Presentazione del dibattito tenuto il 21 settembre 2018 presso la sede milanese dell'Istituto freudiano sul tema "Lo spazio pubblico" di Marco Focchi Il tema dello spazio pubblico su cui dovremo lavorare è incentrato sull’idea della de-segregazione, cioè dell’apertura. L’articolazione tra psicoanalisi e politica in questo senso è messa nella prospettiva della de-segregazione. Il punto di partenza del ciclo è stato sullo spazio globale, e abbiamo esplorato l’apertura dello spazio che proviene dalle nuove tecnologie e dal fenomeno della globalizzazione, dal quale evidentemente la psicoanalisi è investita in molti aspetti. Il secondo punto ha riguardato lo spazio privato, essenzialmente la famiglia. Abbiamo qui esplorato le nuove configurazioni della famiglia contemporanea, le famiglie a geometria variabile con tutte le implicazioni e le ricadute che queste possono avere sul piano sociale e sul piano della clinica psicoanalitica. Il terzo incontro è oggi sullo spazio pubblico. Siamo abituati a pensare la psicoanalisi come strettamente correlata allo spazio privato, alla famiglia. L’esperienza psicoanalitica si svolge poi in un luogo chiuso, dove due persone si incontrano periodicamente, parlano delle cose più intime, più interiori, e attraverso questi incontri rintracciano l’inconscio. Siamo però formati ormai a pensare all’inconscio non come a un sacco chiuso da cui si tirano fuori le cose, ma come a qualcosa di per sé aperto. Se pensiamo alla definizione che Lacan dà dell’inconscio come discorso dell’Altro già siamo messi sulla via che evita alcuni vicoli ciechi.
Cosa significa che l’inconscio è il discorso dell’Altro? Significa innanzitutto che c’è un discorso che si fa, e si fa come una sorta di bricolage, di tanti pezzi presi da momenti diversi, che diventano segni di qualche evento particolare: la prima volta in cui ho visto i miei litigare, la volta in cui l’immagine di un film mi ha rapito, il momento in cui ho visto la ragazzina dei miei sogni, la volta in cui una macchina mi ha sfiorato e mi ha fatto quasi cadere, la prima in cui mi sono reso conto della differenza tra un uomo e una donna. Sono flash, lampi di vita, esperienze che si segnano come memorabili, si raccolgono in me, diventano indimenticabili. Il discorso è fatto di queste cose. È vero che l’inconscio è strutturato come un linguaggio, come propone Lacan nella prima parte del suo insegnamento, ma questo linguaggio è tratto dalla concretezza della vita, dal ribollire realtà, dal mondo in cui siamo, dalle cose che si contrassegnano e diventano cose “per noi” in un a serie di incontri. Se descriviamo così l’inconscio, vediamo è già, in fondo, uno spazio pubblico. Che l’inconscio sia il discorso dell’Altro vuol dire che l’inconscio è innanzitutto pubblico, è ciò che sta intorno e che mano mano il soggetto trova per via, e che non è né fuori né dentro. L’interessante è poi come questo bricolage di segni, di fatti accidentali che per me diventano rilevanti si trasforma nell’inconscio con cui mi rapporto, ciò attraverso cui attingo al godimento. Perché in fondo è questo l’inconscio: un raccordo con il godimento. Dobbiamo parlare allora di soggettivazione. C’è la nozione di soggetto dell’inconscio, che non è freudiana, è un concetto introdotto da Lacan. È un concetto fondamentale perché è ciò attraverso cui lo spazio aperto dell’inconscio come discorso dell’Altro diventa l’inconscio che mi attraversa, diventa l’inconscio attraverso cui io vivo, si trasforma nell’esperienza attraverso cui sono determinato nei miei comportamenti, nella mia condotta, nelle mie scelte. Vediamo allora come già di per sé la nozione di inconscio implichi un rapporto con la politica. È interessante vedere come ci possano essere intersezioni, per esempio, con le elaborazioni di Althusser negli ultimi anni della sua riflessione, quando pone un equivalenza tra inconscio e ideologia – qui ci sarebbe molto da discutere. Cè l’idea per esempio di Althusser che l’inconscio è senza soggetto – ed è forse l’unico punto in cui si discosta da Lacan, che è un pensatore di cui ha sempre seguito l’orientamento. Che ci sia un soggetto dell’inconscio è in fondo il punto di raccordo necessario che Lacan pone tra lo spazio aperto, lo spazio pubblico dell’inconscio, e il fatto che sono permeato, traversato dall’inconscio. Proprio perché l’inconscio è concretamente strutturato, come ho cercato di spiegare, noi possiamo pensare ai programmi di psicoanalisi applicata che permettono di aprire l’intervento della psicoanalisi nella città. Non stiamo più così soltanto nel chiuso dello studio, entriamo nel lavoro delle istituzioni, delle scuole, nelle strutture pubbliche, e portiamo il contributo della psicoanalisi attraverso interazioni concrete tra le consegne dell’istituzione e la messa in gioco dell’inconscio. Abbiamo in questa prospettiva le coordinate minime che possiamo considerare per aprire il dibattito su temi che ci mostrano le direttrici in cui si prolunga quel che possiamo chiamare il futuro della psicoanalisi.
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