di Tori Rodriguez Il "disturbo ipersessuale" stava per essere aggiunto al DSM-V, la controversa quinta edizione del manuale diagnostico psichiatrico uscito all'inizio di quest'anno. Si tratta del termine ufficiale per ciò che è a volte indicato come "dipendenza dal sesso". Anche se non può essere ufficialmente riconosciuta come un disturbo, l’ipersessualità o sessuodipendenza, chiamatela come vi pare – viene abitualmente attribuita al lato maschile. Il divario è notevole e importante. I sessuodipendenti rappresentati nel mondo della finzione, come quelli che si sono visti nella serie Desperate Housewives, nel recente film Shame e in Thanks for Sharing, sono quasi sempre uomini. Forse allora non stupisce che la ricerca sulla sessuodipendenza tra le donne sia piuttosto scarsa. Uno dei pochi studi incentrati in particolare sulla sessuodipendenza femminile è stato pubblicato proprio l’anno scorso, e ha mostrato alcuni risultati sorprendenti. Tra questi questi uno che colpisce in particolari modo è che l'esposizione alla pornografia in età infantile è un forte indicatore che lascia prevedere un comportamento ipersessuale con probabilità maggiore che non l’abuso sessuale infantile. Prima di questo studio, uno precedente che aveva incluso le donne – realizzato nel 2003 per confrontare i tassi di sessuodipendenza tra i maschi e le femmine in un campus universitario – ha rivelato che in realtà le donne sono ricadute nella classificazione "richiede ulteriore valutazione" e "categoria a rischio " in misura doppia rispetto agli uomini. Ma non avrete nessuna difficoltà a trovare anche ricerche sul desiderio sessuale femminile ipoattivo, conosciuto anche come "bassa tensione sessuale", il che rispecchia perfettamente le norme sociali del sesso, ovvero l’idea che gli uomini vorrebbero farlo sempre e le donne mai. "Solo recentemente abbiamo sviluppato uno standard di cura per la sessuodipendenza femminile, anche se l’abbiamo curata per più di vent’anni”.
È come se il doppio standard e lo stigma sessuale sulla sessualità femminile si fossero trasmessi alla scienza, producendo un grosso punto cieco nella ricerca sulla dipendenza dal sesso. Quasi tutta la ricerca è stata così condotta su uomini, mentre la sessuodipendenza femminile è stata in gran parte ignorata. Non però dai clinici, che l’hanno avuta in cura per decenni. Linda Hudson è una consulente professionale ed è ex presidente della “Società per la promozione della salute sessuale”. Ha lavorato con donne sessuodipendenti per più di vent’anni, e insieme ad alcune altre terapeute ha recentemente pubblicato il primo libro che presenta un trattamento mirato per i terapeuti impegnati con la sessuodipendenza femminile dal titolo: Making Advances: A Comprehensive Guide for Treating Sex and Love Addicts. "So che è difficile credere che non ci sia stata molta ricerca su questo, ma solo recentemente abbiamo sviluppato uno standard di cura per la sessuodipendenza femminile, anche se è da più di vent’anni che trattiamo donne sessuodipendenti", dice Linda Hudson. Anche se i clinici della salute mentale hanno iniziato a usare il Sexual Addiction Screening Tool nel 1988, i ricercatori non ne hanno sviluppato una versione soddisfacente per valutare la dipendenza dal sesso nelle donne fino al 2010. Il doppio standard, secondo Elizabeth Edge – psicoterapeuta di Atlanta che si è occupata di sessuodipendenza dal 2003 – si estende anche ai centri di trattamento. La dott.ssa Edge dice di aver inizialmente lavorato solo con uomini che stavano lottando contro la compulsività sessuale "perché l'atmosfera in cui ho operato rispecchiava la convinzione sociale che le donne non avessero problemi con il sesso", anche se le cose hanno cominciato a cambiare con le generazioni più giovani. Con la proliferazione del porno i terapeuti si stanno innanzi tutto rendendo conto che le donne sono "agganciate visivamente" (altamente sensibili alle immagini erotiche), mentre in precedenza si pensava che questa fosse una caratteristica esclusivamente maschile La dott.ssa Edge propone per dipendenza dal sesso le seguenti definizioni: " Patrick Carnes, fondatore e figura di spicco nel settore, afferma che la dipendenza dal sesso è un rapporto patologico con un umore che altera l’esperienza. Kelly McDaniel, terapeuta della dipendenza dal sesso, che ha scritto un libro importante per le donne: “Pronte a guarire”, definisce la dipendenza dal sesso e dall’amore come una malattia della solitudine, alimentata dalla