Intervento tenuto il 6 aprile 2018 alla Grande Conversazione svoltasi nell'ambito del Congresso AMP di Barcellona sul tema: "Le psicosi ordinarie" Marco Focchi Nella Grande Conversazione con cui si è concluso il nostro XI Congresso AMP Vilma Coccoz ha sollevato un punto che mi è sembrato particolarmente interessante. Ha infatti sostenuto l’opportunità di relativizzare la nozione di disidentificazione cui facciamo frequentemente ricorso nei nostri interventi. In effetti ci sono diverse modalità possibili di disidentificazione e di trattamento degli ideali. Non tutte hanno lo stesso valore. Nella pratica della cura sappiamo che isolare gli S1 del soggetto e dissipare lo spessore immaginario dell’io ideale è funzionale all’obiettivo di fare affiorare l’oggetto “a”, mettendo in luce il rapporto del soggetto con la propria causa. Nella teoria di Torino proposta da Jacques-Alain Miller questo si traduce nell’idea di una comunità costituita a partire dal legame singolare di ciascuno con la causa. C’è però anche una forma di disidentificazione che può dar luogo a quel che Leonardo Gorostiza nel suo intervento in plenaria ha chiamato soggettività senza causa. Ne abbiamo avuto un esempio nelle recenti elezioni in Italia, che han dato la vittoria a un partito senza forma, senza storia, senza identità. I suoi programmi sono sempre stati oscillanti. Da dichiarazioni all’inizio decisamente antieuropee, si è poi spostato fino a chiedere di far parte del gruppo parlamentare filo-europeista nel parlamento europeo. Dopo che la sua candidatura è stata rifiutata non ha esitato a cercare nuovamente contatti con il gruppo di Farage. Nei suoi programmi era richiesta l’uscita dell’Italia dall’euro, ma dopo una serie di incontri e di colloqui con i poteri forti economici la richiesta è passata in secondo piano. Nelle attuali trattative per la formazione del governo il suo leader sembra disposto, secondo opportunità, ad allearsi con il Partito Democratico, che rappresenta la sinistra riformista, o con la Lega di Matteo Salvini, che ha abbracciato una politica affine a quella di Marine Le Pen. I saggi cinesi dicono che l’acqua è l’elemento più forte, perché può assumere tutte le forme, ma così facendo può inghiottire tutto. Sembra una perfetta descrizione della politica di questo partito. È il motivo per cui il suo carattere informe ha saputo raccogliere il favore dei dimenticati, delle fasce di popolazione rimaste escluse dai privilegi, di quanti hanno maturato un puro senso di rivolta contro il sistema e contro le élite, e per i quali il voto ha avuto come principale spinta il senso radicale del rifiuto più che la forza di una causa. Abbiamo qui una forma di disidentificazione che non sostiene, come nella pratica psicoanalitica, un valore singolarizzante, perché scavalcando tutti i corpi intermedi, rivolgendosi a un “popolo” generico senza alcuna forma di rappresentanza, punta allo scioglimento di ogni legame per costituire una una massa a partire da una materia resa informe. Questo tipo di disidentificazione ha di mira il contrario della singolarità in cui si delinea l’esperienza psicoanalitica, e giunge a una massificazione il cui rischio all’orizzonte è la deriva totalitaria. Dovunque si presentino fenomeni di disgregazione delle strutture sociali di intermediazione per far emergere un “popolo” inteso come magma omogeneo, privato di rappresentanze diversificate, da prendere in toto come immaginario interlocutore diretto, si fa reale e concreto un rischio per la democrazia. Credo che questo chiami in Italia la psicanalisi in prima linea nel campo politico, la chiami su un fronte di resistenza, come ultimo baluardo di una soggettività mossa da una causa di desiderio e penso, anzi temo, che il nostro Paese sarà un laboratorio speciale per i progetti che stiamo lanciando nel Campo freudiano al fine di ampliare l’intervento della psicoanalisi nel terreno della politica, giacché questo terreno qui da noi è, al momento, particolarmente difficile e accidentato.
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