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Di cosa si parla

Traslazione e istituzione

4/10/2018

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Intervista realizzata da Ricardo Acevedo

La nostra collega Antonia García Lozano, psicoanalista membro dell’ELP e dell'AMP, è psicologa clinica presso l'Unità di salute mentale dei minori dell’Ospedale materno infantile di Malaga dal 1989. Oltre al lavoro clinico istituzionale Antonia da quattro anni è responsabile di un modulo di psicoanalisi nel programma di insegnamento per i residenti (PIR). Antonia offre, insieme ad altri colleghi intervistati, una visione sulle peculiarità del vincolo della traslazione nell’istituzione.



  1. Nella maggior parte dei casi il lavoro nelle istituzioni pubbliche implica che la traslazione avvenga in modo contingente; non si lavora con soggetti che fanno una richiesta specifica alla psicoanalisi, ma con persone che forse non avrebbero altrimenti mai incontrato un analista, e che trovano da un praticante un ascolto inaspettato. In questo senso, e secondo la vostra esperienza, direste che la traslazione all'interno della cornice dell'istituzione pubblica ha delle particolarità?


L’equipe di salute mentale con la quale lavoro si trova nell’Ospedale materno infantile. Quando i genitori arrivano, si aspettano di incontrare uno specialista che confermerà loro una diagnosi del figlio. Siamo in un’epoca in cui quasi tutti i bambini che arrivano a me sono già stati etichettati e a volte curati farmacologicamente. Sono già passati da un’equipe di sanità mentale che li ha valutati e poi, in base alla gravità del loro stato, li ha indirizzati a un determinato reparto ospedaliero.
Quando arrivano nel mio studio e li interrogo sulla diagnosi, che mi portano come fosse una lettera di presentazione, l'effetto sorpresa provoca un effetto di divisione nei genitori. Quando incontri qualcuno che ti interroga da una posizione di non sapere, si apre la possibilità di iniziare a parlare del bambino in un’altra maniera. Arrivano cercando delle linee guida e se ne vanno con domande che aprono le porte a un percorso che li implica nel disagio sofferto.
Quando resto sola con il bambino e gli dico che sono disposta ad ascoltarlo, si apre un sapere da cui mi lascio trasportare. Attraverso le sue produzioni infatti si delinea il suo posto nella coppia genitoriale. È necessario infatti che il soggetto acconsenta a una perdita di godimento affinché affiori il sapere inconscio, a partire dal non sapere dell'analista. In questo modo il bambino è preso in considerazione come un essere di sapere e non solo come un essere di godimento.
Secondo la mia linea di orientamento, il soggetto passa dall'essere il sintomo dei genitori a costruire il proprio sintomo, grazie alla relazione di traslazione, che considero possibile anche se la mia pratica clinica si svolge in un luogo di salute mentale. Con il bambino è possibile. Con i genitori è necessario che acconsentano a una certa perdita di godimento.
Quando si tratta di un soggetto in piena pubertà incontriamo i nuovi sintomi scollegati dall’inconscio, si presentano come una condensazione di godimento, una sofferenza che non è portatrice di un messaggio. Nella mia esperienza, l'amore di traslazione è la chiave perché avvenga l'apertura dell'inconscio; ma è un amore toccato dal non-tutto, che consente a lasciarsi ingannare, relativizzando la verità con la consapevolezza che è in gioco il sapere inconscio. Se si produce l’incontro, il soggetto potrà farsi responsabile del proprio modo di godere.
L'adolescente non ricorre all'Altro come portatore di sapere, così va dall’errare all’isolamento, lo schermo blinda il soggetto di fronte allo sguardo dell’altro. La domanda sarebbe quale strategia utilizzare di fronte a un soggetto che sceglie il mondo virtuale a scapito del legame. La strategia analitica è legata all'amore di traslazione, come dice Miller: “Ciò che fa esistere l'inconscio come sapere è l’amore, perché l'amore è ciò che può creare la mediazione tra gli Uni da soli.
La contingenza rappresenta la possibilità perché qualcosa di nuovo si scriva, e non possiamo lasciarla passare, è un'invenzione singolare che consente di attraversare il tunnel che va dall'isolamento alla solitudine.




2. Esercitando all'interno di un'istituzione pubblica può costruire un certo legame di traslazione, con il discorso che regge una istituzione non orientata dalla psicoanalisi?


Sappiamo già che il discorso del padrone ha delle incrinature e nel corso degli anni  sono diventata esperta nell’insinuarmivi. Quando si lavora con altri professionisti si può trasmettere l'idea che il sintomo svolge a una funzione, che non si tratta quindi di eliminarlo. Durante le riunioni di ambito scolastico a volte le persone insistono perché sia confermata una diagnosi che secondo loro andrà a beneficio del soggetto in questione. In questi casi è necessario mantenere una posizione ferma e decisa nel far capire gli effetti della segregazione implicati dall’essere portatori di un disturbo che stigmatizza. A volte la battaglia viene vinta creando la possibilità di discutere caso per caso.




Con i servizi sociali organizziamo anche riunioni regolari, in particolare con l’equipe di trattamento della famiglia mantengo un rapporto mensile di supervisione dei casi più gravi. È uno spazio clinico tenuto grazie alla traslazione di lavoro stabilita con i professionisti di tali equipe.
Trasmettere parte del sapere psicoanalitico rendendo possibile un desiderio di sapere è il mio ruolo di insegnante nel programma di formazione per residenti, nel quale sono responsabile del modulo di psicoanalisi. Un seminario in cui vengono formati i futuri professionisti della salute mentale e dove la scommessa ha come posta il soggetto dell'inconscio.


Si ringrazia Enrique Gorosito, per la sua cortese collaborazione nella realizzazione di questa intervista.


Traduzione di Micol Martinez






























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