Marco Focchi Nella psicoanalisi il rapporto con il tempo è un tema classico: Freud discuteva della temporalità o dell’atemporalità dell’inconscio, Lacan incentrava le proprie sedute sulle scansioni di quel che ha chiamato tempo logico. Su un piano fenomenico poi il tempo di elaborazione è quel che tutti gli analisti riconoscono come necessario perché l’intervento sul materiale inconscio possa svolgere il proprio lavoro. Il rapporto con lo spazio è invece stato un argomento meno studiato. Abbiamo avuto occasione di discuterne in una tavola rotonda a partire dal libro di Matteo Vegetti L’invenzione del globo. La prospettiva considerata dal libro, dopo il Nomos della terra di Carl Schmitt, e dopo la trasformazione dello spazio derivante dal superamento della frontiera oceanica, è quella della conquista dell’aria, aperta dalla possibilità della navigazione aerea ma anche, e per noi prioritariamente, dalla circolazione dei dati che si affranca dai propri supporti materiali cominciando a frequentare le vie dell’etere, e trasformando in modo importante le modalità della politica e le relazioni tra le persone. Le onde radio, le trasmissioni televisive, ma soprattutto internet, che nasce in modo assolutamente deregolamentato e che ora, dopo lo scandalo di Cambridge analytica si sta cercando di cominciare a normare, contengono in sé un principio di sradicamento territoriale, di vanificazione delle frontiere, di redistribuzione dei poteri al di fuori dei luoghi istituzionale tradizionalmente deputati a contenerli, sia nel senso di detenerli sia nel senso di limitarli.
Accanto alla significativa capacità di alterare la distribuzione dei poteri, dobbiamo constatare come la modificazione del rapporto con lo spazio abbia anche una forte incidenza nella trasformazione del legame sociale. Odio, sapere, desiderio Assistiamo in primo luogo allo sdoganamento delle sentine d’odio, una volta circoscritte a una propagazione in piccoli gruppi, e che ora possono invece circolare a cielo aperto sulla rete. Il primo effetto nell’esternazione dell’odio senza mediazioni è la destituzione dell’altro dalla dignità di persona. È esemplare l’esperienza di Luca Traini che, a Macerata, per vendicare l’omicidio di Pamela Mastropietro, ha sparato in modo indiscriminato su alcune persone di colore. A un anno di distanza, in un’intervista rilasciata a Ezio Mauro, Traini dichiara di non riuscire più a riconoscersi nel cecchino che ha preso di mira uomini e donne a lui sconosciuti, solo perché rappresentavano ai suoi occhi il colore di chi riteneva essere l’assassino di Pamela. Sono casi estremi, probabilmente dovuti a patologie mentali pregresse, che prendono però forma nella situazione in cui sono immerse, situazione configurata da un simbolico che consente, o non sanziona, l’odio per il diverso, che dà spazio a un odio dichiarato e senza filtri. Su un altro piano vediamo poi una radicale trasformazione della relazione con il sapere. Se un tempo l’acquisizione del sapere passava attraverso un legame di transfert tra allievo e maestro, oggi si ha a portata di mano un’informazione spicciola, standardizzata e sovrabbondante. L’accesso a una quantità precedentemente inimmaginabile di documenti è naturalmente un grande vantaggio se si è in grado di avere un rapporto critico con le fonti. Il problema tuttavia è un altro, è piuttosto la riduzione del sapere a una sorta di deposito oggettivato. L’acquisizione di un sapere ha sempre richiesto un mediazione intersoggettiva, una fatica d’appropriazione e un costo che si accompagnavano a una personalizzazione creativa. L’esistenza di quel che potremmo chiamare magazzini di sapere aperti 24h su 24 mette ora questo sapere a distanza ravvicinata, lo offre come fruibile secondo necessità, e ne rende quasi superflua la conquista soggettiva. Credo che a chiunque tenga conferenze pubbliche sia capitato, citando un