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Il buon uso dell'inconscio

Conferenze, seminari, interventi e testi del dott. Marco Focchi
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Tutti pazzi per la musica - primo tempo

20/1/2020

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FotoManfred sullo Jungfrau, di John Martin, 1837
Sabato 18 gennaio, con il titolo Tutti pazzi per la musica, ha avuto luogo, presso l'Auditorium di Milano la conferenza-concerto in cui Marco Focchi ha presentato la figura di Schumann, riflettendo sul rapporto tra follia e genio, e dialogando con il maestro Ruben Jais, che ha eseguito pezzi del repertorio schumaniano. Si sono alternati tre tempi di dialogo e di musica. Oggi pubblichiamo il primo intervento di Marco Focchi. Seguiranno gli altri due nei giorni successivi.

Primo tempo: quando il sintomo è la musica



Un germe di follia


Se questa sera ci troviamo qui è perché siamo tutti pazzi per la musica, come indica il titolo stesso dell’evento. Ma c’è forse qualche ragione in più. È che c’è un germe di follia presente in qualche misura in tutti noi, e che tutti noi teniamo a bada con i mezzi di cui disponiamo, i quali possono essere più o meno istituzionali. Il modo più sicuro è identificarsi con i valori centrali della società in cui viviamo.
Se siamo ben inseriti nel discorso sociale possiamo in genere avere binari abbastanza definiti, ben segnati, che ci permettono di correre su di essi senza troppo sbandare. Diversamente dobbiamo fare appello ad altre risorse, a invenzioni, a supplementi, a costruzioni aggiuntive che ci consentono di tenere la rotta nella navigazione della vita. Queste deviazioni – piccole o grandi che siano – dal tracciato assegnato dalle istituzioni sociali, sono quel che in psicoanalisi chiamiamo sintomi. In questa prospettiva i sintomi non sono segni di una patologia che ricade sotto un’etichetta diagnostica. Sono piuttosto i mezzi addizionali, i sovrappiù, l’extra, gli elementi straordinari a cui ci aggrappiamo per non perderci in quel labirinto inestricabile che è la vita.


Con Schumann abbiamo a che fare con una personalità straordinaria, che ha dovuto affrontare difficoltà eccezionali Per lui questo extra, questo sovrappiù, questa aggiunta era la musica. Il sintomo di Schumann non erano i disturbi auditivi, le allucinazioni, le cadute depressive che lo portarono fino all’afasia, queste erano piuttosto le schegge in cui il sintomo, esplodendo, si disperdeva rendendogli la vita impossibile. Il sintomo che invece gli permetteva di camminare era la musica.

Musica e scrittura


O almeno, da un certo punto in poi è stata la musica, perché Schumann, diversamente dai geni precoci come Mozart o come Chopin, non ha trovato subito la sua strada. Sua madre avrebbe voluto indirizzarlo verso la carriera borghese di avvocato, ma questa era una via talmente contro-natura per lui che iscrittosi all’Università per accontentarla non riuscì a trovare nessun interesse per i problemi giuridici. Schumann oscilla per un po’ tra le due vocazioni, quella per la scrittura e quella per la musica. Se scelse la musica, bisogna dire che non abbandonò, almeno fino a una precisa svolta della sua vita, la scrittura. Come critico musicale e fondatore della Neue Zeitschrift für Musik fu a lungo più noto come scrittore ed editore che come compositore, e a lungo questa attività fu anche la sua fonte maggiore di reddito.


Il fantastico e il fiabesco

Per restare però ai suoi amori letterari in primo piano c’è senz’altro Johannes Paul Richter, seguito da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, e da George Byron.
Questi autori, che sono all’epoca le figure tra le più eminenti del romanticismo, esplorano un genere nuovo di scrittura, che è il fantastico, cioè una narrazione che corre su un limite tra il mondo reale e la sfera del soprannaturale, o dell’innaturale, senza che questo limite sia mai superato. Se prendiamo una storia completamente immaginaria accettiamo i codici e le coordinate in cui l’autore ci introduce. Nella fiaba siamo disposti ad accettare che le zucche si trasformino in carrozze, per esempio. In un racconto di fantascienza possiamo far posto all’esistenza di esseri provenienti da altri pianeti che interagiscono con il mondo umano, ad assistere a guerre stellari con astronavi che viaggiano al di là delle velocità della luce, e questo fa parte del sistema narrativo in cui entriamo. Non ci stupisce incontrare un omino verde, o una donna con tre braccia, come negli straordinari racconti di Douglas Adams, perché fa parte delle condizioni preliminari del genere.


Il fantastico e il Biedermeier

Il fantastico è diverso, non varca mai il confine di un racconto che potrebbe essere realista, ma fa entrare nel quotidiano elementi enigmatici che destabilizzano l’ordine noto delle cose. Nella cultura tedesca del Biedermeier – cioè del periodo di restaurazione che va dal congresso di Vienna del 1815 alle rivoluzioni del 1848 – che è fatta di bonaria onestà borghese, di adattamento a condizioni di vita semplici, al rispetto dell’autorità e dell’ordine costituito, Hoffmann fa entrare il mistero nell’intimismo dell’anima bella, provoca l’estraniamento che rovescia i canoni di buona armonia e di buone maniere in uso nei salotti borghesi e nelle Corti restaurate dopo la caduta di Napoleone.
Hoffmann era anch’egli, oltre che scrittore, musicista, e aveva composto alcuni cantici per coro a cappella che in una delle sue opere, Il gatto Murr, attribuisce al musicista pazzo Johannes Kreisler, che è in realtà un suo doppio. L’intreccio di questa letteratura con la musica di Schumann si vede in particolare nei Kreisleriana, che s’intitolano così proprio in onore al personaggio di Hoffmann. Ma possiamo immaginare facilmente che anche le stravaganti e grottesche scene carnevalesche de La principessa Brambilla entrino per esempio nella serie di brani che compongono il Carnaval.

Il Manfred


George Byron, diversamente, da Richter e da Hoffmann, supera i limiti del fantastico. Nel Manfred, l’opera che che ha interessato in particolare Schumann, ci troviamo di fronte a uno scenario di forze sovrannaturali. Manfred, in preda a un senso di colpa di cui non sono espresse le ragioni, grazie alla sua conoscenza degli incantesimi evoca le potenze degli spiriti per chiedere loro un oblio che nessuno può concedergli. L’ultimo spirito a presentarsi è quello della sorella Astarte, che scompare però non appena Manfred cerca di abbracciarla. La colpa, la sorella amata e morta, lo sporgersi verso il soprannaturale, sono tutti elementi che risuonano potentemente nella storia di Schumann, e ci fanno capire da dove possa essere venuta in lui la spinta a mettere in musica questo dramma.
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