![]() Conferenza tenuta il 14 gennaio 2012 presso lIstituto freudiano di psicoanalisi Marco Focchi Il caso di Anna O. è quello che potremmo definire come il caso paradigmatico della psicoanalisi, il caso zero. Viene con esso infatti alla luce il meccanismo su cui si fonda l’interpretazione in senso propriamente analitico. Vediamo all’opera qui, per la prima volta, la connessione tra un sintomo e il ricordo di un episodio, e si fa luce il meccanismo per cui il recupero del ricordo induce la remissione e la sparizione del sintomo. Naturalmente quando consideriamo il sintomo nel testo di Freud non dobbiamo dimenticare che inizialmente Freud è innanzitutto un medico preoccupato di trovare una cura per una patologia un po’ difficile, e che il sintomo entra quindi per lui in una costellazione di concetti accanto, tra l’altro, al segno e alla sindrome.
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![]() di Marco Focchi “Sono incalcolabili i danni che nascono ai costumi da questo abito di cinismo, benché in verità il più conveniente a uno spirito al tutto disingannato e intimamente e praticamente filosofo” Giacomo Leopardi, 1824 Nella configurazione simbolica del nostro secolo, il cinismo prende posto in una costellazione dove può essere annoverato accanto all’individualismo, al nichilismo, al relativismo postmoderno. Sono posizioni etiche queste che minano i valori tradizionali socialmente aggreganti, che sospendono la fiducia nell’ideale e che prendono distanza dall’identificazione con i puntelli simbolici dell’autorità, dall’ottimismo di un progresso demolitore della falsa coscienza, dai lumi di un sapere a vocazione universale. ![]() di Marco Focchi Nel seminario Le savoir du psychanalyste Lacan dà un’illustrazione brillante e sintetica del modo in cui opera la cura psicoanalitica: in quella riproduzione della nevrosi spontanea che si realizza con la nevrosi di traslazione – dice – occorre reperire un significante che ha segnato un punto del corpo. Si tratta quindi di mettere in moto una ripetizione che costruisce un modello della nevrosi, e che in tal modo svuota questo significante di godimento, perché il godimento vuole il privilegio, e ogni duplicazione lo uccide. Siccome la nevrosi – aggiunge – non senza ragione è attribuita all’azione dei genitori, lo psicoanalista può sostenere la propria operazione solo occupando il posto del genitore traumatico. Il potere della cura, qualunque sia la configurazione famigliare che fa da sfondo al soggetto, attinge quindi la propria autorità da una specifica posizione che ha per il soggetto un valore costituente. In altre parole Lacan sostiene qui che occorre collocarsi nel punto di scaturigine, dove le cose iniziano, in un punto eccentrico rispetto a tutto quel che viene dopo, un punto che è fuori dalla serie e che al tempo stesso sostiene la serie. Questo punto, dove le cose iniziano e trovano la loro singolarità, è lo stesso con il quale le famiglie ipermoderne si trovano sempre più in difficoltà, perché l’omogeneizzazione della vita contemporanea tende a sfumarlo, a opacizzarlo, a farlo svanire. ![]() di Marco Focchi Per domandarci cosa sia l’inconscio oggi facciamo innanzi tutto un confronto con quello che era l’inconscio del mondo di ieri. Di cosa parlava l’inconscio al tempo di Freud? Parlava di sessualità, sviluppava gli intrecci del romanzo famigliare, dipanava le trame dell’Edipo, metteva a nudo i fantasmi e i segreti d’alcova. L’inconscio del mondo di ieri rivelava il rovescio di quello che l’epoca vittoriana considerava una verità indiscussa: che le donne e i bambini non manifestano nessuna sessualità se non quando vengono corrotti. ![]() di Marco Focchi È noto il fenomeno che nel mondo contemporaneo tutto ciò che aveva un tempo valore istituzionale, che era investito di prestigio e che costituiva fonte di autorità, è scivolato sempre più verso il basso, si è indebolito, ha cominciato a girare a vuoto. Ne vediamo gli effetti dalla famiglia alla scuola, per considerare le situazioni a noi immediatamente vicine, fino alle grandi istituzioni internazionali, incapaci di portare ad effetto le loro politiche. ![]() di Marco Focchi Fino a un po’ di tempo fa sembrava chiaro cosa fosse uno psicoanalista: era uno che la sapeva abbastanza lunga da trapassarti da parte a parte con lo sguardo quando la lingua scivolava su un lapsus; ti faceva così sentire tutto il peso di quel che avevi detto senza volerlo dire. Le cose oggi sono cambiate, forse anche per via della grande varietà di strategie terapeutiche man mano messe a punto. Probabilmente agli psicoanalisti si attribuisce ancora la virtù di saperla lunga, ma quel che di più importante hanno acquisito è che la vita non si esaurisce nei simboli, e che ogni trattamento incontra il reale su cui s’inceppano le relazioni: non tutto può passare attraverso l’interpretazione. Nessuno pensa più, come ai tempi della terapia catartica, che sia sufficiente svelare il senso dei sintomi, né che vi siano automatismi toccando i quali si produce immancabilmente il cambiamento atteso. Quando entrano in gioco le relazioni tra il soggetto e l’Altro non possiamo ragionare in termini di connessione necessaria: c’è un margine di contingenza dove qualcosa può essere ma può anche non essere, e che dipende, in ultima istanza, da una decisione soggettiva. Certo quando affiora un disturbo è anche possibile risalire a ciò che l’ha generato. Un disturbo, un sintomo, una manifestazione patologica sono la risposta a un problema che prende forma entro determinate condizioni. Queste sono date da una situazione oggettiva di vita: non è lo stesso nascere in una famiglia dove i genitori si amano o si detestano, che hanno desiderato il bambino o l’hanno accolto come un impiccio, e così via. Non basta però far discendere l’etiologia in modo lineare da queste condizioni: essa va pensata in modo da includere un consenso soggettivo, per quanto inconscio: il bambino infatti comincia subito a rispondere in modo peculiare alle sollecitazioni da cui è investito. Il tipo di relazioni che così si creano formano la matrice di quello che il soggetto si troverà a vivere da adulto. |
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