di Valerio Canzian Venerdì 20 marzo si è svolto presso l’ospedale il seminario in oggetto rivolto a operatori del DSM, associazioni e familiari, operatori dei servizi sociali, sindaci e forze dell’ordine. Si è articolato in 4 momenti : l’esperienza del Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura (SPDC), a cura degli operatori dell’SPDC di Lecco, l’esperienza dell’SPDC di Mantova a cura degli operatori dell’SPDC di Mantova, l’esperienza dell’SPDC di Iseo a cura degli operatori di Iseo e il punto di vista delle Associazioni dei familiari del lecchese e del Forum Salute Mentale del lecchese. Una breve sintesi, scusandomi per le certamente tante dimenticanze :
L’esperienza di Lecco, (16 +2 p.l. ) e Merate (8+1 p.l.) - A Lecco e Merate si contiene e le porte sono chiuse. Gli interventi dei diversi operatori, infermieri e psichiatri, hanno reso conto delle difficoltà del loro lavoro mettendo in evidenza le criticità che portano a giustificare la contenzione e le porte chiuse: la caratteristica di taluni ospiti con problematiche di doppia diagnosi, assunzione di sostanze, disturbi di personalità, ritardi mentali, la relativa pericolosità, ecc., (è quanto ci sentiamo dire dagli psichiatri ad ogni occasione). Inoltre c’è la posizione di garanzia del medico che deve rispondere degli eventuali agiti auto ed eteri diretti degli ospiti, e le relative loro paure/ preoccupazioni/conseguenze. Accanto a questo hanno illustrato l’attività di psico educazione, cognitivo comportamentale, che viene svolta verso gli ospiti. Questo per favorire una loro presa di coscienza della malattia, l’accettazione delle regole e divieti durante la permanenza in SPDC (orari delle visite parenti, orari uscite, accompagnamento delle uscite, divieto di accessori d’indumenti, meglio se si sta in pigiama, utilizzo telefono) ecc. Ci è stata illustrata altresì l’attività di formazione del personale svolta e in itinere necessaria per far fronte e migliorare le situazioni di difficoltà dell’operatività quotidiana. L’esperienza di Mantova (15 p.l.). Altri SPDC a Castiglione e a Pieve di Coriano - Dal 1990 non si lega e le porte sono aperte 24h. Non esiste l’orario delle visite nel senso che non c’è limite alle visite, salvo casi e momenti specifici concordati con l’interessato. Sono previsti permessi a domicilio di 4 ore con i familiari utilizzati come strumento terapeutico. Si evitano il più possibile gli arrivi in reparto in urgenza in quanto si cerca di prevenirli facendo lavoro preliminare nel territorio. Vi è collaborazione con le associazioni di familiari del luogo e con le forze dell’ordine che intervengono non in funzione vicaria degli operatori quanto per la funzione di deterrenza che la loro presenza esercita. Ci hanno mostrato in diapositiva un vaso regalato a Papa Giovanni Paolo II in occasione di un ricevimento a Roma, costruito con le fascette che erano precedentemente utilizzate per legare le persone al letto divenute ormai inutili. “Le grandi sfide nascono da una visione” hanno tenuto a dirci per dimostrare che nulla si raggiunge per caso, ma con un grosso lavoro di equipe, di formazione, discussione e supervisione dei casi, lavoro di integrazione e di trasmissione delle pratiche ai nuovi operatori che vengono integrati al passaggio in pensione dei più anziani. Il motto di don Milani “I care”, “mi interessa, mi riguarda” ha contagiato la loro “visione” per la quale “nessuno si salva da solo”. Loro sono presenti per accompagnare la persona non in quanto oggetto delle cure bensì in quanto soggetto di un discorso: il discorso appunto del soggetto e quello degli operatori intorno alla persona per aiutarla ad utilizzare la propria soggettività, a partire dalla relazione, mostrando il loro interesse particolare, manifestando con il loro saperci fare l’“amore” che dal loro discorso traspare. L’esperienza d Iseo- Hanno introdotto il loro discorso dicendoci che per definire gli ospiti che frequentano l’SPDC da 6 anni non usano più la parola “paziente”, né “utente”, bensì “persona”. Hanno avviato un processo che sta andando verso l’eliminazione totale della contenzione e l’apertura delle porte che, a differenza di Mantova, in casi eccezionali si chiudono, mentre di regola sono aperte. Non vi una distinzione tra operatori in SPDC e nel CPS, bensì tutti ruotano e si alternano nell’uno e nell’altro, sia per favorire la continuità terapeutica e relazionale con le persone, sia per permettere agli operatori di acquisire tutte le competenze necessarie per il migliore accompagnamento e inclusione sociale delle stesse. Un modo per dirci che la clinica non dipende dal luogo in cui la si pratica, cioè l’ospedale, bensì dalla capacità degli operatori di accompagnare e sostenere il soggetto