Marco Focchi Un tema clinico impostosi nel lavoro del Campo freudiano durante i decenni che ci separano dalla morte di Lacan è senz’altro quello del declino del Nome del Padre. Si tratta di un tema che ci fa entrare nell’ordine di idee di una pratica non più necessariamente imperniata sulla metafora paterna, concetto centrale nell’elaborazione di Lacan degli anni Cinquanta, e che apre la prospettiva della pluralizzazione. Una clinica che mette l’accento sulla pluralizzazione va nella direzione di lavorare su quel che funziona come supplenza del Nome del Padre, e sappiamo che quel che interviene come supplenza in questo senso è il sintomo, nell’infinita varietà delle sue manifestazioni e dei modi in cui si produce.
Una pratica orientata dalla metafora paterna ha necessariamente un punto di mira normativo. Anche Lacan, quando nel Seminario V formula per la prima volta la grande innovazione costituita al tempo dalla metafora paterna, considera che essa abbia la funzione di determinare la norma del desiderio. Una clinica del declino del Nome del Padre al contrario non è orientata dalla norma, che ha sempre una direzione univoca, ma dal sintomo nella sua molteplicità e grande varietà. Una clinica del sintomo non implica un trattamento mirato alla sua soppressione. Si tratta piuttosto di separare il sintomo dalla sofferenza per farne valere il carattere di risorsa, di mezzo di godimento. Possiamo in questo misurare la distanza tra la clinica basata sul modello nato dall’esperienza degli Studi sull’isteria – con il caso esemplare di Anna O. dove la rivelazione del senso scioglie il sintomo – a una clinica formulata piuttosto nella prospettiva joyciana assunta da Lacan nel suo ultimo insegnamento. Nella lingua joyciana non c’è da cercare un senso, c’è invece un gioco di intrecci verbali, di calembours, di enigmi fatti di parole nascoste nelle parole. La lingua di Joyce non è una lingua del senso, che cerca le proprie risonanze nel fantasma, è una lingua dei nodi di parole. Possiamo vedere in questa prospettiva quel che spinge Lacan negli ultimi anni a elaborare una clinica borromea, cioè una clinica dei nodi. Non si tratta più di far sparire il sintomo come ai tempi di Anna O. ma di farlo valere nelle sue potenzialità una volta liberato dai lacci immaginari del senso. Nel ’64 Lacan si domandava cosa ne fosse della pulsione a termine analisi. Se consideriamo la scrittura della pulsione: $<>D, vediamo che, proprio perché non ha una barra, perché non si scrive come una metafora che è il per eccellenza dispositivo generatore del senso, è una scrittura che elude l’immaginario, presentando un simbolico in presa diretta con il reale. In altre parole la pulsione è il sintomo una volta spogliato dei miraggi immaginari in cui è avvolto. Questa, direi, è la forza di una clinica del declino del Nome del Padre, che ha la capacità di funzionare abbracciando una prospettiva ateologica, perché non ha bisogno di rivolgersi a un nome trascendente per dare senso alla vita.
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Settembre 2024
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