nome, un riferimento, un libro, di vedere le persone nel publico cercare nei loro smartphone, vuoi per avere immediatamente il documento in questione, vuoi per verificarne l’esattezza, vuoi per semplice curiosità. Chiaramente si è trasformato il rapporto con le fonti di autorevolezza o, meglio, si è spostato il riferimento d’autorevolezza, che è diventato piuttosto impersonale. Molti adolescenti che seguo in analisi preferiscono studiare su internet che sui libri consigliati dai professori, perché questo dà loro l’impressione di poter scegliere, di non dipendere dall’orientamento che la scuola vuole imprimere. Quello che sarebbe uno spazio di libertà diventa però un limite quando è cercato prematuramente e senza strumenti adeguati. Una terza grande trasformazione è nel rapporto con il desiderio. Incide anche qui certamente la creazione di grandi magazzini che, in questo caso, potremmo chiamare depositi di fantasmi reificati. L’esperienza psicoanalitica mostra come il desiderio passi sempre attraverso il fantasma. Occorre uno scenario particolare per accenderlo, ed è necessario entrare in un labirinto fatto d’immagini, di parole, di parvenze che fungono da innesco. La presenza reale del partner è rivestita e mediata da un luogo mentale simile all’ariostesco castello di Atlante, dove s’inseguono figure che occhieggiano un solo istante e si subito si sottraggono, dove l’oggetto desiderato è evocato tra veli da cui s’intravede come presenza fuggevole. L’erotismo in questo senso è un soprattutto un sublime esercizio di fantasia. I siti porno di internet sono grandi depositi di fantasmi preconfezionati e standardizzati in categorie predefinite, sempre disponibili e facilmente accessibili. Diversi pazienti che seguo mi hanno manifestato l’esperienza di un senso di logoramento del desiderio indotto dalla frequentazione intensiva di siti porno. Il decadimento del fantasma nell’oggettivazione di una disponibilità illimitata ne smussa evidentemente la potenza d’innesco del desiderio. Lo spazio e il luogo Un ulteriore osservazione sul mutamento del rapporto con lo spazio riguarda lo studio dell’analista. All’origine lo studio era uno luogo ritagliato dal mondo, separato dal turbine della vita. Come lo scienziato che studia le forze della natura non si immerge senza mediazioni nel loro flusso, ma ne isola un campione in laboratorio e lo tratta attraverso precisi protocolli, così lo psicoanalista, avendo a che fare con le pulsioni di vita e di morte, non si espone alla turbolenza delle passioni allo stato brado, ma vi lavora in un luogo definito, seguendo determinate procedure, in un preciso dispositivo. Affronta così le grandi questioni della vita, dell’amore, del sesso, della morte che si traducono nei sintomi del paziente, nelle sue angosce o nelle sue inibizioni. Lo studio, luogo d’incontro con il paziente, è sempre stato per l’appunto un luogo, cioè un punto singolare, che richiede un attraversamento, che ha una sua densità. Diversamente dallo spazio, che può essere geometrizzato, astratto, ridotto a zero fino a non richiedere nessun transito, il luogo ha uno spessore concreto. Può essere una foresta, una radura, un fiume, una città, un’abitazione, una strada. Implica ostacoli, legami, contraddizioni, punti di resistenza, momenti di verità, fattori non riducibili alla geometrizzazione e alla scomposizione algoritmica del pensiero scientista e degli apparati burocratici. Con la rivoluzione dello spazio aereo, conquistato da internet, lo studio dell’analista (con questo intendiamo qualsiasi luogo, privato, istituzionale o anche virtuale, dove un paziente incontri un analista) è esposto alla possibilità di venir risucchiato nel processo di cancellazione dei confini, con il rischio di dissolverne la singolarità. La pratica di sedute via Skype è sempre più frequente, ora anche ufficialmente approvata dall’Ordine degli