di Daniel Sillitti
Potremmo dire che l'uso di droghe è un sintomo. Notiamo però alcune differenze. In primo luogo, non è il consumo a portare qualcuno a chiedere aiuto psicoterapeutico, ma il fallimento di quel che si otteneva con il consumo. In secondo luogo il sintomo si presenta al soggetto come enigmatico, e questo lo fa soffrire. Non sa a cosa corrisponda il suo sintomo, non riesce a capire la causa di quel che lo mette fuori fase. Il sintomo racchiude un godimento sconosciuto al soggetto. Con la droga invece, non è chiaro chi sia il soggetto che si rende conto che qualcosa non va. Di solito è un’idea che proviene da altro. Le cose non vanno, ma per l'altro. Forse potremmo dedurne che il tossicodipendente stesso è un sintomo, è lui la presenza di un disagio, la sua impronta lascia intravedere il disagio della civiltà. Se si può dire che il tossicodipendente è un sintomo, non è lo stesso per il consumo di sostanze, dato che non si interroga sul consumo, e non si interroga perché per lui su questo non vi è nessun enigma. C’è piuttosto una certezza, la certezza di un godimento che, lungi dall'essere sconosciuto, si presenta come quel che vi è di più sicuro. Bisogna notare che il fallimento della droga è ciò che apre la possibilità che tra le pieghe di ciò di cui si gode, sorga il soggetto, e quindi la possibilità di un'analisi. Si apra cioè quella mancanza d’essere che la droga come oggetto può otturare la maggior parte delle volte in modo efficace. Fonte: Daniel Sillitti, Ernesto Sinatra y Mauricio Tarrab. La droga: ¿objeto? , perteneciente al libro “Más allá de las Drogas”. 2000. Serie: Sujeto, goce y modernidad. Editorial Plural-La Paz-Bolivia. P.p 116.
0 Comments
Leave a Reply. |
Marco Focchi riceve in
viale Gran Sasso 28, 20131 Milano tel. 022665651. Possibilità di colloqui in inglese, francese, spagnolo. Archivi
Agosto 2024
Categorie
|