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Conferenze, seminari, interventi e testi del dott. Marco Focchi
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Clinica dell'eccesso

8/6/2023

1 Comment

 
Foto
Intervento alla tavola rotonda organizzata il 23 maggio 2023 presso la Casa della psicologia in occasione d ella presentazione del libro di Domenico Cosenza Clinica dell'eccesso, FrancoAngeli, Milano 2022.

Marco Focchi

La clinica dell’eccesso è un libro che costituisce un punto di svolta nella riflessione che Domenico Cosenza sta conducendo da parecchi anni. Si tratta di un lavoro particolarmente incentrato sulla pratica clinica. Per quanto presenti una significativa riflessione teorica sulle patologie contemporanee, quelle che sempre più spesso ci troviamo ad affrontare nelle nella pratica psicoanalitica oggi, in questo libro non si perde mai di vista il filo conduttore dell’esperienza. Questo orienta tutte le sezioni del libro, che vanno dai disturbi alimentari – campo in cui Cosenza ha un’esperienza pluridecennale – all’adolescenza, in cui si riflettono nitidamente i problemi della contemporaneità, a temi di grande attualità come la filiazione o le nuove configurazioni familiari, includendo quelle costituite dalle coppie omosessuali.

Con questo libro possiamo gettare uno sguardo nuovo su questioni alle quali da tempo abbiamo posto attenzione. Presenta infatti una riformulazione attuale di temi che nel Campo freudiano si sono cominciati ad affrontare a partire dagli anni ’80. La diversa prospettiva che ne emerge è il contributo davvero innovativo che Cosenza ci offre non solo per la precisione teorica con cui tratta questi temi, ma per le nuove possibilità di trattamento che fa cogliere.
Lo spazio clinico rivisitato nell’ottica nuova del libro è quello che negli anni ’80 era stato definito come clinica dei nuovi sintomi. Cosa significa nuovi sintomi? Significa innanzi tutto sintomi che non corrispondono al classico paradigma freudiano, quello inaugurato con gli Studi sull’isteria, dove l'esempio più famoso è il caso di Anna O. Nel caso, man mano che affiorano simboli come metafore di elementi pulsionali, questi vengono decifrati, interpretati, e la messa a nudo dell’elemento che nascondevano fa sì che si dissolvano. Il sintomo freudiano classico è infatti il supplente di un soddisfacimento pulsionale che non può dichiararsi, e una volta riconvocato il titolare, il supplente non è più necessario e viene dunque congedato.
I nuovi sintomi non si prestano a questa operazione di sostituzione, non si formano come metafora, e quindi non offrono il fianco all’interpretazione. Il modo di affrontarli deve dunque partire da presupposti diversi. Il paradigma dei nuovi sintomi cede però all’usura storica, e mostra dei limiti che spingono al suo superamento verso un nuovo paradigma, quello proposto da Cosenza come clinica dell’eccesso.
La clinica dell’eccesso impone un ritorno a Freud, diverso però da quello realizzato da Lacan negli anni ‘50: impone un ritorno al Freud della pulsione. Questa nozione, che Freud aveva definito come mitologica e che Lacan aveva inizialmente squalificato nel testo inaugurale del suo insegnamento, si rivela ora cruciale per la definizione della clinica contemporanea. Dobbiamo considerare che il soddisfacimento nell’essere parlante non è mai in equilibrio, non è mai adeguato, non collima mai esattamente con la spinta pulsionale. Se nell’epoca di Freud questa inadeguatezza si manifestava come mancanza, dando voce ai sintomi isterici quali espressione di un desiderio che non poteva dirsi – in particolare nell’esistenza femminile, se consideriamo la condizione della donna in epoca vittoriana, e non per nulla la maggior parte, se non tutte le pazienti degli Studi sull’isteria sono donne – oggi la disarmonia rispetto alla pulsione di manifesta come eccesso. Cosenza lo ha perfettamente colto e  ha cominciato a formulare una clinica che possa commisurarsi a questo nuovo quadro.
L’eccesso è infatti l’eccesso di un godimento che non passa per il circuito dell’Altro, che si chiude su di sé in un giro autistico, è un godimento che non passa per una perdita, per una cessione, per il pagamento di quel debito necessario alla costituzione di un legame sociale, come ben illustra Freud ne Il disagio della civiltà.
