di ripetizione che non fosse la ripetizione significante. Ha definito l’Uno del godimento, che si ripete nell'orizzonte dell'esperienza analitica, ma che non obbedisce alle leggi della ripetizione significante, né alla logica del fantasma. Questo orizzonte appare nelle analisi a lungo termine. Questa ripetizione dà il diagramma di un universo senza legge, senza necessità, che Lacan ha pensato come un incontro con la contingenza. Di questo parla l’agitazione del reale. Non dell’immaginario del moto browniano, che obbedisce alle leggi della meccanica statistica, ma dell'incontro dei corpi con la contingenza del godimento che porta a considerare il sinthome. T : La dietetica, la pedagogia, il biopotere, la genetica, e così via. Come toccano queste pratiche questi saperi, il corpo del soggetto del discorso del scienza?
L : Nel Seminario XIX Lacan fa alcune osservazioni sorprendenti su questo. Constata, per esempio, che la conoscenza del corpo si ottiene in primo luogo attraverso la sapienza di coloro che cercavano sollievo dalla pressione del desiderio. Sono pratiche che si incentrano sull’igiene come principio fondamentale della conoscenza di sé. La cura di sé, come diceva Michel Foucault, ha permesso l’elaborazione di un sapere sul godimento attraverso il controllo del corpo. E questo non avviene solo nella filosofia greca che, nella diversità delle sue scuole, ha sempre avuto una dimensione di tecnica del corpo. Avviene anche nella religione ebraica, dove l’Ecclesiaste è un libro sapienziale. Atene e Gerusalemme s’incontrano nella prospettiva di un sapere igienico. L'altra via di conoscenza del corpo, che non passa per il controllo dell'igiene, è la malattia. Colto dalla malattia il corpo rivela possibilità di sofferenza e di salvezza impensabili. Ma l'alleanza tra la medicina e la scienza ha inventato una nuova esperienza della malattia, che mette il corpo in un apparato inedito con tecniche sempre più sofisticate. Il vero corpo bionico non è il corpo sano che sogna di accrescere la potenza dei propri organi, è il corpo malato che si trasforma in oggetto per la sperimentazione di nuove generazioni dello stesso farmaco, o di macchine per controllare o per surrogare organi, per comporre nuovi organismi. Naturalmente questo delinea esperienze inedite di godimento del corpo, di cui abbiamo sempre maggiori testimonianze nelle analisi, nei resoconti letterari dell’attraversamento di una malattia potenzialmente letale. Le reazioni del corpo, la sua capacità di recupero o di abbandono, hanno un effetto di sorpresa che spinge la medicina contemporanea a uscire dalla semplice considerazione dei grandi numeri, tema della Evidence Based Medicine, per orientarsi verso una prospettiva della singolarità. È un approccio che mobilita la genetica e i saperi sul corpo in un orizzonte che cerca di incarnare, di realizzare nel modo più rapido possibile quell’impresa eponima di digitalizzazione del mondo che è Google. Le vostre ultime giornate di studio avevano tra l’altro come titolo: “Far indietreggiare la morte “. La psicoanalisi individua invece un altro sapere sul godimento: la ripetizione del sintomo e del fantasma fino alla contingenza del sintomo. T : C'è una differenza tra il soggetto catturato dal discorso della scienza, e il reale che agita quel soggetto, quel reale presentato come come inassimilabile, irrappresentabile, impossibile da misurare? L : Questa differenza è stata definita da Lacan come “risposta”. Ha proposto che un soggetto come risposta del reale. Questo lo porta a una posizione che si distingue dalle precedenti concezioni del soggetto. Dal soggetto presupposto dall’esistenzialismo per esempio, dove la reciprocità immaginaria tra tu e io era considerata una dimensione fondamentale: il soggetto era una risposta a un altro fondamentale, una specie di fratello intelligibile, e da questo derivava il principio etico di non fare all’altro quel che non vorresti fosse fatto a te. Lacan cambia questa prospettiva per fondare invece il soggetto in relazione a quel che lei ben definisce come inassimilabile, irrappresentabile, impossibile da misurare. Si tratta di un soggetto legato più alla propria angoscia che al suo prossimo. A condizione di considerare che l’angoscia non è angoscia di morte, ma angoscia di fronte al godimento articolato del vivente, angoscia di fronte al desiderio dell'Altro. T : Quando diciamo tutti soli, tutti l'autistici, tutti tossicodipendenti, cosa significa esattamente, se consideriamo questi sintagmi dal punto di vista della psicoanalisi? L : Questi sintagmi, pensati dal punto di vista della psicoanalisi, appaiono come aporie. In prima battuta si può dire che tracciano un orizzonte comune, vale a dire: come