Seminario tenuto presso la Escuela lacaniana di Siviglia il 20 aprile 2024 Marco Focchi Le lezioni XXIV e XXV concludono il seminario D’un Autre a l’autre. Jacques-Alain Miller ha dato un’ampia lettura di questo seminario nel suo corso del 2005-2006, collocandone la chiave interpretativa sullo sfondo di altri due seminari di Lacan: quello su L’etica e quello su L’angoscia. Di cosa si tratta in questi due seminari? Nel seminario su L’etica, Lacan isola quel che, riprendendolo da Freud, chiama das Ding, la Cosa, che è essenzialmente l’estraneo, quel che sta al cuore dell’Altro senza però possibilità di essere raggiunto. È un’estraneità originaria di cui il soggetto non può fare un’esperienza piena. Il rapporto con questa estraneità è definito da Miller come “patetico”, in senso kantiano, segnato cioè da un pathos, da una dimensione passionale. Non c’è via logica, non c’è un’articolazione logica per raggiungere il das Ding. Il rapporto con la Cosa passa attraverso un pathos e non attraverso un logos, perché la Cosa resta, in qualche modo, un fuori-significato. Con il seminario Da un Altro a all’altro siamo quindi su una sponda completamente diversa, perché Lacan rimette qui al lavoro la logica e tutto il suo sforzo consiste nel tentare una definizione logica dell’Altro. Accanto al seminario su L’etica, come ho detto, il riferimento al seminario su L’angoscia serve a Miller come punto di contrasto perché, per un verso, ne L’angoscia Lacan individua l’oggetto a a partire da presupposti corporei, se non propriamente biologici. Ne L’angoscia infatti l’oggetto a si materializza e si realizza in cinque modi, giacché ai quattro noti: orale, anale, scopico, auditivo, Lacan aggiunge il godimento fallico. Nel seminario Da un Altro all’altro invece l’oggetto è colto per via formale, ed è identificato con l’insieme vuoto. L’oggetto a è in questo caso un buco, non è niente di concreto, è una forma, anzi un enforme, come si esprime Lacan, è cioè come quello stampo che serve a mantenere in forma le scarpe, o i cappelli, tenendoli in tensione. L’oggetto a è quindi, in questo senso, quel che tiene in forma l’Altro. Per questo viene definito da Lacan come una consistenza logica: è infatti quel che fa da contraltare all’inconsistenza dell’Altro. L’inconsistenza, concetto ripreso dalla logica matematica, viene qui introdotta da Lacan per analizzare e indicare la struttura logica dell’Altro.
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Venerdì 5 aprile ha avuto luogo, presso la Scuola lacaniana di psicoanalisi, una serata sulla passe, nell'ambito dell'ampio dibattito che sul tema si sta svolgendo nell'Associazione Mondiale di Psicoanalisi. Riportiamo l'intervento di Marco Focchi Marco Focchi Dato che da tanto tempo sono nel mondo lacaniano in Italia, sono anche un po’ la sua memoria storica. Mi sembra utile allora rievocare alcuni passaggi interessanti per i più giovani che si affacciano oggi alla nostra Scuola. Come primo punto vorrei dunque riportare un momento originario nell’esperienza della passe in Italia, collocato verso la fine degli anni ’90. Non c’era ancora la SLP, c’era il GISEP, il gruppo di studio destinato a essere preludio per la creazione della Scuola. Erano stati allora istituiti due cartelli della passe, ed io facevo parte di uno di questi. L’esperienza non durò a lungo, perché fu investita dall’onda lunga della crisi del 1998, esplosa al Congresso di Barcellona. La crisi si ripercosse in Italia nel 1999, e in quel momento l’esperienza di passe fu interrotta, perché non si era ritenuto possibile entrare nel merito di materiale confidenziale come quello analitico se veniva meno l’affectio societatis e si istaurava invece la stasis, la guerra civile. Questo ci mette di fronte al presupposto necessario per un’esperienza di passe, ovvero una stabilità della comunità analitica garantita da relazioni di fiducia reciproca. È un punto, direi, oggi per noi acquisito, anche se nessun punto è acquisito per sempre o può essere dato per scontato. Le buone relazioni vanno quindi sempre coltivate e curate. |
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Settembre 2024
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