Qui si evidenzia il nesso della clinica con la politica, che nel libro è delineato molto chiaramente. Le patologie dell’eccesso sono infatti patologie del capitalismo contemporaneo. Con il capitalismo contemporaneo abbiamo infatti una costruzione sociale che non ha bisogno di particolari apparati di repressione per la gestione delle masse. Questa forma di capitalismo si fonda sulla crescita costante della produzione e sul consumo, in modo tale che la gestione passa per l’offerta di un prodotto sempre disponibile, per la sollecitazione del desiderio da colmare con oggetti paccottiglia, per una ipersazietà. La gestione capitalistica attraverso l’ipersazietà la vediamo in particolare riflessa nella gestione di bambini ipersaziati di giocattoli, di compiti, di corsi, ed è un modo sicuro di produrre bambini iperattivi che saranno consumatori insaziabili.
Freud vedeva nella masturbazione il modello di ogni forma di dipendenza, di relazione cioè con un oggetto che non passa per il circuito dell’Altro. Il godimento così ricavato era però un godimento segnato dal senso di colpa. Il gioco di prestigio del capitalismo contemporaneo consiste nel separare il godimento dalla colpa. L’universo morboso della colpa, di cui parla Lacan nel seminario su L’etica va completamente sullo sfondo, passa in secondo piano, e il soggetto non è più in grado di rendersi responsabile del proprio godimento, cosa che è il punto d’arrivo dell’operazione analitica, quando l’analisi accompagna il soggetto nella traversata del fantasma.
Il godimento pieno e senza limiti di cui si parla nel libro è invece un godimento che cortocircuita il fantasma. Dobbiamo infatti considerare che il fantasma porta comunque in sé il segno della castrazione, e implica un allestimento scenico e simbolico. Il godimento fuori fantasma è invece un godimento senza colpa, che passa nell’impunità. È un aspetto che è stato studiato dai nostri colleghi spagnoli nelle giornate di lavoro svoltesi qualche anno fa dal tema Godimento, colpa, impunità.
Cosenza mostra poi con molta chiarezza il volto rovesciato della forme di patologia dell’eccesso che si manifestano come dipendenza. Mostra infatti l’illusione che i circuiti di godimento consumistico legati all’oggetto merce fanno apparire come autosufficienza, come padronanza di sé. Questo si vede in particolare in quel tipo di cogito contemporaneo che si formula come: sono quello che dico, la cui modalità abbiamo studiato nelle ultime giornate a Parigi dell’Ecole de la Cause freudienne. Sono quello che dico è una formula di chiusura affermativa sul proprio godimento assunto in modo identitario, che taglia fuori ogni possibilità di interrogare le premesse inconsce di  una soggettività autoaffermativa. Per questo occorre un’altro genere di approccio a queste patologie, un approccio che non passi per l’interpretazione semantica.
Il libro ne esplora diverse, che vanno dall’orientarsi subito sulla dimensione reale del sintomo, attraverso una parola che non faccia leva sul senso ma incida sul reale del godimento, a un intervento sul reale della ripetizione sintomatica, alla rimessa in gioco di una clinica borromea che lavori su una ritessitura e su un nuovo annodamento delle dimensioni costitutive per il soggetto.
Credo si tratti di prendere sul serio la chiave in cui Lacan presenta il linguaggio non come vettore di comunicazione, ma come qualcosa che produce effetti sul corpo, e l’effetto fondamentale è quello di separare il corpo dal godimento.
Non si tratta quindi, nelle patologie dell’eccesso, di una clinica della semantizzazione, ma della separazione, del taglio o della ricucitura, dell’annodamento o dello snodamento. La clinica borromea, l’ultima che Lacan ha presentato, mostra nelle patologie dell’eccesso tutta la sua rilevanza pratica e il suo carattere imprescindibile per un ripensamento contemporaneo della psicoanalisi.
1 Comment
Nazzareno
22/6/2023 06:41:14 am

Molto interessante la riflessione su godimento e senso di colpa nel mondo contemporaneo: una coazione a ripetere che non da felicità ma che ci terrà legati in un meccanismo in cui l unico senso è la ripetizione.

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