Presentiamo questo articolo come un segnale d’allarme L’apprendimento automatico è infatti il modo in cui, per così dire, le macchine imparano dall’esperienza e migliorano così le proprie prestazioni. Lo si utilizza per esempio per i problemi di riconoscimento vocale, o per insegnare a un computer a giocare a scacchi. Ma è soprattutto applicato nell’estrazione di dati – il data mining – nelle ricerche di mercato, per ricavare dai social network dati che rendono più mirate e più attagliate ai gusti del cliente le proposte commerciali. È il modo insomma in cui google cerca di capire cosa ci piace per venderci quel che ci potrebbe piacere. L’estrazione di dati si basa su algoritmi e sul riconoscimento di schemi. L’apprendimento automatico naturalmente non è assolutamente in grado di riprodurre l’apprendimento umano, ma si sta ora pensando di applicarlo al riconoscimento diagnostico della schizofrenia. C’è alla base di questo progetto la reificazione di qualcosa di eminentemente sfuggente e legato a peculiari sfumature della soggettività che gli psichiatri stessi faticano a riconoscere. Una persona con una storia clinica che si estende per l’arco di alcuni anni può ricevere diagnosi contrastanti che vanno, per lo stesso paziente, dalla schizofrenia, al disturbo bipolare, al disturbo ossessivo compulsivo. Questo non per limiti di preparazione degli psichiatri, ma perché la diagnosi è materia sfuggente e spesso opinabile, e il sistema internazionale su cui si basa, il DSM, è oggetto di contrasti e di vivaci polemiche all’interno della comunità scientifica stessa. L’idea di affidare a una macchina la definizione dello stato mentale di una persona, oltre a peccare di una visione essenzialista della patologia mentale – considerare la malattia cioè come un’entità oggettivabile – rischia di produrre le patologie che pretende di riconoscere. Sono gli incubi della fantasia di Philip Dick che rischiano di diventare realtà! di Joseph Frankel Le persone comunicano il significato attraverso quel che dicono, ma anche attraverso il modo in cui lo dicono: il tono, la scelta delle parole e la lunghezza di una frase sono tutti indizi cruciali per comprendere cosa passa per la testa di qualcuno. Quando uno psichiatra o uno psicologo esaminano una persona, ascoltano questi segnali per avere una percezione del suo stato di benessere, basandosi sull'esperienza passata per orientare il proprio giudizio. I ricercatori stanno ora applicando lo stesso criterio, con l'aiuto dell’apprendimento automatico, per fare diagnosi a persone con disturbi mentali.
Nel 2015, un nucleo di ricercatori ha sviluppato un modello di intelligenza artificiale che ha previsto correttamente quali membri di un gruppo di giovani avrebbero sviluppato una psicosi – un’aspetto importante della schizofrenia – analizzando le trascrizioni dei loro discorsi. Questo modello era focalizzato su alcuni tic nella narrazione, rivelatori di una psicosi: frasi brevi, confuse, l'uso frequente di parole come "questo", "quello" e "un", come pure una sensazione di disordine nei significati da una frase all'altra. Ora, Jim Schwoebel, ingegnere e amministratore delegato di NeuroLex Diagnostics, vuole basarsi su quel lavoro e vuole farne uno strumento per i medici di base allo scopo di effettuare un vaglio tra i loro pazienti e individuare quelli affetti da schizofrenia. Il prodotto della NeuroLex registrerebbe un paziente, durante un appuntamento, attraverso lo smartphone o attraverso un altro dispositivo (Schwoebel ha un prototipo della app Alexa su Amazon) nascosto in un muro vicino. Utilizzando lo stesso modello ricavato dagli studi sulla psicosi, il prodotto dovrebbe quindi realizzare una trascrizione degli indizi linguistici nel discorso del paziente. L'intelligenza artificiale presenterebbe i risultati della sua ricerca in forma numerica ̶ come nella misurazione della pressione arteriosa – in modo che uno psichiatra potrebbe considerarli quando effettua una diagnosi. E siccome l’algoritmo è “messo in esercizio" su più pazienti, quella lettura potrebbe riflettere meglio lo stato mentale di un paziente. Oltre al prodotto per vagliare la schizofrenia, un'idea per la quale Schwoebel ha vinto un premio dall’American Psychiatric Association, NeuroLex spera di sviluppare uno strumento per i pazienti con problemi psichiatrici che sono già in trattamento ospedaliero. Anziché cercare di realizzare la diagnosi di un disturbo mentale partendo da un unico campione, l'intelligenza artificiale potrebbe esaminare il discorso di un paziente per un determinato lasso di tempo al fine di monitorarne i progressi. Per Schwoebel, questo lavoro ha un risvolto personale: pensa che questo metodo possa aiutare suo fratello maggiore a risolvere i problemi che sta incontrando nella ricerca di cure per la schizofrenia. Prima dell’esordio psicotico – racconta Schwoebel – suo fratello avrebbe dato brevi risposte, di una sola parola, o fatto riferimenti criptici al fatto di andare “qui" o "là" ̶ anomalie preoccupanti che “hanno preso senso" dopo il primo episodio