vergogna e dalla disperazione. Si tratta di una coazione che spinge a utilizzare le relazioni sentimentali, le persone, e la sessualità per sentirsi vivi." I sessuodipendenti non sono agganciati solo dall'atto in sé, che spesso, in realtà, è solo un aspetto parziale della dipendenza, ma da tutti gli aspetti che lo circondano: la preparazione, le fantasie, l’anticipazione, l’eccitazione, il sollievo, perfino la vergogna, il senso di colpa e il reiterato proposito di "fare meglio”. Ecco perché quella sessuale è considerata una dipendenza da un processo: ogni fase del ciclo offre ricompense neurochimiche ed emotive che possono essere irresistibili come in altre dipendenze. La dott.ssa Hudson aggiunge: "Le componenti di ogni dipendenza includono: un modello compulsivo di utilizzo, perdita di controllo, uso continuato anche di fronte alle conseguenze negative”. Molti, sentendo parlare di dipendenza dal sesso, comprensibilmente immaginano che significhi dipendenza dal rapporto stesso, e riesce loro difficile credere che la dipendenza dal sesso sia qualcosa di reale, e a maggior ragione riesce difficile pensarla come qualcosa contro la quale le donne potrebbero lottare. "Le donne spesso si vergognano di identificare il loro problema come dipendenza dal sesso, o è anche possibile non si rendano conto che si tratti di questo, e preferiscano chiamarla “dipendenza dall’amore”, o “dipendenza dal rapporto”. " C'è generalmente un forte stigma culturale sulla sessuodipendenza, soprattutto quando riguarda le donne", dice la dott.ssa Edge. "Gli uomini con un’intensa attività sessuale o con molte partner sono rispettati, ma lo stesso non per vale le donne", e questo porta le donne a sviluppare un maggior senso di vergogna sulla sessuodipendenza. Quando le donne si convincono a chiedere aiuto, spesso sono troppo schiacciate dalla vergogna per identificare il loro problema come dipendenza dal sesso, o è anche possibile non si rendano conto che si tratta di questo, e la definiscono allora come "dipendenza dall’amore" o "dipendenza dal rapporto”. In realtà queste altre forme di dipendenza spesso si manifestano insieme alla dipendenza dal sesso. Sono comunque tutte etichette che il più delle volte risultano imprecise per descrivere l'esperienza effettiva di una donna. La dott.ssa Edge dice che, almeno all’inizio, le etichette non sono importanti nella misura in cui una donna ha riconosciuto che la sua vita è diventata ingestibile ed è pronta a farsi aiutare. Essendo però i terapeuti sensibili agli stessi pregiudizi del resto della società, il potenziale dell’ipersessualità femminile resta spesso fuori dalla loro consapevolezza o dalla sfera in cui si sentono la sicuro, e può quindi essere difficile per loro riconoscere la dipendenza dal sesso in pazienti di sesso femminile o possono non sapere come aiutarle. Quella è stata l'esperienza di Alison. Diversamente da molte altre donne che incontrava presso il Sex and Love Addicts Anonymous, Alison non ha mai avuto problemi a identificarsi come sessuodipendente. Non ricorda di aver mai pensato ci fosse qualcosa che non andava in lei. Il suo corpo ha iniziato a svilupparsi con una pubertà precoce, e ha cominciato a sentirsi circondata dalle attenzioni di uomini più anziani. Allo stesso tempo, la madre stava a sua volta vivendo un "risveglio sessuale", dice Alison, e ricorda di aver adottato alcuni comportamenti della madre, come vestirsi e agire in modo provocante. Poi, aggiunge: " Già alle medie ho cominciato ad avere un fidanzato dopo l'altro, fino a quando ho scaricato l'ultimo. Al liceo ho iniziato a tradire i miei fidanzati, ed è stato un modello che ho ripetuto fino a quando mi sono ricoverata". Dopo un periodo di quattro anni di astinenza da questo tipo da comportamenti, Alison ha iniziato un nuovo lavoro, dove ha incontrato un collega con il quale ha intrecciato un rapporto inadeguato. “Pensando di essere innamorata di questa persona ho iniziato ad allontanarmi da mio marito, ma la mia terapeuta mi ha detto che quel che le raccontavo dei miei rapporti era al di fuori della sua sfera di competenza", ricorda. Dopo aver acquistato il libro di Charlotte S. Kasl “Donne, sesso e dipendenza: una ricerca dell’amore e del potere”, essendosi identificata con molte delle storie che vi ha trovato, Alison ha iniziato a frequentare un gruppo di per dipendenti dal sesso il cui percorso era studiato in dodici passi. Un membro del gruppo ha parlato del suo caso a Linda Hudson, e ha iniziato un