![]() Intervento alle Giornate di presentazione della rivista L’interrogant, tenutesi presso l’Ayuntamento de Nou Barris, il 24 novembre 2006 di Hebe Tizio, psicoanalista, membro della Escuela Lacaniana de Psicanalisis, docente presso l’UAB Alcuni spunti di riflessione Il campo della Salute Mentale si fonda su un’esclusione. È impossibile costituire l’ambito della salute mentale al di là del suo enunciato come diritto tutelato dalla leggi vigenti. Il Comitato di Salute Mentale dell’OMS può tentare una definizione: "La salute mentale consiste nel godere del miglior stato di salute che si possa ottenere, è uno dei diritti fondamentali e inalienabili di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione, ideologia politica, condizione economica e sociale.” Non avendo tuttavia un proprio corpo concettuale, quella che viene chiamata salute mentale si alimenta di contenuti diversi, in molti casi ideologici, che la trasformano in una categoria dell’ordine pubblico. Questo è particolarmente evidente nel trattamento dell'infanzia e dell’adolescenza.
Questo campo è organizzato intorno a un’esclusione. Il termine salute mentale viene utilizzato in effetti al posto che occupavano malattie mentali, più esplicitamente mi riferisco alla follia, e alla perdita della clinica psichiatrica classica. La differenziazione tra nevrosi e psicosi è stata ridotta a semplici aggettivi. In questo processo di esclusione è rimasto fuori quel che è specifico del soggetto. Non possiamo ignorare l'importanza della rete di salute mentale, e a partire da qui si rende necessario vedere quale discorso si fa risuonare in questo vuoto. 2. Un sistema di classificazione maschera il vuoto. Ciò che guida l'azione nel campo della salute mentale è il DSM. Basta leggere con attenzione il DSM per vedere su quali basi si regge questo sistema di classificazione che ha colonizzato tutto. Le classificazioni non sono innocenti. Infatti, se nel 1840 veniva in primo piano la necessità di classificare per ottenere delle informazioni statistiche e redigere un registro di frequenza nelle categorie idiozia-follia, nel 1880 vengono stabilite sette categorie: mania, malinconia, paresi, demenza, dipsomania, epilessia. Nel 1917, in considerazione della prima guerra, le classificazioni si concentrano sulla distinzione tra malattie psichiatriche e neurologiche gravi. Successivamente, l'esercito americano ha introdotto una nomenclatura più ampia per inglobare i pazienti reduci dalla Seconda Guerra Mondiale. Oggi si lavora sui disturbi. Questo dimostra tuttavia il vuoto su cui si sostiene il sistema, si afferma che "non esiste una definizione in grado di specificare adeguatamente i limiti del concetto ..." Si parla diffusamente di una sindrome o di un modello comportamentale o psicologico diffusa di importanza clinica che appare associato a un disagio, ecc. E si dice che qualunque sia la causa deve essere visto come una disfunzione. Quando si afferma che la salute mentale è sempre più uno strumento di controllo sociale, significa che se non si include la dimensione del soggetto, è l'Altro che determina la linea di condotta da seguire, per mezzo di protocolli che portano omogeneizzazione. Si ha a che fare così con un "utente" che ha una “disfunzione”, per la quale si somministra un trattamento già pronto, progettato altrove. 3. La differenza disturbo-sintomo Diversamente dal disturbo, il sintomo della malattia include la supposizione di una causa, l'introduzione del soggetto e la dimensione dell’Altro a cui si rivolge, cioè la traslazione. Prendere in considerazione la soggettività permette altri margini di efficacia, perché mette in primo piano la responsabilità, il che significa che per il disagio in gioco si può offrire un trattamento, e che il disagio può essere elaborato con un guadagno di sapere per il soggetto. Non si tratta di un Altro che applica un trattamento prefissato, bensì di un Altro che può sostenere una traslazione per estrarre la particolarità del sintomo o per aiutare a costruirlo. Quest'ultimo aspetto è fondamentale e caratterizza la clinica attuale, dove sono frequenti i passaggi all'atto. Aiutare a costruire un sintomo è molto importante nei casi in cui sembra non esserci la domanda e, se questo non viene fatto, si perde il paziente, che non trova un punto d’aggancio per potere elaborare quel che gli accade. Sicuramente il farmaco è utile in molti casi, ma è ben noto che non può bastare da solo, e si inscrive in un rapporto con l’Altro. Ed è questa relazione che solitamente fallisce, motivo per cui è in aumento il numero di psicotici che si affidano a visite in studi privati cercando la possibilità di parlare, perché conoscono a sufficienza l’utilizzo dei farmaci, sanno come e quando usarli e a chi ricorrere per ottenerli. Il famoso tema dell’assenso alla cura e al farmaco, non può essere compreso senza la traslazione, dal momento che funziona anche se concettualmente non la si registra. 