psicotico. Secondo Schwoebel ci sono voluti più di dieci ricoveri al pronto soccorso prima il fratello fosse mandato da uno psichiatra e ricevesse finalmente una diagnosi. Dopo di che gli è stato prescritto un farmaco che non ha avuto alcuna efficacia, in seguito cambiato con un altro. Negli anni che sono stati necessari per diagnosticare la schizofrenia e per trovare una terapia efficace, il fratello di Schwoebel ha avuto tre attacchi psicotici. Quest’esperienza ha portato Schwoebel a chiedersi, nei casi che richiedono l’utilizzo di farmaci, come trovare più velocemente la prescrizione e la dose corrette. Per scoprirlo, la NeuroLex sta progettando un studio che valuta l’andamento del paziente prima e dopo il trattamento, da realizzare su persone che sono già state ricoverate per disturbi mentali. Si tratta di "vedere come i loro schemi di linguaggio cambino durante una degenza ospedaliera resa necessaria da una psicosi o da una depressione". L’intelligenza artificiale, in teoria, analizzerebbe campioni delle registrazioni di una persona in cura presso una struttura "per vedere quali farmaci funzionano meglio" in modo "da ridurre il tempo di degenza in ospedale", ha detto Schwoebel. Se il discorso di una persona mostra un minor numero di indici di depressione o di disturbo bipolare dopo una sola somministrazione di farmaci, questo strumento potrebbe aiutare a mostrare che la terapia sta funzionando. Se non ci sono cambiamenti, è probabile che l’intelligenza artificiale suggerisca con anticipo di sperimentare un altro farmaco, risparmiando al paziente inutili sofferenze. E, una volta raccolti un quantitativo sufficiente di dati, potrebbe raccomandare una terapia basata su quel che è stato efficace per altre persone con un profilo discorsivo simile. Approcci automatizzati alla diagnosi sono utilizzati più ampiamente nel campo della medicina da decenni: una società afferma che il suo algoritmo riconosce il cancro al polmone con una accuratezza superiore del 50% a quella di un radiologo umano. La possibilità di sostenere il giudizio di un medico psichiatra con un accertamento più "obiettivo", “quantitativo" si basa sull’analisi dello psichiatra Arshya Vahabzadeh, del Massachusetts General Hospital, che ha fatto da supervisore per il programma di lancio della nuova azienda di cui Schwoebel era cofinanziatore. “La schizofrenia si riferisce a un gruppo di sintomi che possono essere osservati o fatti emergere” piuttosto che a una diagnosi onnicomprensiva, sostiene Vahabzadeh. Con un quantitativo di dati sufficientemente ampio, l’intelligenza artificiale potrebbe essere capace di suddividere una diagnosi come quella di schizofrenia in categorie più fini e più utili, basate sugli schemi più comuni riscontrati tra i pazienti. "Penso che i dati ci aiuteranno a ripartire in diversi sottotipi alcune di queste patologie, in un modo che non potevamo realizzare prima.” Come in qualsiasi campo della medicina, l’aiuto dell’intelligenza artificiale "deve essere studiato e convalidato. Questo è per me il grande punto in sospeso", ha aggiunto Vahabzadeh, riecheggiando una sensazione che avevo percepito già in Schwoebel. E mentre lo studio del predittore per la psicosi dimostra che l'analisi del discorso può riconoscere la psicosi abbastanza bene, rimane tuttavia solo uno studio. E nessuno ha ancora pubblicato una verifica concettualmente fondata per la depressione o per il disturbo bipolare. L’apprendimento automatico è un campo in grande sviluppo, ma deve fare ancora molta strada, sia nella medicina sia al di fuori di essa. Per fare un esempio, Siri ha lottato per anni per poter gestire le domande e i comandi degli utenti scozzesi [per via della loro pronuncia. NdT]. Per la cura della salute mentale, errori anche minori potrebbero risultare catastrofici. "Se mi si dice che uno strumento tecnologico sbaglia il 20% delle volte, o è preciso nell’80 % dei casi, non vi sottoporrò un paziente ", ha detto Vahabzadeh. Il rischio diventa maggiore se si considerano l'età, il sesso, l’etnia, la razza o la regione di provenienza. Se un’intelligenza artificiale è messa alla prova su campioni vocali che provengono tutti da uno stesso gruppo demografico, campioni normali al di fuori di quel gruppo potrebbero dare dei falsi positivi. "Se appartenete a una certa cultura, potreste parlare più piano e in un tono più basso", cosa che un’intelligenza artificiale "potrebbe interpretare come uno stato di depressione mentre non lo è", ha sostenuto Schwoebel. Vahabzadeh ritiene tuttavia che una simile tecnologia potrebbe un giorno aiutare i medici a trattare un numero maggiore di persone, e in modo più efficace. Questo potrebbe essere un fattore cruciale – dice – data la carenza di strutture per la salute mentale negli Stati Uniti.” Se l’impiego di esseri umani non sarà più una soluzione economica, dovremo in qualche modo sfruttare la tecnologia per estendere e aumentare il campo d’azione dei medici." Traduzione di Francesca Ferrarini Fonte: The Atlantic, 23 agosto 2016
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