Conferenza tenuta il 26 febbraio 2022 via zoom per la Escuele lacaniana de psicoanalisis, Comunità di Madrid Marco Focchi Lacan muta notevolmente la sua concezione del linguaggio nel passaggio dal primo all’ultimo momento del suo insegnamento, facendo scivolare man mano sullo sfondo il rimando alla linguistica e introducendo un forte riferimento alla matematica. In un passaggio di …ou pire Lacan mette in particolare l’accento su quella che definisce come l’origine puramente topologica del linguaggio (p.90). Se si legge questo passaggio senza attenzione si può restare un po’ perplessi. Cosa significa infatti origine puramente topologica del linguaggio? Se ci confrontiamo con l’inizio strutturalista e saussuriano di Lacan, il linguaggio è fatto di opposizioni, di elementi atomici contrapposti fra loro. La topologia sembra invece dare al linguaggio una base completamente diversa rispetto a quella saussuriana, prolungata poi da Jackobson, che negli anni ’70 rimane ancora un interlocutore per Lacan. Confine, limite, frontiera, litorale
Per capire questo spostamento d’accento nella concezione del linguaggio – che implica anche una ridefinizione dell’inconscio che, in quanto essendo strutturato come un linguaggio, dipende evidentemente dalla concezione che ce ne si fa – bisogna considerare la svolta presentatasi nell’anno precedente, nel seminario D'un discours qui ne serait pas du semblant, che ha un punto alto in Lituraterre. Determinante in questo seminario è l’incontro con la scrittura cinese e con la pratica calligrafica, che permette di ripensare completamente la relazione tra lettera e significante. Lacan valorizza qui la differenza tra frontiera e litorale, che è un po’ la stessa differenza che Kant pone tra confine e limite. Per Kant il confine separa due domini, per esempio due discipline: in una circoscrizione troviamo l’economia politica, in un’altra la geografia, in un’altra ancora la logica, e così via. Le frontiere da una disciplina all’altra si possono valicare, come quando si passa la frontiera di uno stato, dove basta avere le carte in regola. Il limite invece porta a un estremo non valicabile, perché i limiti sono i limiti della ragione. Se consideriamo la frontiera in Lacan troviamo qualcosa di analogo. La frontiera infatti struttura una logica binaria, separa il territorio dividendolo tra una parte e un’altra, secondo quella stessa logica strutturalista saussuriana dove un significante S1 è definito dal fatto di non essere S2, e S2 dal fatto di non essere S3 e così via. Il litorale invece separa due regni distinti, quello della terra e quello del mare, e non lo si può traversare semplicemente continuando a camminare. La lettera quindi non risponde alla logica oppositiva del significante, perché analogamente al litorale delinea il bordo del buco del sapere e introduce un principio di relazione diverso, segna un limite del sapere, al di là del quale è lo spazio del godimento. C’è quindi in questa svolta un movimento d’insieme che porta dal significante alla lettera, da una clinica del taglio a una clinica dell’incordonatura, che è il modo in cui si ricongiungono due capi di una corda intrecciandoli, dalla coupure a quel che Lacan chiama épissure, dalla parola alla scrittura, dallo strutturalismo alla topologia. Direi quindi che quando in …ou pire Lacan parla di origine puramente topologica del linguaggio dobbiamo considerare lo sfondo di continuità in cui il linguaggio viene pensato, l’idea de lalangue, che è una lingua indiscreta piuttosto che una lingua fondata sull’ordine discreto del significante. Lacerazione L’origine topologica, aggiunge Lacan, si spiega a partire da qualcosa che è accaduto all’essere parlante riguardo alla sessualità, e d’altra parte l’essere parlante è parlante proprio in relazione a quel che gli è accaduto nel campo della sessualità. Cosa vuol dire? Che l’essere parlante è qualcosa di diverso per esempio dal bambino nella fase della lallazione. Il bambino nella lallazione gioca con i suoni, li usa come una parte del suo corpo, non è introdotto al taglio grammaticale. L’essere parlante comincia con la lacerazione che il “no” introduce nel fluire continuo e disarticolato