di Carole Dewambrechies Lacan, nel Seminario “L’identificazione", valorizza le "Cronache marziane” di Ray Bradbury, libro pubblicato nel 1950 presso l’editore Doubleday, insieme a “I fondamenti dell’aritmetica” di Gottlob Frege. Ho scelto un altro autore di fantascienza, pubblicato anch’egli da Doubleday nel 1977, per introdurre la questione del reale del sintomo nel XXI secolo. L’autore è Philip. K. Dick, e il libro è “Un oscuro scrutare”, pubblicato in italiano da Fanucci. Dick inizia a scrivere il libro nel 1973, e gli ci vorranno quattro anni per concluderlo. Confessa che è stato il primo lavoro la cui stesura è avvenuta without speed, cioè senza l’aiuto delle anfetamine. Aveva appena terminato una cura disintossicante. "Bob Arctor, il personaggio principale del romanzo, è un dipendente della Blue Chip Stamp Redemption Center di Placentia, dove, secondo i suoi amici, fabbrica timbri. In realtà si chiama però Fred, ed è un agente segreto incaricato di trovare i più grandi venditori di “sostanza morta”, una droga che distrugge il cervello.
In questo modo deve infiltrarsi nel giro. Vive poi in un tugurio con Ernie Luckman e Jim Barris, la cui principale preoccupazione è quella di procurarsi la droga. “Siamo felici quando sappiamo di avere le compresse.” Fred, come i suoi superiori, indossa un abito variegato. Un abito variegato è un abito fatto di immagini, frammenti di diversi individui che cambiano continuamente, e che impedisce ogni possibilità di identificazione, giacché chi indossa l’abito variegato diventa quasi una sorta di indecifrabile ghirigoro. Lui è quello che deve spiare proprio Arctor, che potrebbe essere coinvolto nel traffico di informazioni. Watergate, tra il 1972 e il 1974, è al suo apice. Le molteplici identità, intercambiabili, i tratti dissimulati da una permuta frenetica, la scissione tra vedere ed essere visti, sono correlati nel romanzo con quel che potremmo chiamare, più che il declino del Nome del Padre, l’oblio del nome proprio, fattore in qualche modo costitutivo della psiche di chi assume sostanze. Questo aspetto è presentato all'inizio del romanzo: mentre Charles Freck lascia il suo partner Jack Fabin con una versione aggravata della sindrome di Ekbom legata alla sua dipendenza, per cercare la “sostanza morta”, è preso improvvisamente da una rappresentazione angosciosa chiamata “sequenza fittizia”. A partire dagli anni '70 è la società che diventa dipendente. Per effetto del discorso capitalista la dipendenza diventa, man mano che cadono gli ideali del successo, il legame privilegiato con l'oggetto. Jacques-Alain Miller lo ha sostenuto in una recente intervista alla rivista Le Point: il modello generalizzato di vita quotidiana del XXI secolo è la dipendenza. L’uno da solo gode della propria droga. Nella conferenza a Milano, che precede di poco la pubblicazione del romanzo di Dick, Lacan dice: non si tratta di sostenere che il discorso capitalista è debole, perché invece è straordinariamente furbo, non è vero? È straordinariamente furbo, ma destinato ad esplodere, basta che funzioni a dovere, non può funzionare meglio, ma funziona molto velocemente, così si consuma, si consuma fino a estinguersi. Basta uno sguardo per cogliere la narrazione di questa società di tossicodipendenti che cercano la propria rovina, che consumano la vita consumando la propria materia grigia. L'abuso di droga non è una malattia. Si tratta di una decisione simile a quella di attraversare la strada quando un’auto passa a tutta velocità, dicono gli psicoanalisti e neuroscienziati François Ansermet e Pierre Magistretti. Anche il discorso capitalista però passa a tutta velocità, e la scelta, nel XXI secolo, si presenta come forzata. La compressa è il partner-sintomo privilegiato. È interessante vedere come il romanzo sottolinei che non si tratta di una ricerca frenetica del godimento, di una ricerca del plusgodimento, ma al contrario di un processo che deve ripetersi continuamente perché cessi il dispiacere. Il tossico ottiene un'identificazione rispondendo alle domande: chi sono? Da dove vengo? Qual è il mio destino? Mentre al tempo stesso accentua e aggrava la disidentificazione. Lo mostra chiaramente la scena di Freck che mostra come, essendo fermati dalla polizia, dire il proprio nome è il solo per evitare problemi. Ansermet e Magistretti sostengono che nella tossicodipendenza gli adattamenti a lungo termine si formano sulla base di meccanismi di tolleranza e dipendenza che fan passare da un comportamento impulsivo a uno compulsivo. Vale a dire: la scarica di eccitazione che inizialmente produce piacere, con il tempo svanisce, mentre il dispiacere si amplifica. Il corpo dickiano è liquido, può essere identificato solo attraverso la sostanza. In “Confessioni di un artista di merda” è descritto il rapporto con il corpo di Jack Isidore: sono costituito d’acqua. Non si capisce perché la trattenga. I miei amici sono come me. Tutti. Dobbiamo evitare che il pavimento ci assorba quando ci passiamo, anche se dobbiamo guadagnarci la vita. Ma peggio ancora: non ci si sente a casa da nessuna parte. Per questo corpo liquido che non ha alcuna identificazione, sottoposto a una permuta d’immagini del corpo e al quale è impedito di fissarsi in una che sia unica, la sostanza non costituisce forse un punto fisso? La sostanza morta è il punto intorno al quale gira la vita, al di là di quel che il soggetto possa sapere o di quel che possa apparirgli. Non c'è bisogno del Nome del Padre, non c'è bisogno di immagini o di ideale. La compressa è tutto quel che occorre e basta sapere che la si possiede. Questa è la felicità. Arctor è finito. I suoi disturbi di memoria sono sempre più gravi. Quando Fred dimentica di essere Bob dubita anche della sua attività. Lo dimostrano i test a cui la polizia lo sottopone in qualità di agente: con l'uso della sostanza morta sono andate distrutte le connessioni tra emisfero destro e sinistro . Poiché è probabile che le lesioni siano irreversibili, Arctor va in un centro di riabilitazione per un tempo illimitato. Ne approfitta per domandare agli psicologi come dovrebbe fare con la donna che ama. Perché non sa cosa fare. Lo psicologo dice: regalale dei fiori, quei bei fiori che si trovano ormai dappertutto. Nel centro di disintossicazione si tratta anche di separare il soggetto dalle sue identificazioni (questa volta come tossicodipendente). Si toglie i vestiti, si cambia il nome. D'ora in poi Arctor sarà Bruce. Dopo pochi mesi verrà inviato in una fattoria per coltivare piante. Così trova, nascosto tra le spighe di mais, la pianta del fiore blu. Trova enormi quantità di fiori blu. Ma questo fiore è quello che permette la sintesi duella sostanza morta. Arctor la raccoglie, di nascosto dalle guardie, se la infila nella scarpa per poterla dare ai suoi amici il giorno in cui potrà uscire. Non sarà la sostanza, per il soggetto disidentificato del XXI secolo, a dare il punto fisso di ancoraggio alla pulsione e a un corpo, anche se questo corpo si consuma preso dall’Altro, dai suoi calcoli e dalle sue produzioni? Non è degno di nota che ci sia dipendenza solo da quel che produce l'Altro? È quel che mostra Dick, che conosceva il problema molto bene, e che ne ha fatto il centro della società dei consumi attuale e di quella a venire. Quella di Philip Dick è la finzione che presentifica il reale del secolo.
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