di Luis Darío Salamone Era un cavaliere dell’Ordine imperiale di Lorena e di Germania. Nessuno era pari a lui, le sue parole non erano arroganti, né vuote, né rudi. Le fanciulle lo amavano, ma non ne prendeva in considerazione nessuna. Aveva un corpo armonioso, ma era più coraggioso che bello. Come un cavaliere deve essere. Cupido scoccò la sua freccia e si innamorò del dolce nome di una Dama della quale aveva sentito parlare, senza averla mai vista. Ogni notte sognava che lei dormiva al suo fianco e che l’abbracciava. Al risveglio però la sua gioia svaniva, la cercava invano nel letto, mentre un fortissimo ardore si impadroniva del suo corpo.
Un giorno decise di andare a incontrarla. Arrivato al castello, dopo aver visto la sua Dama, fu certo che nessuna era più bella di lei. Iniziò a corteggiarla. Lei gli chiese: “Cosa desideri cavaliere?" “Te, che hai su di me più potere di qualsiasi altra donna al mondo.” “Non ci conosciamo. Quel che dici sembra una burla. Ho comunque già un Signore, e molto nobile. Ti chiedo di rinunciare.” “Ti prego, non mi ignorare. Mi stai uccidendo….” In un batter d’occhio si sfilò l’anello per metterlo al dito di lei che, assorta nei suoi pensieri, non se n’era accorta. Il cavaliere se ne andò, e lei si lamentò di come si fosse allontanato tanto facilmente; finche si vide al dito l’anello. Dopo la prima sorpresa diede ordine al suo servo di cercarlo e di condurglielo. Il cavaliere ritornò entusiasta, non si aspettava di essere di nuovo respinto. La dama pensò che se avesse rifiutato di riprendere l’anello lo avrebbe gettato non in mezzo alla strada, ma dove non avrebbe potuto ritrovarlo, per esempio nel pozzo del giardino. Aspettò il cavaliere a fianco del pozzo. Quando questi arrivò, iniziarono di nuovo a tergiversare sull’anello. Lui non lo riprendeva, lei non lo voleva. Lei disse allora: “Se e vero che mi ami, devi riprendere l’anello”. Il cavaliere si vide così costretto ad accettarlo. Aveva pronta però un’altra sorpresa. “Non infilerò l’anello, ma lo darò alla tua dolce amica, che amo più di te”. Lei non vedeva nessun altra intorno. Lui prese l’anello e lo gettò nell’acqua cristallina del pozzo dove brillava, come riflesso, l’ombra della donna amata. L’immagine riflessa non potè rifiutarlo. L’acqua tremula, cadendovi l’anello, si agitò, e l’ombra della donna si disfece. L’anello rifiutato dalla Dama, fu gettato alla sua ombra, ma cadendo nell’acqua, questa svanì. Preziosa metafora questa per mostrare che il cavaliere, più che a una donna, si rivolgeva a un vuoto.. Lei rimasse stupita, mai si sarebbe aspettata un simile atto di cortesia, e i suoi occhi ardenti si fissarono su quelli del cavaliere. Bisogna sapersi comportare con cortesia. Le parole di quell’uomo hanno fatto apparire il valore del suo atto. In innumerevole notti di lettura sul tema non ho trovato una storia più bella di questa per mostrare la logica dell’amor cortese, e per trasmetterci quel che Jacques Lacan pensa di un amore che si sostenga eticamente, cioè sul desiderio. Un amore che non sia l’illusione di completare l’Altro, o di esserne completato: di fare uno da due. Piuttosto che si rivolga a un luogo vuoto. Di fronte a questo non c’e né illusione, né speranza, né angoscia, ma il tentativo di sostenere un desiderio manovrando nell’impossibilita di completare l’Altro, facendolo con quel che ciascuno è in grado di inventare. Sapendo che l’impossibile non svanirà. E che l’amore, invece di inabissarsi in quel vuoto, è capace di trasformarlo nello spazio di mediazione che permette l’incontro. Estratto del libro di prossima pubblicazione: El amor a la letra. Fonte del racconto: Lai de l’Ombra, di Jean Renart.
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Agosto 2024
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