Discorso tenuto in occasione della presentazione del libro curato da Giuseppe Pozzi "Dall'impasse all'espansione", il 19 marzo 2013 a Milano, presso la sede della Società Umanitaria di Marco Focchi Cercherò di inquadrare il posto che la psicoanalisi può avere in quella che è stata descritta come la clinica del sociale. Questo vuol dire individuare le possibilità di un’invenzione, che il termine di clinica del sociale esprime perfettamente, perché la clinica del sociale è a tutti gli effetti di un’invenzione. Che ci sia una clinica del sociale, cioè una psicoanalisi presente nell’istituzione, con un ruolo formativo e operativo al suo interno, è qualcosa che non è dato in partenza, che non è affatto scontato, e che richiede uno sforzo creativo continuo. Stiamo adesso mettendo alla prova questa esperienza con quel che stiamo facendo, ma non va affatto da sé. È una possibilità nata dalle prospettive create in questi anni a partire dai nostri dibattiti, dalla nostra riflessione, dalle iniziative prodotte all’interno del Campo freudiano. È un progetto che ha richiesto un importante lavoro di riflessione, e un grosso lavoro operativo, perché nella dimensione istituzionale e in quella analitica, di per sé non c’è nulla che predestini l’una all’altra. L’istituzione è per definizione sociale, è automaticamente inserita nell’ingranaggio sociale, ha compiti e funzioni oggettivi: un’istituzione per funzionare deve produrre qualcosa. L’istituzione scolastica, per esempio, deve produrre formazione e sapere, l’istituzione sanitaria deve produrre salute, una fabbrica – anche quella è un’istituzione – se è la Fiat, deve produrre automobili. Si tratta di produrre cose concrete, tangibili, oggettive.
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Testo letto al Convegno della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi sul tema "Il transfert tra amore e godimento" tenutosi Roma il 14 e 15 giugno 2014. di Marco Focchi Nella psicoanalisi classica una direzione principale dell’attenzione si rivolge alla storia. Le domande guida sono: da dove vengono i problemi attuali? A cosa risalgono le difficoltà del presente? In quale ordine le cose si sono concatenate? Il nostro sguardo fruga allora nelle origini, cerca le prime manifestazioni, le insorgenze iniziali. Siccome la storia è poi fatta di molte storie, che si compongono d’intrecci narrativi ricchi e diversi, a volte, anche se raramente, si trovano nel materiale clinico fantasmi, o sogni che prendono uno sviluppo narrativo rigoglioso, quasi fiabesco. Conferenza tenuta il 26 aprile 2014 a Madrid presso la sede della Escuela lacaniana de psicoanalisis di Marco Focchi Il seminario “Ou pire…”, e in particolare le lezioni XI e XII che oggi abbiamo a tema, è uno dei più densi di matematica in tutto l’insegnamento di Lacan. Per entrarci dobbiamo porci il problema di come Lacan usa la matematica, e bisogna dire che la utilizza in un modo molto diverso da quello della scienza. La matematica nella scienza serve per definire delle leggi, e si applica alla realtà grazie alla potenza del calcolo. Per Lacan non è questione di calcolo, ma di concetti, e il concetto matematico centrale su cui s’impernia la riflessione in questo seminario è quello dell’Uno. Può sembrare un concetto molto semplice, ma lo è molto meno se si parte, come fa Lacan, dal Parmenide di Platone. L’essere e l’Uno Sin dalle prime lezioni del seminario, quando introduce il tema dell’Uno, Lacan distingue l’Uno dall’essere, definendolo a partire dall’esistenza. Questo aspetto è stato fortemente accentuato da Miller nella sua interpretazione. L’essere è posto dalla parte della parola, dalla parte del linguaggio, di quel che si dice: l’essere è quel che è detto essere. L’Uno è considerato invece dalla parte della scrittura, quella che Miller chiama scrittura primaria, ovvero non quella che riproduce la parola, per la quale serve un foglio, ma quella che ha come palinsesto il corpo. La possiamo esemplificare con tutti i processi di marcatura sociale del godimento sul corpo, dal tatuaggio, all’escissione, all’incisione, alla scarificazione, mutilazione, iniziazione, ma più semplicemente anche con il disegno delle zone esogene tracciato dal dito che carezza il corpo del bambino nelle coccole o nelle cure primarie. > scarica il file per leggere tutto
Dibattito svoltosi il 27 maggio 2011 alla Casa dela Cultura in occasione della presentazione del libro di Marco Focchi "Il trucco per guarire" François Ansermet: Il libro di Marco Focchi, Il trucco per guarire, mi pare presenti, con la messa in prospettiva del sintomo, una modalità importante e paradossale per trattare la guarigione. In una certa misura oggi siamo di fronte a una clinica particolare, dove occorre forse costruire un sintomo, quantomeno il sintomo in senso analitico, perché questo sintomo possa servire a impegnare un soggetto. Oggi consideriamo la prospettiva di una clinica del fallimento, una clinica della formazione del sintomo e, a partire da questo, il sintomo può avere una funzione e può forse diventare un trucco per guarire. Questo è paradossale rispetto al modo in cui la medicina si rappresenta la guarigione. La medicina infatti vuole innanzitutto sopprimere i sintomi, dove invece la psicoanalisi ne tiene conto. di Marco Focchi “Sono incalcolabili i danni che nascono ai costumi da questo abito di cinismo, benché in verità il più conveniente a uno spirito al tutto disingannato e intimamente e praticamente filosofo” Giacomo Leopardi, 1824 Nella configurazione simbolica del nostro secolo, il cinismo prende posto in una costellazione dove può essere annoverato accanto all’individualismo, al nichilismo, al relativismo postmoderno. Sono posizioni etiche queste che minano i valori tradizionali socialmente aggreganti, che sospendono la fiducia nell’ideale e che prendono distanza dall’identificazione con i puntelli simbolici dell’autorità, dall’ottimismo di un progresso demolitore della falsa coscienza, dai lumi di un sapere a vocazione universale. |
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Settembre 2024
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