psicologi. L’ausilio tecnologico di fatto annulla la distanza. È possibile non far perdere sedute a pazienti che si muovono spesso per lavoro, o incontrare pazienti che vivono in altre città, o economizzare il tempo degli spostamenti. I vantaggi sono innegabili. L’importante è riuscire a fare in modo che l’incontro, pur virtuale, avvenga in un luogo e non nella pura neutralità asettica dello spazio. Il luogo dell’analisi, nel dibattito degli anni Cinquanta, era definito dalle regole del setting, rigide, artificiose, spesso minuziose, che giungevano a definire in dettaglio i comportamenti da tenere o da evitare (per esempio: è opportuno o no dare la mano al paziente al termine della seduta?) fino a spegnere ogni spontaneità e a rendere un’immagine trattenuta, contratta dello psicanalista, come mero specchio opaco. Questo rituale, che appare oggi superfluo, aveva una funzione quasi cerimoniale, come per preservare l’incontro dall’assorbimento nel magma del qualunque, nella riduzione all’equivalenza con qualsiasi altro incontro. Oggi sappiamo che il vero punto di resistenza, l’effettiva differenza qualificante sta nella preservazione della dissimmetria che distingue l’incontro analitico da qualsivoglia incontro intersoggettivo. Parlare con l’analista non è come parlare con il compagno o con l’amico perché la posizione da cui risponde non è quella di una simmetria immaginaria. Dobbiamo però sapere che lo spazio esterno traversa il luogo analitico, anche se non lo invade, e questo basta a farci capire che dobbiamo occuparcene. La fine dell’extraterritorialità La psicoanalisi non vive più in una zona extraterritoriale, come poteva sembrare nelle rarefatte atmosfere hollywoodiane in cui era diffusa la sua rappresentazione popolare, ma è a pieno titolo nel mondo, ed è implicata nelle sue relazioni e nella complessità della sua politica. Preservare il luogo non significa astrarsi dallo spazio globale in cui tutti viviamo. Fino alla fine degli anni Ottanta la psicoanalisi era invisibile allo Stato perché non era regolamentata e non aveva nessuno statuto legale. Nel 1989 è stato promulgata in Italia prima che in qualsiasi altro Paese, una legge sulla regolamentazione della professione di psicologo includendo anche la psicoanalisi. Negli anni successivi altri paesi europei si sono mossi per definire uno statuto giuridico della psicoanalisi. Nel momento in cui la psicoanalisi entra nello spazio pubblico uscendo dall’invisibilità legislativa non può sottrarsi all’implicazione nelle decisioni che regolano lo spazio comune. Lo spazio comune sarà sempre più lo spazio europeo, e questo ha reso urgente aprire il dibattito inaugurato dal Forum dello scorso 16 febbraio a Milano sul tema Amore e odio per l’Europa. Sarà questo il trampolino di lancio per un’articolazione della psicoanalisi con la politica che se già a partire da Psicologia delle masse e analisi dell’Io di Freud è nei concetti costitutivi della psicoanalisi, diventa ora un compito fattivo e impegna direttamente gli psicanalisti, con la loro pratica e con il loro sapere, sulla scena sociale, dove sono sempre stati forse anche prima di averne consapevolezza.
1 Comment
1/11/2019 05:48:55 pm
A mio parere è ideologicamente pericoloso oltre che palesemente falso affermare che la psicoanalisi rientra nella legge dello stato. È pericoloso ridurre la psicoanalisi alla psicoterapia. Le scuole di psicoanalisi hanno operato ancora peggio delle multinazionali costringendo i loro iscritti all'analisi con i propri docenti sotto l'egida dellalegge, accettando solo psicologi e medici, e soffocando le piccole associazioni. Abbiate la decenza di dichiararvi psicoterapeuti e basta. Inoltre non vi state neppure accorgendo del livellamernto intellettuale e della distanza che ormai vi separa dall'ascolto analitico. Povero Freud e povero Lacan!
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