Introduzione alla tavola rotonda organizzata presso l'Istituto freudiano il 13 dicembre 2013 in occasione della presentazione degli Altri scritti di Lacan. di Marco Focchi L’ultimo volume di Lacan, appena pubblicato in italiano, ha come titolo gli Altri scritti. È un libro di Lacan, ma non è stato compilato da Lacan. Il libro è uscito nel 2001, in occasione del centenario della nascita di Lacan. Sulle celebrazioni del centenario Lacan ironizzava, dicendo che è insolito essere presenti alla commemorazione del proprio centenario. E in effetti, come dicevo, non è Lacan che ha compilato il libro, è stato Jacques- Alain Miller. Ha raccolto gli scritti non inclusi nel volume che Lacan ha pubblicato nel 1966. Non errano stati inclusi per ragioni di spazio, o per ragioni editoriali, o perché sono usciti dopo il 1966, e non sono entrati nella raccolta curata da Lacan semplicemente per ragioni cronologiche. Gli Altri scritti di Lacan mostrano anche un altro Lacan rispetto a quello che incontriamo negli Scritti. Gli Scritti raccolgono testi che in parte sono sintesi dell’insegnamento svolto da Lacan in quella che siamo abituati a chiamare la sua fase classica, quella che va dalla fine degli anni Cinquanta fino alla metà degli anni Sessanta. L’ultimo dei testi inclusi nella raccolta degli scritti è infatti “Scienza e verità” che porta la data del 1965.
Il progetto iniziale di Lacan La fase classica raccoglie i testi in cui l’idea guida di Lacan è che l’inconscio sia strutturato come linguaggio, e dove il progetto è dare alla psicoanalisi un rigore scientifico. Lacan lo persegue in modo non ingenuo. Non pensa infatti di eguagliare la psicoanalisi alle scienze della natura, ma prende un paradigma epistemologico di riferimento traendolo dal modello di studio rigoroso allora proposto per le scienze umane, modello che veniva dalla linguistica.La posizione della scienza Oggi la scienza è diventata la padrona del gioco, è diventata il modello di riferimento unico, un pensiero unico. La scienza, che ha avuto un’importanza fondamentale per scardinare le autorità tradizionali ai tempi di Galilei, è diventata dominante, e attraverso l’operatività funzionale che la caratterizza esclude dallo spazio sociale ogni altra forma di pensiero concettuale e ogni pratica non basata sulla prova. Per l’ideologia contemporanea è vero solo ciò che è scientifico. Quest’idea ha una china pericolosa, perché sottopone tutta l’esistenza all’imperativo del calcolo. La vita nella sua globalità, in tutte le sue espressioni, è forzatamente integrata alla sfera della valutazione, del tornaconto, del profitto. È scientifico ciò che passa per la misurabilità, la prevedibilità, e tutte le sfere dell’esistenza che vi sfuggono sono considerate come marginali. Credo sia per questo che abbiamo ancora bisogno della psicoanalisi, perché la psicoanalisi preserva una dimensione dell’oggetto che sfugge al calcolo, che apre lo spazio della sorpresa e del desiderio. Potremmo domandarci perché abbiamo bisogno di sottrarci all’imperativo calcolante dell’epoca attuale. In fondo, l’imperativo calcolante, applicato alla tecnica, ci facilita. Si tratta tuttavia di una presa che invade le nostre esistenze, ed è la gabbia in cui l’umano è oggi rinchiuso. Viviamo in una epoca in cui l’umano è sottoposto ad altre forze che non quelle delle tradizione. Le forze della tradizione fino all’epoca che si affaccia al razionalismo moderno, erano forze teologiche. L’uomo era sottoposto al governo di Dio, all’ordine divino. C’è stato poi un momento in cui l’uomo è venuto al centro dell’universo al posto di Dio, è stata l’epoca dei diritti civili, dove il soggetto del diritto non era più l’uomo il Dio nell’uomo, ma l’uno nel contratto che poteva stipulare con un altro uomo. Oggi vige un diverso governo, quello che, attraverso il calcolabile, ci sottopone alla legge della probabilità. Non sono più in gioco i diritti civili, con la liberalità contrattualistica che li contraddistingue, ma il diritto sociale, che implica i grandi numeri, quelli delle assicurazioni e della gestione sociale della salute. La nuova figura dell’umano, che non è più sottoposta all’ordine divino, è sottoposta all’ordine della tecnologia. La tecnologia pervade l’esistenza, la compenetra. Ci sono sempre state le macchine, ci sono sempre state tecnologie a sostegno dell’esistenza umana. Il bastone stesso su cui si appoggia Edipo cieco, in fondo, è una protesi, è qualcosa di aggiunto al corpo, che lo sostiene, che