di Deborah Gutermann-Jacquet Freud pubblica il suo articolo "Dostoevskij e il parricidio" per la prima volta nel 1928. Distingue nell’autore russo “lo scrittore, il nevrotico (e) il moralista." Queste sono infatti le tre dimensioni chiamate in causa quando, in Dostoevskij, si tratta del "padre tossico". Dostoevskij "nevrotizzato" dal padre è il primo aspetto che emerge nella sua biografia: un padre segnato dall’indegnità e devastato dalle proprie tare. È un bevitore, è violento e indifferente alla prole. Nel suo scritto Freud ha articolato il legame tra il desiderio di morte che Dostoevskij aveva per il padre, e le manifestazioni di epilessia da cui era assalito. Queste sono il contrassegno dell’autopunizione che s’infligge chi è colpevole di simili pensieri criminali. Ne riconosciamo il marchio nei Fratelli Karamazov, dove il personaggio del padre ha lo stesso nome di Dostoevskij, Fëdor. La sua morte è semplicemente quella del nevrotico che si nasconde nello scrittore. È quella del Fëdor che sta dentro Dostoevskij. Quest’ultimo romanzo dell'autore è il più iconico sul tema del parricidio. Si apre con una descrizione del padre, Fëodor Pavlovich Karamazov, uomo "depravato" e "malvagio". Si tratta di un uomo di puro godimento, paragonabile al padre dell'orda. Mentre questi significanti riflettono il padre tossico preso nella sua evidenza, e assimilato al padre peccatore i cui piaceri sono sempre in eccesso, Dostoevskij aggiunge un altro termine di cui, nel primo paragrafo del romanzo, contiamo cinque ricorrenze: “incoerente” che traduce il termine russo бестолковый, precisando poi cosa intenda con questa parola. Indica infatti come il padre appartenga al genere di quelle "persone incoerenti che sanno perfettamente condurre i loro piccoli commerci materiali, ed è l’unica cosa che sanno fare". La confusione ha colonizzato tutti i settori dell'esistenza di questo genere d’uomini, tranne il loro senso pratico, aggiunge lo scrittore, concludendone il ritratto morale. “Non è una questione di stupidità – la maggior parte di queste persone stravaganti è piuttosto intelligente e furba – ma si tratta proprio d’incoerenza, e anche di una particolare incoerenza di carattere nazionale”. La versione dostoevskijana del padre tossico prende una coloritura russa. Il termine "nazionale" assume tutto il suo valore se si considera lo spiccato gusto che il XIX secolo ha per gli aspetti della fisiologia e per gli studi sul carattere atti a garantire la finzione identitaria necessaria per la costruzione della nazione. Non c'è dubbio che il cuore di questa mitologia, dalla Russia zarista all’URSS di Stalin, si trasformi. Il padre delineato da Dostoevskij non è lo stesso di quello di Limonov, che s’immerge senza pensarci due volte nelle incongruenze del NKVD (Narodnyj komissariat vnutrennich del, ovvero: Commissariato del popolo per gli affari interni) gettandosi nella ferocia di una repressione che non sa nemmeno contro cosa sta combattendo e non trae nessun onore da questa dedizione alla nazione. Il figlio è perplesso, esita tra la rabbia, il disprezzo e la pietà.
La lingua russa dà un secondo significato al termine бестолковый, tradotto nel testo come "incoerente" ed è quello di: "stupido". Si può essere stupidi senza essere sciocchi, se consideriamo che il primo termine deve soprattutto denunciare ciò che ha essenzialmente inebetito colui che gode. Ma questa qualifica è senza dubbio minore per quanto riguarda l’incoerenza come designazione di una mancanza di logica. È qualcosa che riguarda una parola confusa, che sembra dire tutto e anche il contrario su qualcuno nel cui discorso percepiamo la fine. Il padre incoerente di Dostoevskij non è quello del fantasma "un bambino viene picchiato" che, in una dimensione simbolica, verrebbe a segnare la divisione salvifica del soggetto introdotto nella legge del linguaggio. È piuttosto quello del bambino schernito, quello per cui l’inganno del linguaggio è messo a nudo, quello che non potendo estinguere il debito senza fondo dell’incoerente, lo salda nel reale, sorbendosi il padre. Non un padre spauracchio che picchia i bambini cattivi, ma un padre puttaniere.
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