si vive la pulsione nell’epoca del discorso della civiltà. Nell’epoca dell’individualismo di massa c'è un contesto di solitudine per tutti che può essere esplorato, anche dalla sociologia. La sociologia descrive un soggetto chiuso in modi di vivere molteplici ma solitari, con legami liquidi con l’altro (Zygmunt Bauman), con relazioni vuote, effimere con l’altro dell’ipermodernità (Gilles Lipovetsky), o rifugiato in prestazioni che creano dipendenza fino allo sfinimento (Alain Ehrenberg) e che possono portare alla malinconia, al delirio bacchico o al terrorismo. Questo orizzonte comune è sovvertito da Lacan quando afferma: tutti sono pazzi, cioè delirano, perché Lacan rimanda al modo singolare in cui ciascuno delira in questo “comune”. In questo senso, il soggetto del delirio singolare è una risposta del reale che testimonia di un’esperienza diversa da quella che descrivono i “sociomani”, come li chiama Philippe Sollers . T : È possibile che il soggetto del “comune” – di cui parla Toni Negri – in queste condizioni, sia in grado di pensare una politica di emancipazione, tenendo conto delle riserve che Lacan ha avuto a questo riguardo? L : Definire il soggetto a partire dal “comune”, significa partire da una nozione del “tutto” che l’esperienza analitica non annulla, ma mette in questione. In questo soggetto del comune c’è qualcosa di troppo legato al soggetto della fenomenologia di Husserl. Si pensa così l' esperienza del mondo come possibile a partire da una presenza di evidenze mute, condivise come assiomi silenziosi dell’esperienza e della continuità dell'esistenza. È ciò che lo psichiatra tedesco Wolfgang Blankenburg postulò come le evidenze che definiscono il senso comune. Il suo lavoro descrive cosa accade sul piano clinico e fenomenologico quando si perde l’evidenza naturale. Nella sua seconda topica Freud comprendeva anche l’Io in funzione di un Tutto nel modo trasmesso – sottolinea Lacan – dal sociologo Gustave Le Bon con la sua teoria delle masse. Le ipotesi di Massenpsychologie und IchAnalyse (Psicologia delle masse e analisi dell’Io) sono state criticate da Lacan sin dall’inizio. È opportuno partire dall’esperienza del non-tutto, l’apparecchio di godimento dell’Uno, il suo sintomo, il suo fantasma, il delirio singolare. Si può da questo punto di vista considerare un uso non massificante delle identificazioni. Questo aspetto diventa evidente quando si considera l'esperienza del soggetto femminile. Alcune femministe parlano di sorellanza, come gli uomini parlano di fratellanza. Altre sottolineano che l'originalità della posizione femminile è nella preoccupazione per l'altro, la care, termine inglese difficile da rendere in tutte le sue accezioni. Lacan ha trovato però un altro modo di presentare l'originalità della relazione femminile con l’identificazione. Ha detto che le donne non hanno la stessa tendenza all'identificazione narcisistica che gli uomini, perché possono essere il sintomo di un altro corpo. Tale alterità è aperta dallo spostamento dell’oggetto, punto cruciale che Freud aveva isolato come una delle peculiarità dell’Edipo femminile. Le donne non hanno quindi lo stesso rapporto che gli uomini con l’esperienza dell’identificazione e del Tutto. Quando Jacques-Alain Miller parla della femminilizzazione del mondo, questa dimensione appare sempre più come una componente delle politiche del tutto, sia nella molteplicità dei modi di vivere la pulsione, sia nel passaggio dai diritti umani ai diritti uno per uno, che comporta una desacralizzazione dell’universale . T : Per concludere, nel film Das Experiment, di Oliver Hirschbiegel, ci sarebbe una chiave per comprendere perché la psicoanalisi di orientamento lacaniano è destinata a sopravvivere in questo mondo che ha deciso di seppellire il rapporto del soggetto con la sua finitezza, e si è dato all’azione-reazione del cognitivismo sociale? L : Certamente. Hirschbiegel ha una sensibilità speciale nell’esplorare l'emancipazione dalle forme del tutto. Ultimamente si è interessato alla principessa Diana Spencer come oggetto di sperimentazione sociale, e all'uso che lei ha fatto della sua posizione d’eccezione in relazione al tutto, la figura di Princess of the People, come l'ha definita il responsabile delle comunicazioni dell'ex premier Tony Blair. Hirschbiegel ha iniziato la sua carriera concentrandosi sul romanzo Black Box, di Mario Giordano, ispirato all’esperimento di psicologia sociale di Philip Zimbardo della Stanford University, in California, nell’agosto del 1971. Wikipedia presenta così la questione: l'esperimento della prigione di Stanford è un noto studio psicologico sull'influenza che un ambiente estremo, come il carcere, esercita sui comportamenti sviluppate