Conferenza tenuta il 14 marzo 2015 presso l'Hospital Universitario Rio Hortega di Valladolid di Marco Focchi Il caso dell’Uomo dei lupi fu steso nel 1914, tre mesi dopo il termine dell’analisi, durata dal febbraio 1910 al luglio 1914. È un testo che ha quindi ormai cent’anni e che tuttavia ancora studiamo, perché resta attuale per affrontare i problemi posti dalla nostra clinica oggi. Malgrado lo spazio che abbiamo dato ai nuovi sintomi, alle modalità della psicanalisi applicata, allo sviluppo di una pratica senza standard ma non senza principi, di nuovo torniamo a interrogare un caso scritto cent’anni fa per rispondere ai quesiti che, in forma diversa, ci si ripresentano. Ci torniamo perché il caso dell’Uomo dei lupi naturalmente è un grande classico, e come ogni classico si presta alle molteplici letture e alle diverse interrogazioni che le epoche successive possono man mano formulare e stratificare su esso. Si tratta tuttavia di capire qual è lo specifico livello di interrogazione da cui procede ogni epoca. Quello originario, quello in cui Freud interroga il caso, riguarda la sua controversia con Jung, sostenitore di un ruolo determinante nel fantasma di rinascita e assertore delle funzioni decisive dell’eredità filogenetica a scapito degli elementi infantili nella vita del paziente. Sono concetti presenti anche nella teoria di Freud ma che, isolati dal resto, si ergono come obiezioni all’impostazione freudiana della psicoanalisi.
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Intervento alla serata di presentazine del libro di Nadia Campana Verso la mente, tenutasi il 9 aprile 2015 alla Casa della poesia a Milano di Marco Focchi La premessa è che appare difficile parlare della poesia quando non si è poeti, e sono piuttosto i poeti che possono parlarne, o lasciarla parlare. Ricordo una rassegna di parecchi anni fa organizzata da Milo che s’intitolava: “Un poeta guarda un poeta”. Direi che “guarda” è qui il termine chiave. Bisogna forse guardare un poeta per lasciare parlare la sua poesia, e in questo senso mi sembra interessante che la prima parte della raccolta di saggi di Nadia abbia come titolo: “Visione e biografia”. Guardare un poeta significa, credo, andare a quel limite dove la poesia sconfina nella vita. Il che non vuol dire negli aneddoti, nei fatti, nella biografia, ma in quel nucleo d’esistenza a partire dal quale la poesia diventa necessaria, come lo è stata per Nadia. Non ho conosciuto abbastanza Nadia per sapere della sua vita, e l’incontro con me non è stato un incontro di amicizia. Nadia cercava qualcosa nella psicanalisi e ha incontrato me. Molte persone vengono all’analisi in cerca di aiuto. Non era il caso di Nadia. Non posso nemmeno dire di sapere cosa cercasse nella psicanalisi, tanto pochi sono stati gli incontri che abbiamo avuto e tanto scarsa era la sua propensione ad aprire il proprio scrigno interiore. Introduzione al dibattito tenutosi presso l'Istituto freudiano il 13 febbraio 2015 in occasione della presentazione del seminario di Lacan "Gli scritti tecnici di Freud" di Marco Focchi Questa sera, in occasione della sua ristampa, parleremo del primo seminario di Lacan sugli scritti tecnici di Freud. È un seminario uscito in italiano già alcuni anni fa, che viene presentato oggi in una nuova traduzione e con una nuova cura editoriale. È anche il seminario con cui inizia l’insegnamento vero e proprio di Lacan. Negli anni precedenti Lacan aveva evidentemente già scritto, aveva già svolto un ampio lavoro di riflessione teorica, ma questo seminario, che comincia nell’autunno del ’53 e che prosegue per tutto il ’54, è il primo che Lacan tiene dopo la pubblicazione del suo testo fondamentale “Funzione nel campo della parola e del linguaggio”, che è del settembre del ’53, ed è il testo a partire dal quale, nel contesto lacaniano, datiamo l’inizio vero e proprio dell’insegnamento di Lacan, il momento in cui Lacan comincia a presentare i propri concetti e a sviluppare, a partire da questi, quello che sarà poi il suo orientamento del campo psicoanalitico. |
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Novembre 2024
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