Intervento presso la NEL (Nueva Escuela Lacaniana) tenuto via web il 27 giugno 2020. Marco Focchi Capita che alcuni pazienti vengano in seduta lamentando qualche difficoltà della loro vita, aggiungendo però che sembra loro strano trovarsi con questo problema: hanno avuto una famiglia normale, dicono, non hanno subìto traumi, né ci sono particolari conflitti che possano ricordare. Se li si invita tuttavia a rievocare i primi esordi del problema che lamentano, il più delle volte si risale all’inizio dell’adolescenza, nelle prima fasi della soglia che segna l’uscita dall’infanzia. L’adolescenza – è la tesi che vorrei proporre – può essere considerata in effetti un tempo di passaggio più che una fase, la soglia d’uscita dall’infanzia, una soglia che Lacan colloca in un elenco costituito da una successione di momenti di crisi: “Svezzamento, intrusione, Edipo, pubertà, adolescenza, ciascuna della quali [crisi] rifà una nuova sintesi degli apparati dell’Io in forma sempre più alienante per le pulsioni che vengono così frustrate, e sempre meno ideale per quelle che trovano qui la loro via di normalizzazione” (Introduzione teorica alle funzioni della psicoanalisi in criminologia; Lacan, Cénac, 1950). All’inizio degli anni Cinquanta Lacan sta sviluppando una clinica propriamente hegeliana, e la forma a cui si riferisce è quella del processo tesi-antitesi-sintesi, la cui causa Lacan riconosce in quello che all'epoca considera come uno tra i fenomeni più fondamentali scoperti dalla psicoanalisi, cioè l’identificazione.
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Marco Focchi Intervento tenuto il 14 giugno 2020 nell'ambito del ciclo La pratica analitica organizzato via web dalla Scuola lacaniana di psicoanalisi. Il tema La presenza dell’analista, proposto per questo incontro nell’ambito del ciclo La pratica analitica, si presta particolarmente bene per affrontare gli interrogativi sorti nella fase di serrata – vissuta in questi mesi per via dell’emergenza sanitaria – che ha costretto la maggior parte di noi a proseguire i trattamenti attraverso internet o per telefono, evitando per l’appunto gli incontri in presenza. I trattamenti da remoto Sul problema dei trattamenti da remoto si è aperto ora un importante dibattito in cui si sono espresse diversi punti di vista sui social, sui blog, su tutti i nostri canali di scambio e di contatto via web. Le posizioni sono state le più diverse, spesso in contrasto tra loro anche se tutte legittime. Ritengo che per il momento si tratti di opinioni in cui si riflettono per un verso le inclinazioni soggettive di ciascuno, per altro verso le esperienze personali fatte durante il periodo di confinamento. La logica del quadro analitico in quanto tale può emergere solo dal dibattito stesso, attraverso una dialettica e un confronto che si prospetta promettente per la nostra pratica. Un punto interessante mi sembra sia stato posto dal testo di Matteo Bonazzi uscito nel n° 6 di Rete Lacan, dove Bonazzi fa una distinzione tra forma e discorso e considera che la struttura del discorso analitico può presentarsi empiricamente in diverse forme, legate a diverse contingenze, una delle quali è senz’altro quella che stiamo vivendo. Da questo punto di vista si tratta di mettere in discussione anche il termine presenza, che non può più essere dato per scontato in seguito al vaglio che ha subito nel pensiero del Novecento, dopo Husserl, Heidegger, Derrida. |
Marco Focchi riceve in
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Settembre 2024
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