4. La perdita della clinica e la repressione. Oggi assistiamo al fallimento di molti trattamenti orientati a partire dalle premesse delle politiche neoliberiste. L'efficienza, l'efficacia, la redditività, la valutazione… sono i significanti di moda. I protocolli sono le nuove forme di controllo sociale, e sono un controllo esercitato su due fronti, perché controllano il soggetto e il professionista che, se non soddisfa i criteri di omogeneizzazione, può essere accusato di pratica illecita. Vi è con questo una perdita della pratica professionale, che comporta una perdita di traslazione. Bisogna dire che questo problema si pone in tutte le reti di attenzione, di salute, educative, ecc. Una delle ragioni della violenza che sembra invadere il legame sociale è legata a questo aspetto. La perdita del ruolo dei professionisti e la cancellazione della dimensione del soggetto dietro il cosiddetto utente genera una traslazione negativa. Perché? Perché i sintomi non possono essere affrontati in modo diretto, ricorrendo a sermoni morali o a normative, e non possono essere curati automaticamente. La risposta soggettiva è il rifiuto, e può trovare diverse espressioni, in questo modo il paziente diventa la roccia dura creata dal servizio stesso e sulla quale si inciampa ogni giorno. Bisogna sapere che ciò che cade fuori dalla rete della salute mentale avrà, in generale, un destino di repressione, vale a dire che imboccherà la via giudiziaria venendo collocato nella vecchia categoria di "pericolosità sociale". 5. La particolarità del campo dell'infanzia e dell’adolescenza Questo settore è sempre stato carente di protezione, quindi certi limiti funzionanti nel trattamento degli adulti non sono stati rispettati con i bambini e gli adolescenti. Per citarne alcuni: - Quando si fanno categorizzazioni come il precrimine in nome di una presunta prevenzione, viene violata la presunzione di innocenza garantita dalla Costituzione. L’utilizzo della diagnosi psicologica di tipo disturbo antisociale – che si considera iniziato durante l’infanzia – compromette il futuro del soggetto, in quanto i comportamenti antisociali degli adulti hanno origine proprio durante l’infanzia. Il trattamento obbligatorio in risposta alla richiesta avanzata da parte dei genitori o degli insegnanti, condotto senza ascoltare la domanda del bambino, che molto spesso è assolutamente diversa. L’utilizzo di categorie collettivizzanti. Si è forse messa in discussione l’”epidemia" dei disturbi da iperattività? Molti disturbi sono orientati in un orizzonte normativo, senza considerare le sfumature e le differenze, vale a dire che si fanno standard normativi anziché diagnosi cliniche. Poiché si ritiene che i bambini e gli adolescenti siano in una fase di formazione, allo stato attuale il fulcro è sempre più posto nel trattamento “di correzione". Di fronte alle difficoltà esistenti, sempre più ci si rivolge a trattamenti autoritari. In Francia, Sarkozy sostiene che: "La pena è il miglior strumento di prevenzione”; in Inghilterra Blair impone, alle famiglie dove vivono bambini e ragazzi in difficoltà, delle super-bambinaie altamente specializzate. I "colpevoli" di assenteismo scolastico saranno schedati e verranno utilizzate le informazioni riservate fornite da educatori e assistenti sociali. Si tratta di un coinvolgimento diretto dello Stato nella famiglia e di un ritorno a modalità su cui Foucault aveva lavorato in “Sorvegliare e punire”. Così molti dei problemi che erano demandati alla rete di Salute Mentale saranno affrontati direttamente con terapie correttive e permanenze in istituzioni chiuse. 6. Breve conclusione Se mi sono permessa di delineare una prospettiva critica, non è perché sia pessimista, ma perché penso che, come ho detto all'inizio, le possibilità si aprono in base a come viene formulato il discorso. Un esempio molto diverso da quelli segnalati è il lavoro di psicoanalisi applicata realizzato nella Fundacion Nou Barris, che è alla portata di tutti nella rivista L'interrogant. Qui si vede come si possa essere veramente efficaci applicando il discorso analitico, che consente di reintrodurre la dimensione del soggetto, mostrando diversi modi per affrontare le patologie più gravi, dando consulenza ai professionisti e sostenendo una produzione concreta. Traduzione di Francesca Ferrarini
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"Jurisprudential Evolution: Unraveling the Transformative Journey of Legal Thought"
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