Web conference tenuta per l'Istituto superiore di Studi Freudiani Jacques Lacan - Sezione di Napoli, il 9 maggio 2020 Marco Focchi A partire dagli anni Settanta Lacan, per indicare la logica in cui si ripartiscono le posizioni sessuali maschile e femminile, comincia a utilizzare il termine sexuation. Si tratta di una parola insolita, non in uso nel francese, un vero e proprio neologismo. Naturalmente siamo abituati alle stranezze linguistiche che pullulano nel modo di esprimersi di Lacan. A volte si tratta di giochi di parole, altre volte di mot-valise, le parole macedonia – come si esprimeva Bruno Migliorini – che condensano un concetto in una fusione verbale di diversi termini, o altre volte ancora di intrecci di suoni, come nel titolo Les non-dupes errent, omofono a Les noms du Père. Con il termine sessuazione non c’è niente d tutto questo: non è né un divertissement verbale, né un conglomerato di suoni destinato a veicolare un concetto. Si tratta semplicemente di una nuova denominazione, e nel cammino del pensiero le nuove denominazioni sono in genere destinate a esprimere concetti non è ancora apparsi all’orizzonte, che manifestano una nuova piega, un risvolto inedito del pensiero. Se prendiamo il tema della sessualità, tuttavia, vediamo che nella storia della psicoanalisi si pone fin dall’inizio, e fa quindi parte pregnante della sua tradizione, essendo al tempo stesso quanto vi è in essa di più rivoluzionario. Possiamo senz’altro infatti dire che per molti versi la rivoluzione sessuale del Novecento è figlia di Freud, soprattutto perché nel pensiero psicoanalitico la sessualità è stata sin dall’inizio riconsiderata e riformulata da cima a fondo. È Freud il primo a considerare che il destino soggettivo e l’anatomia possano prendere cammini differenti che possono essere benissimo divergenti. Il pensiero di Freud amplia il campo di quel che consideriamo abitualmente come sessualità, estendendolo rispetto a quel che possiamo includere in base all’evidenza empirica, e facendo della sessualità quel che Marx ha fatto dell’economia: un motore delle azioni umane. Quando parliamo della sessuazione e delle formule in cui Lacan la scrive, intendiamo abitualmente un modo di soggettivazione della posizione sessuale, cioè un modo per un soggetto, indipendentemente dalla costituzione anatomica, di rapportarsi all’essere uomo o all’essere donna. Letto in questa chiave tuttavia il tema della sessuazione non si discosterebbe da quel che già era implicito nel modo freudiano di trattare il problema. Bisogna tuttavia tener conto sullo sfondo storico dei termini che Lacan mette in gioco nell’affrontare la questione, e questo è costituito dal vivace dibattito che ebbe luogo negli anni Trenta tra Vienna e Londra sul problema della sessualità. Un certo numero di analisti all’epoca, tra cui Helene Deutsch, Ruth Mack Brunswick, Jeanne Lampl de Groot, consideravano che nella bambina non ci fosse una conoscenza, se non molto tardiva, della vagina, mentre un altro gruppo, comprendente Karen Horney, Melanie Klein, Ernest Jones, riteneva che la bambina si riconoscesse come femminile sin da subito. L’idea di Freud era che esistesse solo una sessualità maschile fallica, e che negli stadi pregenitali non ci fosse ancora nessuna organizzazione ripartita tra maschile e femminile. Quella di Melanie Klein invece si incentrava sulla prevalenza del seno materno, per cui la bambina desidererebbe il pene paterno sotto la spinta della pulsione orale, e il desiderio orale del pene diventerebbe allora il prototipo del desiderio genitale vaginale. Le posizioni tra Vienna e Londra così si polarizzano dando luogo a un interessantissimo confronto sull’esistenza o no di una libido specificamente femminile o, diversamente, sulla ripartizione di maschile e femminile a partire da una sola libido connotata dal significante fallico. Negli anni Cinquanta Lacan si colloca dalla parte dei viennesi, e il suo modo di definire la differenza sessuale è piuttosto classico: la ripartizione sessuale avviene nel maschile intitolandosi all’esercizio del fallo nel tempo conclusivo della metafora paterna – che per Lacan formalizza l’Edipo freudiano – mentre nel femminile avviene identificandosi con il fallo, cioè con l’oggetto di desiderio maschile. Le due posizioni si distribuiscono così in rapporto a un solo significante, che è quello fallico. Su questo aspetto le formule della sessuazione mantengono il punto, giacché sono tutte costruite a partire solo dal significante del fallo simbolico, e in questo senso la linea viennese è mantenuta inalterata. Naturalmente tutto si complessifica. Maschile e femminile non si distinguono più solo in base all’essere o all’avere il fallo. La logica presentata consiste piuttosto nell’introdurre una posizione d’eccezione per il maschile che consente di costituire l’insieme degli uomini. Nella logica perché un insieme possa formarsi occorre sia denominato da un elemento che non appartiene all’insieme stesso. Questo elemento, nelle formule di Lacan, è il padre, come unico elemento non soggetto alla funzione fallica, cioè alla castrazione. L’appartenenza all’insieme degli uomini implica invece che il rapporto con la castrazione rivesta un carattere di necessità. Nel femminile invece l’insieme resta aperto. Per una donna non c’è chiusura, quindi non c’è limite, e il rapporto cone la castrazione riveste per questo il carattere della contingenza. È invece nella parte in basso del quadrato della sessuazione che vediamo come Lacan aggiunga qualcosa rispetto alla posizione freudiana, e quel che aggiunge è il modo in cui maschile e femminile si differenziano