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12/4/2020

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Florencia F. C. Shanahan
Psicoanalista membro dell'AMP (NLS)


Non penso che l'analisi sia un puzzle, ma piuttosto un mosaico, fatto non di pezzi preesistenti per i quali ci sarebbe un posto predeterminato e la cui disposizione darebbe una buona-forma -totale, ma di pezzi, tessere che si intagliano man mano, trovando, scartando o attingendo dall'altro nel transfert, componendo un quadro che non si completa, anche se si porta a termine.

Proverò quindi a dire alcune cose. A volte possono essere contraddittorie. Non risolvono nessuna domanda generale. Né, credo, si prestano a qualche deduzione. Sono brevi frammenti che emergono nel tempo di elaborazione in cui mi trovo. Troveranno un posto nel mosaico che continua a farsi dopo la passe.
Il mio primo analista non ha mai preso i miei dati: né indirizzo postale, né numero di telefono. Ho spesso fantasticato di sparire e non avrebbe potuto contattarmi, non avrebbe saputo dove cercarmi, si sarebbe chiesto se fossi morta. Per quasi otto anni ho religiosamente fatto sedute a tempo predeterminato. Stavo a tre isolati da dove viveva. Le sedute duravano quarantacinque minuti. Era un quadro ritualizzato che alimentava il mio super-io già eccessivo e mortificava il mio corpo. Il silenzio e l'immobilità dell'analista spesso mi lasciavano in balia del silenzio delle pulsioni di cui mi rendeva partner. Ho imparato lì che il senso non si nutre solo di parole.
L'analista che mi ha permesso di uscirne, e di trovare una fine logica all'esperienza dell'inconscio di cui sono soggetto, si muoveva invece molto. Parlava anche molto poco. Spostava però continuamente il proprio corpo. Tagliava freneticamente pezzi di carta, o digitava battendo con forza sulla tastiera. Rispondeva alle chiamate durante le sedute, e a volte borbottava qualcosa. Lì ho imparato che il silenzio non era dell'Altro.
Avrei potuto continuare a vivere se non mi avesse quotidianamente assistito per telefono quando mia madre e mio fratello sono morti inaspettatamente? Non lo so.
Avrei potuto fare l’incontro giusto con il buco se non mi avesse assistito su Skype, sostenendo lo sguardo sullo schermo, ogni giorno, per più di un mese, mentre traversavo l'angoscia più radicale al tempo della destituzione soggettiva che ha aperto la via  alla conclusione? Non credo.
Tuttavia, credo che la mia analisi non avrebbe potuto concludersi se fosse stata solo "virtuale". Soprattutto per via del fatto che l'impulso all’uscita è nato, come ho raccontato nella mia prima testimonianza di passe, nel momento in cui ho lasciato l'accendino sul divano. Questo sicuramente non avrebbe potuto accadere in una seduta telefonica o tramite videochiamata. Quell’oggetto da nulla lasciato indietro dà impulso all'urgenza che mi fa prendere un aereo per tornare, e apre la porta dell'ultima seduta. La voce come oggetto, come è entrata in gioco nella mia analisi – nella sua estrazione e nella sua incorporazione – non è affatto la voce della comunicazione. Su questo proverò a proporre qualcosa nel mio prossimo scritto.
Senza dubbio la pratica online o per telefono esiste. È un dato di fatto. Qual è il suo statuto? Le domande che nascono da qui riguardano la psicoanalisi in quanto tale e non solo con le circostanze attuali che stiamo affrontando.
Penso si tratti soprattutto di trovare posizioni nell'enunciazione che vadano nel senso di ciò che Lacan chiamava il dire-bene, e contro le posizioni che la nevrosi è sempre pronta a nutrire: cercare spiegazioni per quel che uno fa o non fa; tentare di ottenere la ratifica dall'Altro per ciò che uno fa o tralascia di fare; spingere a forza i perni nei fori per adattare il reale alla realtà .
Si tratta di non precipitarsi a dire cos'è la psicoanalisi e cosa non lo è, ignorando l’implicazione del desiderio singolare che sta alla base di ogni atto e che, come tale, non ha alcuna garanzia. Si tratta di non sostenersi sulla tradizione, sui significanti congelati che stanno in bocca dell’autorità, o sul sapere morto del già detto, illudendosi di proteggere la psicoanalisi da un suo fantasmatizzato degrado.
Evidentemente, quando si tratta di giustificare la propria pratica come mezzo di sussistenza, o la sua permanenza nel mercato come un’ulteriore oggetto offerto al consumo, il problema è un altro. E riguarda la formazione dell’analista.

Traduzione di Marco Focchi
fonte: zadigespana.com, 11 aprile 2020
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