in qualsiasi luogo si trovi. L’attività è mirata essenzialmente verso il territorio per accompagnare il soggetto e la famiglia presso il domicilio e nelle sue diversificate necessità di casa, lavoro, relazione ecc. In tal modo hanno diminuito le recidive e le presenze in SPDC. Stanno eliminando una Comunità di 20 posti letto recuperando fondi da investire in budget di salute per i Progetti personali di inclusione sociale delle persone nel territorio. Intervento rappresentante Associazioni dei familiari del lecchese - Ha richiamato il consenso informato che riguarda i diritti del ricoverato in SPDC in particolare per il TSO, mettendo la persona nelle condizioni di esercitare il suo diritto di far ricorso presso il tribunale, come previsto dalla Legge 180. Ha illustrato le attività di inclusione sociale che le associazione svolgono da anni nel lecchese, talvolta in collaborazione con il DSM, come il lavoro di prevenzione e sensibilizzazione nelle scuole, di accompagnamento nei giorni festivi e durante le vacanze estive ecc. Ha richiamato la necessità di un cambio di rotta dei percorso di cura attraverso un potenziamento delle attività del CPS nel territorio e il coinvolgimento dei comuni così da rendere meno necessario il numero odierno di ricoveri in SPDC, utilizzando i risparmi per progetti a favore delle persone, come avviene in altre esperienze fuori regione dove i posti letto e le permanenze in SPDC sono limitati al minimo in quanto vengono spostate, anche con accoglienza di posti letto, nel CPS e nel territorio. Intervento del rappresentante del Forum salute Mentale di Lecco - Il Forum Salute Mentale del Lecchese ha utilizzato come intervento il contributo scritto insieme a Urasam, frutto del dibattito e del lavoro interno al Forum e inviato nei giorni precedenti il convegno anche alle associazioni del l!ecchese. Tale intervento lo trovate in allegato. Commenti La prima considerazione da fare è che è stato un evento molto importante per i temi e i contenuti affrontati, e va dato atto al DSM e all’OCSM di Lecco di avere accettato la sfida di un confronto con le prassi di altri territori, sia pure all’interno del circuito degli addetti ai lavori: operatori del DSM, associazioni di familiari, operatori sociali, sindaci che per altro non hanno dato segni di presenza, forze dell’ordine. Risulta evidente come ci troviamo di fronte a due paradigmi completamente diversi, quello di Lecco da una parte e quelli di Mantova e Iseo dall’altra, con esiti del tutto differenti a fronte di personale equivalente. Non possiamo non manifestare comprensione per le preoccupazioni, difficoltà e sforzi profusi dagli operatori del DSM di Lecco nel portare avanti le loro pratiche contenitive. Ugualmente non possiamo non evidenziare come l’orientamento del loro operare sia foriero da una parte di riprodurre comportamenti e logiche contenitive e dall’altra di porre gli stessi operatori in una posizione di fragilità. Tutto ciò è contrario non solo all’eredità lasciataci da Freud e da Lacan ma anche da Basaglia. Ancora più amaro è constatare come la prassi di Lecco sia diffusa in tutta la Lombardia, risultando a mia conoscenza Mantova e Iseo le due sole mosche bianche. Abbiamo apprezzato tuttavia il coraggio degli operatori del DSM di Lecco nel portare alla l!uce del sole le loro pratiche con la disponibilità ad avviarsi verso un percorso di cambiamento. Si tratta proprio di due “discorsi” diversi: quello di Lecco ruota intorno alla psicopatologia e alla centralità del servizio e la preoccupazione degli operatori, dove la persona è messo in subordine, vale a dire in posizione di oggetto. La psicopatologia della persona la fa da padrona, ad essa viene sacrificato il discorso del soggetto che non trova spazio. Anzi Il dipartimento è impegnato in attività educative verso gli ospiti dell’SPDC al fine di adattarli alle esigenze della struttura e degli operatori, ai regolamenti interni, nonché alla compliance verso i farmaci, le cure, la presa di coscienza della sua psicopatologia. Quante risorse impiegate impropriamente? Il “discorso” di Mantova e Iseo mette al centro il soggetto, il rispetto della libertà della persona, il non fare azioni che possano pregiudicare l’alleanza e la relazione con la persona. Esso fa leva sulla fiducia nella persona e sulle risorse che può mettere in gioco. In questo “discorso” si coglie la presenza di un “altro” attento che si prende cura della persona, del suo discorso, della sua soggettività; perché c’è bisogno di un altro per sentirsi soggetto, di un altro che mostri un desiderio e un interesse, una gentilezza nel momento di particolare necessità/fragilità. Non si diventa soggetti da soli.
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