lo aiuta. L’epoca del cyborg Ma la macchina oggi non è più soltanto un potenziamento esterno, non è più la leva, macchina di primo genere, non è più la macchina a vapore, che immagazzina energia, macchina di secondo genere. Siamo giunti a un terzo genere di macchine, quelle al silicio, e non sono solo i computer, sono macchine che entrano come componenti nel corpo umano stesso. Non a caso si è sviluppata una filosofia del cyborg. Ci sono pensatori, filosofi, che incentrano la loro riflessione sull’idea del cyborg, cioè di un umano una parte del cui organismo è macchina. Non è fantascienza, già il fatto di avere un peacemaker è una primo abbozzo di cyborg. Possiamo oggi dire che queste linee di forza stanno costruendo la nuova figura dell’umano. Pensiamo, se vogliamo riferirci a un’icona che tutti conoscono, alla figura di Oscar Pistorius, l’uomo bionico per eccellenza, l’uomo che corre su protesi di fibra di carbonio. La questione non è tanto il fatto che abbia delle protesi, ma il fatto che ci sia stato un dibattito sul problema se Pistorius potesse o no correre con i normodotati. Ci si domandava se queste protesi, che lo aiutavano a muoversi, essendo lui privo di gambe, non lo favorissero rispetto agli altri corridori forniti di normali gambe umane. La decisione finale, come sappiamo, è stata di consentirgli di correre con i normodotati. È una decisione significativa, perché vuol dire che ormai l’uomo bionico, l’uomo fatto in parte del proprio organismo biologico, e in parte di macchina, è integrato all’idea di uomo. Non è un monstrum, com’era nell’antichità chi aveva un organismo difforme dal canone della figura umana. Questo è il nostro futuro. Su questo, credo, la psicoanalisi ha qualcosa da dire, non perché non vogliamo i vantaggi che ci danno le protesi, le macchine, e tutto ciò che fornisce aiuto e potenziamento tecnologico, ma perché vediamo chiaramente il rischio che questa prospettiva presenta, vediamo il rischio che questa tecnologia diventi divorante, totalizzante, che inglobi ogni segmento, ogni area, ogni sfera dell’esistenza umana, perfino quell’erotica. La robotica sessuale Da pochi anni infatti, uno studioso dell’intelligenza artificiale, un olandese che si chiama David Levy ha progettato quella che è stata chiamata la “robotica del sesso”. Si tratta di androidi che, secondo le previsioni di Levy, saranno i nostri partner ideali. Ognuno di noi, uomo o donna, presto, nel giro di cinque o sei anni, sostiene Levy, farà l’amore con degli androidi, il che presenta grandi vantaggi dal suo punto di vista. Sono infatti automi perfettamente configurabili sul nostro desiderio, sono quello che noi vogliamo, perfettamente, così come lo immaginiamo. Sarebbe, in pratica, la realizzazione del sogno di Pigmalione, un sogno antico, che ha però uno sfondo minaccioso: la cancellazione della possibilità di desiderare, di farsi sorprendere dall’imprevisto, di farsi cogliere dallo stupore, dall’improvvisazione, dall’avventura che costituisce il desiderio. Il partner ideale è il partner senza desiderio, che non interferisce con il nostro godimento egocentrico e puramente narcisistico. Ebbene, se abbiamo ancora bisogno della psicoanalisi è perché abbiamo ancora bisogno di preservare spazi che si sottraggano allo sconfinato impero del calcolo, che si sottraggano alla robotica sessuale. Non mi scandalizza, personalmente, che si possa avere voglia di fare l’amore con un partner robot, mi inquieta però l’idea che si possa aver l’idea di fare l’amore solo con un partner robot, e la psicoanalisi, credo, esiste anche per proteggerci da questo. Bene, volevo solo darvi un ventaglio delle possibilità su cui si apre il volume che presentiamo questa sera, un volume pubblicato dieci anni fa in francese, e trent’anni dopo gli ultimi testi che Lacan ha pubblicato, ma che è tuttavia ancora di grande attualità, che ha delle potenzialità per farci capire la realtà in cui viviamo. Questa sera abbiamo qui con noi per discuterne Jean-Louis Gault, psicoanalista dell’Ecole de la Cause freudienne, che ci parlerà in italiano, un collega francese che parla un ottimo italiano, e Rocco Ronchi, filosofo, docente di filosofia teoretica all’Università dell’Aquila.
2 Comments
28/1/2014 07:16:45 am
Marionettes, Inc.
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marco focchi
28/1/2014 07:41:31 am
Dear Marco, thank you very much for this story, really relevant and very enticing!
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