rispetto al godimento. Di cosa gode un uomo? Lo vediamo nella freccia che da $ punta ad a. L’uomo cerca la causa del proprio desiderio nel campo femminile dove, proprio perché una donna incarna il fallo, nasconde in sé l’agalma, l’oggetto prezioso, l’oggetto a minuscola. Notiamo però che $––>a è la formula del fantasma. Un uomo ha quindi rapporto con una donna attraverso lo schermo del proprio fantasma, e il fatto che essa possa collocarvisi rende possibile per lei diventare la partner-sintomo di un uomo. Una donna si colloca nella posizione dell’oggetto a, causa di desiderio dell’uomo. È quel che avviene finché lacerazione d’amore tiene, ma se si smorza il primo fuoco dell’innamoramento, questa condizione può diventare fomite di lamentela. È qual che le donne a volte portano in analisi come recriminazione: “Si masturba usando il mio corpo!” Se la donna non riesce a tenere la posizione di oggetto causa di desiderio, o semplicemente se a un certo punto la rifiuta, se ne discosta, è allora questo il momento in cui comincia a sentirsi usata. Si percepisce infatti come decaduta dalla posizione d’essere l’unica, che è la condizione dell’amore. Si sottrae allora, si sente incompatibile con il ruolo richiestole. Cominciano così le situazioni che nelle mediazioni di coppia sono chiamate di solito “incompatibilità di carattere”. Accanto alle triangolazioni, queste sono tra le cause maggiori di divorzio. Si tratta in realtà di incompatibilità fantasmatica perché, rottosi l’incantesimo, spezzatasi la magia dell’innamoramento iniziale, dietro le parvenze della mascherata femminile e della parata maschile, lui non era lui e lei non era lei: è quando si comincia a dire: non ti conosco più! Non sei più l’uomo – o la donna – che avevo sposato. La donna invece, nelle formule di Lacan, ha un rapporto completamente diverso con il godimento. La donna cerca un complemento alla propria inconsistenza. La sua inconsistenza è fondamentalmente l’inconsistenza dell’Altro, che Lacan sigla con S di A barrato. Questa inconsistenza si trasferisce su quel che Lacan chiama l’inesistenza della donna. Cosa vuol dire? L’Altro maiuscolo è un insieme inconsistente, cioè incompleto o contraddittorio. L’inconsistenza in matematica si traduce come inesistenza. Se in matematica abbiamo una contraddizione, tipo A≠A, allora diciamo che questa formula non esiste. Quando Lacan dice che la donna non esiste, riporta su di lei l’inesistenza dell’Altro come insieme incoerente, e il fatto che non ci sia una posizione d’eccezione, come abbiamo visto, a costituire in modo coerente l’insieme femminile, si presta esattamente a mettere in risalto questa inesistenza. Ragione per cui, come abbiamo detto, una donna cerca un complemento alla propria inconsistenza e lo trova nel fallo simbolico che sta nel lato maschile. Le formule di Lacan pongono dunque in risalto, oltre alla diversa messa in gioco della funzione fallica nei due campi, la totale dissimmetria tra due modalità di godimento. Mentre il fallo, il priapo, la figura itifallica, che vediamo in tante statuette greche o romane dove il fallo è rappresentato eretto, è il segno che fa sentire una donna desiderata, e che le conferisce l’unicità che è condizione dell’amore. Alla luce di questa lettura delle formule lacaniane della sessuazione è possibile ripensare completamente sia l'eterosessualità sia omosessualità. Quando Lacan dice, nell’Etourdit, che è eterosessuale chi ama una donna, qualunque sia il suo sesso, va nel senso di questo ripensamento e di questa riformulazione delle posizioni tradizionali. L’amore, dice in sostanza, va verso la differenza, verso l’heteron, e l’Altro sesso, cioè il sesso differente, quando Lacan vi si riferisce, è per eccellenza il sesso femminile. Si tratta di capire che l’aggiunta “qualunque sia il suo sesso” che conclude la frase citata nell’Etourdit, va intesa nel senso oggettivo, non nel senso soggettivo. Vale a dire: è eterosessuale chiunque ama una donna, qualunque sia il sesso di questa donna. Non è il soggetto dell’amore che deve essere donna, altrimenti sarebbe un’affermazione a senso unico, sarebbe valida solo per l’omosessualità femminile. È questa donna a cui si rivolge l’amore che può essere anche un uomo. Se è però amato nella differenza, allora che sia uomo o donna l’amore va comune nella stessa direzione. C’è eterosessualità dove c’è amore per la differenza, sia che si tratti di un uomo con una donna, sia che si tratti di una donna con una donna, sia che si tratti di un uomo con un uomo. Da questo punto di vista Lacan sgombra il campo dai pregiudizi che hanno per molti anni avuto un peso notevole nella psicoanalisi sia sul piano clinico sia su quello istituzionale, dove l’omosessualità poteva essere considerata come una degradazione perversa della sessualità. Idea questa sicuramente lontana da Freud che, diversamente da sua figlia, si è sempre battuto perché l’omosessualità fosse riconosciuta come una posizione legittima e neutra per la candidatura di uno psicoanalista. Naturalmente alla luce di questo sono profondamente da ripensare sia l’omosessualità sia le perversioni, sia il rapporto che intrattengono questi due termini, e questo ripensamento, abbiamo visto, ha le proprie origini già in Freud. La psicoanalisi, bisogna dire, nasce con il passo giusto, e non si lascia confondere tra quel che è pretesa oggettività di una falsa scienza o, invece, scelta politica.
2 Comments
19/7/2022 08:14:59 pm
Egregio Dottore,
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Christian
3/8/2024 01:19:07 pm
Che scelta ha fatto?
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