di Marco Focchi Il bambino preso negli ingranaggi della scienza – di cui si è parlato nel Forum della SLP a Bologna il16 febbraio 2013, sul tema "Il bambino oggetto della scienza" – è una sorta di oggetto ricondotto ai meccanismi di stimolo e risposta, è una superficie vergine da programmare con cognizioni adeguate, un essere mosso dai bit di un determinismo semplificato. Il suo antenato nobile è l’automa spirituale, di cui hanno parlato Spinoza e Leibniz agli albori della filosofia moderna. Dopo il trionfo del positivismo questo automa si è trasformato nella macchina cognitiva, nell’uomo neuronale, nel cervello-computer. Un versione ironica, o disperata, dell’automa si trova nell’ultimo film di Tornatore, La migliore offerta, che mette in scena un anziano antiquario vissuto lontano dalle donne, circondandosi, nel corso della sua vita, dei ritratti femminili realizzati dai pittori più famosi nelle diverse epoche. Nel vuoto umano di cui è fatta la sua vita c’è poi l’incontro con una donna vera di cui non può vedere l’immagine, perché l’agorafobia la separa dal mondo e la fa vivere reclusa in una stanza. Una collezione di donne immaginarie da una parte, l’incontro con una donna senza immagine dall’altra. In mezzo, un automa, ricostruito pezzo dopo pezzo dalla perizia di un giovane macchinista di scena, sul quale l’antiquario e il giovane cominciano a fantasticare, congetturando dove potesse nascondersi il nano che a suo tempo, nel XVIII secolo, lo faceva parlare. E poi c’è un nano, o meglio una nana, vera, in carne e ossa, che parla continuamente mentre nessuno l’ascolta, e sarà lei alla fine della storia a rivelare la verità. Può dirla senza difficoltà, perché prima nessuno la sta a sentire, e poi, quando dice quel che ha visto, è una verità che per lei non ha nessun senso. La psicologia che mima la scienza s’impegna a svuotare di senso quel che il bambino può dire, lo riduce a fantoccio di ingranaggi immaginari, facendone il testimone silenziato di una verità seppellita e annullata nell’automa. In fondo possiamo in questo misurare il regresso della psichiatria contemporanea rispetto alle concezioni degli psichiatri illuministi, Pinel, Esquirol, che consideravano possibile un trattamento morale perché ritenevano che la follia non annullasse completamente la ragione, e che si poteva dunque parlare alla parte ragione residua per mobilitarla nel contenere il delirio. Per altro verso, nella prospettiva psicoanalitica, sappiamo bene qual è il prezzo del desiderio: lo scrigno di piombo, lo sfioramento della morte, giocare tutto per vincere l’inestimabile. Non sono le corde che risuonano nelle stanze in cui il capitalismo ultraliberista e la scienza ipertecnologica conducono le danze con passo meccanico, che troppo spesso ricorda la cadenza marziale più che non il piede leggero dei danzatori di cui Nietzsche ha annunciato le imprese gloriose.
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Dal Congresso di Parigi dell’aprile scorso su “Un reale per il XXI secolo” possiamo trarre un importante saldo sul piano clinico: abbiamo ascoltato casi di grande interesse, abbiamo potuto seguire una tavola rotonda sul tema del controllo che ha rinnovato le nostre idee sulla conduzione della cura, e che ha prodotto una nuova prospettiva sulla nozione di desiderio dell’analista. |
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Settembre 2024
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