trattamento con lei. Nella sua fase più intensa, durante il ricovero, per Alison erano previste una o due sedute individuali di terapia la settimana, una seduta di terapia di gruppo, da tre a cinque incontri con il gruppo dei dodici passi, diverse telefonate quotidiane con il suo tutore e con i suoi pari, l’impegno di tenere un diario, un certo numero di letture, un tempo di preghiera e uno di meditazione. Valuta di aver speso sedicimila dollari per un anno di ricovero, ma dice: "Ne è valsa la pena. Ed è una cifra fiscalmente deducibile”. Le cose però hanno dovuto andare molto peggio, prima di cominciare a migliorare. “I miei agiti sono davvero cessati, anche dopo un anno dal ricovero", dice, ma è grata per il modo in cui va la sua vita adesso. A tre anni dal ricovero, ora è in congedo di maternità per il suo primo figlio, e si sente fortunata per essere stata in grado di salvare il suo matrimonio. Si mantiene sessualmente sobria “cercando di non attraversare la linea di fondo, che è di non avere contatti sessuali al di fuori del mio matrimonio." Ogni sessuodipendente dà una definizione diversa di sobrietà sessuale, a seconda della natura del suo disturbo. La sobrietà sessuale è tuttavia generalmente intesa come l’astenersi dal varcare una linea di fondo che consiste in comportamenti sessuali problematici per il sessuodipendente, e non necessariamente come la totale astinenza dal sesso. "Come uno squalo, che deve costantemente nuotare per rimanere in vita, vorrei passare da una relazione all'altra, da una festa all'altra, da una gravidanza all’altra.” Mentre Alison non ritiene di essere stata sessualmente abusata in giovane età, la stessa cosa non vale per molte tra le altre donne sessuodipendenti che lei ha incontrato, come Jenna, un’appassionata di corsa, praticante di yoga, ex modella, sulla quarantina. Il patrigno di Jenna cominciò a molestarla quando aveva nove anni, facendole vivere molti anni di segretezza e di vergogna riguardo ai comportamenti sessuali. Anche se non lo riconobbe fino a molto avanti, si rese alla fine conto di essere stata depressa e ansiosa già dalla prima infanzia, e ricorda" di aver usato tutto quello che avevo a mia disposizione per cercare di proteggermi dal sentirmi male". "Come uno squalo che deve costantemente nuotare per rimanere in vita, vorrei passare da una relazione all'altra, da una festa all'altra, da un lavoro all'altro, di città in città, da una gravidanza all’altra, cambiando continuamente casa, in cerca del luogo in grado di farmi sentire di nuovo, come una volta, una bambina al sicuro." Pur avendo inizialmente resistito ad attribuirsi l'etichetta di "sessuodipendente" – non riusciva nemmeno a pronunciare quella parola – Jenna oggi si riconosce come dipendente dal sesso, dall'amore, e dalle relazioni, e prova sollievo nell’ammetterlo. Mi spiega di essere stata dipendente dall’"intrigo", sempre in cerca di uomini che l’ammirassero e le prestassero attenzione. Non le pare che il doppio standard sessuale la toccasse, giacché si "identificava come sessualmente potente, e agiva più o meno come i sessuodipendenti maschi." La sua vita è stata comunque piena di bugie. "So che nel vicinato sembravo una tenera mammina," dice ,"ma in realtà ero una professionista che faceva la dominatrice." Jenna ha praticato il massaggio sensuale, e ha avuto "incontri con uomini ai quali piaceva essere dominati." "So che quando lo facevo ero già sposata, ma lo stavo davvero tradendo." Ne hanno sofferto la sua autostima, la salute, i genitori, il matrimonio e le amicizie. Alla fine, ricorda, “ho toccato il fondo ... quando ho capito che non potevo più sopportare di fare massaggio sensuale, e ho lasciato la torta che consisteva in un giro d’affari a sei cifre, dicendo basta al lavoro con il sesso.” Ha iniziato a guardarsi intorno, ha trovato il Sex and Love Addicts Anonymous, ed è riuscita a vivere sobriamente per cinque anni. Per Jenna, sobrietà significa non tradire il marito, o addirittura non avere "storie sentimentali." Lei e il marito sono stati insieme per otto anni (sono sposati quasi da tre), e Jenna e i figli crescono felicemente. È ormai diventata una assistente diplomata che aiuta altre donne alle prese con problemi di relazione e con scelte di carriera difficili, come "ballerine, accompagnatrici, ecc , che vogliono cambiar mestiere.” "Quando ripenso a da dove vengo, mi sembra un miracolo" dice. Fonte: The Atlantic, 19 novembre 2013
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