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Il buon uso dell'inconscio

Conferenze, seminari, interventi e testi del dott. Marco Focchi
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Tutti pazzi per la musica – secondo tempo

22/1/2020

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Pubblichiamo oggi il secondo tempo della conferenza-concerto tenutasi sabato 18 gennaio 2019 all'Auditorio di Milano. L'intervento di Marco Focchi è stato seguito dalle esecuzioni delle musiche di Schumann con la direzione del maestro Ruben Jais

Secondo tempo: la follia come amplificatore del genio


Patologie mentali e limiti


Molte patologie mentali si presentano come un problema con i limiti. Pensiamo per esempio alla bulimia, dove c’è una spinta a divorare cibo ben oltre la sazietà, o le patologie di dipendenza in genere, come la ludopatia, o lo shopping compulsivo, che portano a comportamenti che vanno ben oltre il gioco o gli acquisti fatti per qualche necessità. L’insaziabilità del desiderio è una caratteristica peculiarmente umana, perché nell’animale ci sono precisi segnali biologici di sazietà a cui l’organismo obbedisce. Gli etologi, per esempio, hanno fatto un esperimento in cui tagliavano l’addome di un ape, e questa, in assenza del segnale di sazietà, continuava a succhiare nettare ininterrottamente fino alla morte. Quest’assenza di limiti nella bramosia umana è per l’appunto ciò che porta il desiderio ai confini con la pulsione di morte. Nell’uomo, che classicamente è definito come l’animale che ha il linguaggio, è proprio l’incontro con il linguaggio a disorganizzare la regolarità dei ritmi istintuali. 
In assenza di demarcazioni biologiche l’uomo deve trovare i propri limiti attraverso costruzioni simboliche, che determinano le abitudini, le norme, le condotte che seguiamo.

L’arte e le linee. Le mappe


L’arte in particolare presenta le architetture simboliche, le figure attraverso cui costruiamo il mondo in cui abitiamo. In un certo senso possiamo dire che le mappe producono il mondo in cui ci muoviamo piuttosto che rappresentarlo. Basti pensare al disegno dei bambini: perché comincia della testa, con la classica figura del cefalopode? Perché la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto, i sensi con cui il bambino fa esperienza del mondo sono nella testa. E man mano il disegno si dilata fino a comprendere il corpo, e poi gli oggetti e così via.
La musica è anch’essa un disegno: la melodia traccia una linea nel caos indefinito dei suoni, e fa affiorare una figura lasciando apparire sullo sfondo il silenzio. John Cage ha portato questo al paradosso abolendo la linea di contorno della melodia e presentando, in un suo pezzo, solo il silenzio. Il suono ha un impatto emotivo primario, pensiamo per esempio al grido che ci avverte della presenza di un nemico, all’urlo di gioia o di vittoria, al ritmo, che non ha nulla di biologico e scandisce le fasi della vita, con la festa, o con il canto di lavoro. La musica ha un’importanza primaria nel mettere in forma le nostre pulsioni e le nostre emozioni.


Genio e follia


Consideriamo ora il carattere insolito e frammentario della musica di Schumann, ostico alle consuetudini d’ascolto e di gusto consolidate del suo tempo: potremmo chiederci se non ci sia un qualche rapporto tra la patologia mentale di cui Schumann ha sofferto e il suo stile compositivo. Sullo sfondo di questa domanda c’è il tema classico del rapporto tra genio e follia, tema a cui il romanticismo è stato particolarmente sensibile e che è quindi particolarmente interessante considerare per Schumann, che è uno dei maggiori esponenti del romanticismo in musica. 
La questione del rapporto tra doti eccezionali e malattia è antichissima, risale ad Aristotele. Per parlare dell’uomo d’eccezione Aristotele usa il termine perissos, che significa dispari, fuori dalla norma, eccezionale, straordinario, ma anche eccentrico, eccessivo. Aristotele non parla di genio, perché appunto è un concetto emerso storicamente in un momento successivo, ma senz’altro il genio include quest’idea di disparità, di straordinarietà, di eccezionalità che ingloba, nel suo distanziarsi dalla norma, qualche forma di stranezza, se non di vera e propria patologia.


Karl Jaspers
 
Lo psichiatra che ha dedicato maggior attenzione al rapporto tra genialità e follia è Karl Jaspers. La sua tesi è che la follia non equivale solo a distruzione mentale, ma a una esperienza che porta a contatto con situazioni estreme, con situazioni limite. Cosa significa in questo caso situazione limite? Jaspers ha in mente situazioni come la morte, l’estrema solitudine, l’angoscia, ma può essere interessante leggere questa idea attraverso l’opposizione concettuale che Wilfred Bion formula tra pensieri saturi e pensieri insaturi.
Nella nostra comunicazione corrente, quotidiana, usiamo le parole come monete che ci servono per lo scambio. Devono essere riconoscibili immediatamente, avere già un bagaglio di senso, di immagini, di concetti in modo tale da raggiungere senza troppe difficoltà l’ambito della comune comprensione: è il pensiero saturo. Il pensiero insaturo veicola invece concetti che potranno man mano riempirsi di significato, ma che intanto sono leggeri, non vogliono già dire qualcosa, aprono delle vie, dischiudono orizzonti. Se diciamo una frase comune, come: “Passami il sale” usiamo un’espressione satura, che come una moneta logora passa di mano in mano con il solo bisogno di far riconoscere a cosa ci riferiamo, e il nostro commensale non deve farne un’esegesi, ci capisce al volo. Se invece dico: “Diluviava sul nido di Corniglia rugginoso” (Montale, “Vecchi versi”, da Le occasioni) non siamo più semplicemente nel registro comunicativo. C’è Corniglia, certo, e possiamo visualizzare il paesino, è il “nido” di Corniglia, con il senso di intimità, di rifugio, di Heim che il termine nido porta con sé. E poi c’è rugginoso, che indica certo le scogliere rossicce della Liguria, ma c’è la “ruggine", con il senso di progressiva corrosione, di consumazione delle nostre vite che il tempo porta con sé, assediandoci a volute sempre più strette nel nido  in cui la nostra esistenza è rannicchiata. Il linguaggio dell’arte è senz’altro fatto di concetti insaturi, perché ogni artista fissa e rende accessibile a tutti noi lo spettacolo di cui facciamo parte senza riuscire a vederlo. L’alterità radicale, l’heteron che nella nostra quotidianità abbandoniamo sullo sfondo dello scenario come respinto, rimosso o precluso, relegato nell’incomprensibile, viene toccato proprio nelle esperienze estreme quando i limiti della vita entrano in contatto con noi.
Naturalmente perché nasca l’arte non basta avvicinarsi a queste zone straordinarie e pericolose dell’esistenza, a questi lembi della vita sfilacciati e protesi verso l’impossibile o l’insostenibile. Occorre anche saperli esprimere. Per questo Jaspers non fa coincidere il genio con la follia, ma considera piuttosto la follia come una specie di amplificatore del genio. Occorre un talento preesistente, ma questo talento, grazie alla follia, raggiunge vette più intense e di peculiare autenticità.


Opera aperta


Io da parte mia direi  che l’opera che tocca questi estremi varca i limiti, è un opera aperta, per prendere un concetto che ci viene da Umberto Eco, ma che credo possa essere utile anche per capire certi aspetti della musica di Schumann.

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