di Vicente Palomera
In tempi di incertezza, l'angoscia è certa. L'angoscia è l'unico affetto che non inganna. Sembra di potervi cogliere qualcosa che non si riesce a dire, che eccede il significato e che rifiuta di riconoscere la nostra esistenza come soggetti. L'angoscia è inafferrabile in qualsiasi forma di discorso, si presentata nuda e cruda, senza attributi. Oggi non è un fatto "metafisico", e ancor meno "esistenziale". È stato proposta l'etichetta "attacco di panico", ma sotto questo termine si sono poi confuse l'angoscia, la paura, il panico. Posta tra le emozioni negative, l'angoscia è stata ridotta a "deficit di adattamento del corpo", a "errore di giudizio" o a "inibizione di un processo cognitivo." In breve, si cerca di a sradicare l'angoscia con metodi suggestivi, e anches coercitivi. Per mostrare la relazione che l'angoscia intrattiene con il desiderio, Lacan, nel 1962, ha proposto un racconto di grande efficacia esplicativa. Immaginiamo che un'enorme mantide religiosa ci si avvicini mentre indossiamo una maschera di animale, come si fa nell'Azeri Dantza a Hernani, dove un uomo danza indossando una maschera da volpe. Nell'esempio proposto da Lacan, l'uomo non sa che maschera porta, però sa che se stesse indossando una maschera da maschio della mantide, avrebbe buoni motivi per sentirsi preoccupato. Si vede qui che il limite in cui emerge l'angoscia è sempre collegato a una x, un'incognita. Non è però questa incognita a provocare l'angoscia, ma l'oggetto che noi possiamo essere senza saperlo. Si può quindi dire e dimostrare clinicamente che il desiderio si presenta sempre come una x, come un'incognita e, in secondo luogo, che l'angoscia è collegata all'incertezza rispetto all'identità, al fatto di non sapere l'oggetto che siamo per l'Altro. Immaginiamo ora per un momento che l'uomo della danza veda riflessa nel bulbo oculare della mantide femmina la propria immagine con la maschera della mantide maschio, si capisce allora che il livello di angoscia sarà schiacciante. L'apologo di Lacan ha lo scopo di mostrare che l'incertezza, il fatto di non sapere cosa siamo per l'Altro, è più rassicurante del fatto di saperlo con certezza. L'angoscia ha un rapporto diretto con il desiderio: cosa vuole l'Altro da me? Come mi vuole? Come mi vede? La certezza dell'angoscia può dunque essere atroce e dispotica. Lacan si spinge a dire che "l'angoscia è la paura della paura". Può essere paralizzante ("catatonia del soggetto"), o spingere al passaggio all'atto e, in questo caso, sacrificare, fuggendo, la verità che è in gioco. Lacan ha sempre insegnato a non incorrere in nessun eroismo dell'angoscia, considerava piuttosto si trattasse di disangosciare. Ciascuno dispone di un prisma attraverso il quale vede il proprio mondo, e attraverso il quale vede sia il prossimo sia partner sessuale. Questa prisma lo chiamiamo "fantasma inconscio", ed è la risposta che ciascuno si è forgiato per proteggersi contro l'incognita x che è il desiderio dell'Altro. Diciamo che è una risposta prêt-à-porter, pronta pere essere offerta a quest'Altro per ripararsi dall'angoscia. "Come mi vede? Che cosa vuole l'Altro? " Il fantasma serve per istituire un Altro su misura, per il quale il soggetto saprebbe cosa rappresenta. A volte irrompe però l'imprevisto e questo prisma non basta a garantire l'incontro del soggetto con se stesso. Appare quindi l'angoscia e, a volte, s'innescarsi una nevrosi. Questo innesco avviene sempre nell'incontro del soggetto con la maschera che fa segno di un godimento sconosciuto, diverso da quello che il soggetto credeva di poter dominare. Non è raro che l'emergere dell'angoscia includa una sensazione d'impotenza, d'incapacità di fronteggiare l'evento imprevisto del corpo. Si verifica allora quel che viene comunemente chiamato depressione, che segnala come il fantasma sia scosso, come il soggetto senta di aver fallito e sia dominato da un senso di rinuncia. Come affrontare l'angoscia, come superarla? Se l'angoscia è sempre singolare, cioè quella di un soggetto preso nella sua parola singolare, il modo migliore per affrontarla è pensare che ci sia una causa, dato che l'enigma di fondo dell'angoscia è sempre il desiderio dell'Altro, questa incognita che corre il rischio sparire, di mancare. Se il soggetto non ha più questa bussola si vede ridotto a essere solo un individuo-corpo, senza poter collocare il proprio essere, il proprio desiderio e il proprio godimento in un legame con l'altro. Sorge allora il segnale dell'angoscia come segnale di allarme che avverte di un pericolo incombente. È quindi possibile fare buon uso di questa "angoscia-segnale", dell'angoscia che segnala un pericolo. Possiamo usarlo per attraversare l'altra angoscia, quella che paralizza e inibisce l'atto, l'angoscia che anticipa e respinge la certezza che produrrebbe l'atto. In realtà, è possibile e utile distinguere due stati dell'angoscia. Da un lato c'è un'angoscia costituita, quella che troviamo descritta nei trattati di psicopatologia. Si tratta di un'angoscia senza limiti, quasi labirintica, dove il soggetto sembra condannato a percorrere il cerchio infernale che lo blocca quando dovrebbe passare all'atto. È "un'angoscia di ripetizione" che tende ad andare all'infinito. D'altro lato c'è l'angoscia costituente, cioè un'angoscia produttiva, sottratta alla coscienza, un'angoscia che produce l'oggetto come perduto, come fosse una pagina bianca (cfr. Miquel Bassols, Letture della pagina bianca, 2011). In questo tipo di angoscia si vede che non c'è prima un oggetto e poi la sua perdita, ma che il soggetto si costituisce in quanto tale nella perdita. Questa è l'angoscia che ha portato Romain Gary a dire che "non ci sarebbe creazione senza angoscia", e che "senza l'angoscia non ci sarebbe l'uomo" (Roman Gary, 1976). Abbiamo fatto buon uso di angoscia quando siamo riusciti a fare in modo che il suo segnale non sia oscurato dal modo in cui viene lanciato, e cioè dai fenomeni corporei insopportabili causati dall'angoscia, vale a dire che l'angoscia è produttiva quando riusciamo a far sì che la sua temuta certezza renda possibile vivere il desiderio senza mentire a se stessi, lasciando che quest'angoscia si limiti a essere solo un segnale dei più vivi che ci sono in noi. 12. 01. 2013
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