dall'uomo, mostrando come questi dipendano dai ruoli sociali ricoperti, nella fattispecie quelli di prigioniero o di guardia. L’esperimento è stato realizzato nel 1971 da un gruppo di ricercatori guidati, come ho detto, da Philip Zimbardo. Furono reclutati volontari a cui venivano assegnati i ruoli di guardia e di prigioniero in una prigione fittizia. L’esperimento tuttavia ben presto è sfuggito di mano ed è stato annullato dopo la prima settimana. Le preoccupazioni etiche relative al famoso esperimento spesso inducono a stabilire un confronto con un altro esperimento, condotto nel 1963 presso la Yale University da Stanley Milgram, un vecchio amico di Zimbardo. Lo studio è stato finanziato dall’Esercito degli Stati Uniti, che cercava una spiegazione ai conflitti interni al suo sistema carcerario e al corpo dei Marines. Zimbardo e il suo gruppo hanno cercato di verificare l'ipotesi che le guardie carcerarie e i detenuti si autoselezionavano a partire da una certa disposizione che spiegherebbe i frequenti abusi commessi nelle carceri. I partecipanti erano stati reclutati attraverso annunci sui giornali, con l’offerta di una retribuzione di quindici dollari al giorno per partecipare alla simulazione di una situazione carceraria. Delle settanta persone che hanno risposto all'annuncio, Zimbardo e il suo gruppo ne hanno selezionate ventiquattro, considerate le più sane e le più stabili psicologicamente. I partecipanti erano prevalentemente bianchi, borghesi, giovani e appartenenti alla classe media. Erano tutti studenti universitari. Il gruppo dei ventiquattro giovani è stato diviso a caso in due sottogruppi: i prigionieri e le guardie. Più tardi i prigionieri diranno che le guardie erano state scelte perché avevano un fisico più robusto, anche se in realtà il ruolo era stato assegnato lanciando una moneta e se non c’erano differenze oggettive di statura o di complessione tra i due gruppi. La prigione era stata collocata nel seminterrato del dipartimento di psicologia di Stanford, che era stata trasformata per l’occasione in un carcere fittizio. L’esperimento permette di constatare una forte correlazione tra identificazione e godimento, o di vedere un godimento dell'identificazione che impedisce al soggetto maschile di essere sintomo di altro corpo, portandolo piuttosto a essere la devastazione di quei corpi. Ne La battaglia dell’autismo ricordo l’esperienza del decennio precedente, di Stanley Milgram a Yale: si trattava di valutare il grado di obbedienza di un individuo a un’autorità ritenuta legittima, e di analizzare i processi di sottomissione all'autorità, soprattutto quando questa spinge ad azioni che pongono al soggetto problemi di coscienza. Questo esperimento era stato progettato per verificare fino a quale intensità di elettroshock erano pronti ad arrivare alcuni adulti nel punire alcuni altri, quando la punizione in questione veniva prescritta. Gli effetti venivano simulati da alcuni attori senza che i partecipanti lo sapessero. Tra coloro che si prestarono all’esperimento, pochi resistettero all’ordine di intensificare il danno. La Francia non è l'unico paese in cui si è riflettuto sulle conseguenze derivanti da ordini assurdi emanati da un’autorità trasformata in Super-Io osceno e feroce. La ripetizione del risultato di queste esperienze funziona ancora come il rovescio hard degli spostamenti della sensibilità attuale. Film come Zero Dark Thirty fanno partecipare a sessioni di tortura inflitta “per il bene comune”. E il bestseller Cinquanta sfumature di grigio, che dà un'idea dell’interesse dell’epoca in una presunta verità superiore al dolore, come esperienza di godimento nel corpo. Anche Roman Polanski è andato in questo senso con la sua Venere in pelliccia. Darsi all'azione-reazione del cognitivismo sociale, come dice lei, non testimonia di un rifiuto del soggetto ma di un modo contemporaneo di vivere la pulsione, in sintonia con il fascino epocale per la violenza contro se stessi e contro gli altri. *Tema del VI incontro ENAPOL tenutosi a Buenos Aires il 22, 23 novembre 2013 con il titolo: “Parlare con il corpo: la crisi delle norme e l’agitazione del reale”
1 Comment
23/11/2013 10:38:12 am
Può l'angoscia essere la risposta alla pressione del desiderio (per così dire) imploso? O bioetica del desiderio per un corpo incontrollabile? La risposta è controllabile con il principio di realtà? P. Sollers (nel caso di un fenomeno politico), forse definirebbe T. Negri (con le sue locuzioni fenomenologiche nella ripetizione) un "tizio" in gara tra il primato per lo sbordamento del Diritto e l'"agitazione" della malinconia. (Anche ricordando il soggetto/i del film Alcatraz)
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