dei suoni nella lallazione, e lo sfondo topologico appare a partire da questa lacerazione, dal “no” che lo separa dal godimento, che svuota l’Altro, come dirà più avanti Lacan. Il “no”, in questo senso, è anche ciò che sta al principio del sapere, perché lo delimita. Il “no” è il punto focale di quel che è accaduto alla sessualità, perché segnando l’estraniazione del godimento dal corpo, segna anche la sua irruzione, segna il momento traumatico, il momento trou-matique, come dice Lacan, perché fa un buco nell’immaginario. A causa di questa lacerazione dell’immaginario l’uomo perde la guida sicura dell’istinto, che conduce l’animale verso il partner sessuale, e comincia a sfogliare la margherita: “M’ama o non m’ama?”, perché ormai in preda al dubbio, alla deriva del linguaggio. A partire da qui, a differenza dell’animale, l’uomo non ha una via predefinita che lo conduca verso il partner. Non c’è rapporto sessuale perché l’incontro è contingente, incerto, fortuito, non scritto. Modello animale e modello dell’anima Il modello animale è preso come riferimento anche in …ou pire come modello di una corrispondenza biunivoca che presuppone l’universale, la possibilità indeterminata del rapporto di chiunque nell’insieme maschile con chiunque altra nell’insieme femminile. Al modello animale Lacan contrappone il modello animico, quello in cui l’incontro è unico, dove per ciascuno c’è la sua ciascuna: è il modello dell’anima gemella. Il modello animale, sul piano biologico, e quello animico, sul piano psichico, sono tuttavia modelli che si rispecchiano, e che in modo diverso sostengono la corrispondenza sessuale. Ma questa corrispondenza è un fantasma il cui presupposto è l’inesistenza del linguaggio. Non appena il linguaggio apre l’orizzonte dell’essere parlante, non appena lo espone all’aperto, la corrispondenza sessuale svanisce, e il titolo che in … ou pire troviamo per un capitolo: La partner svanita, ci dice già da quale dei due poli svanisce possibilità della corrispondenza sessuale. Cos’è una donna? Non a caso questo capitolo comincia con l’ironico aneddoto in cui Lacan non accetta di contribuire al libro di Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, del 1949. Questo libro è l’antesignano della seconda ondata di femminismo, dopo i primi movimenti inglesi di suffragette. Denuncia come la donna si sia sempre definita a partire dall’uomo e come tocchi ora alla donna affermare quel che vuole essere, come vuole definirsi. È un libro che, sappiamo, è incorso nella critica del femminismo successivo perché, si dice, volendo innalzare la donna al modello maschile, non fa che confermarlo. Questa critica viene in particolare da Luce Irigaray, promotrice del pensiero della differenza. Il dibattito sulla femminilità nella psicoanalisi sappiamo che ha la scintilla d’inizio negli anni Venti, quando all’interno del movimento psicoanalitico si confrontano due schieramenti: da una parte c’è la cerchia viennese, che fa capo a Freud, al quale si affiancano Ruth Mack-Brunswick, Jeanne Lampl-de Groot, Helene Deutsch, Marie Bonaparte; dall’altra parte troviamo la cerchia londinese di Melanie Klein e Ernest Jones, a cui si affiancano Karl Abraham, Josine Müller, Karen Horney. I primi sostengono che la bambina non ha nessuna conoscenza della vagina fino al raggiungimento di un’epoca tardiva dello sviluppo. I secondi, a Londra, affermano la tesi opposta, cioè che la bambina ha una conoscenza molto precoce della propria sessualità, e che quindi è bambina sin dall’inizio. Tradotto nei nostri termini: a Vienna considerano che c’è un solo significante per il maschile e per il femminile, e che sia il maschietto sia la femminuccia si regolano in rapporto al significante fallico, mentre a Londra sostengono che c’è uno specifico significante per il femminile. Sappiamo infatti che Melanie Klein dà la preminenza al seno materno. Secondo lei la bambina desidera il pene sotto la spinta pulsionale derivante dall’oralità, e non dall’analità. È la frustrazione orale causata dal seno cattivo a farle desiderare il pene contenuto dalla madre. L’invidia del pene nasce allora per Melanie Klein da una frustrazione orale, ed è legata al desiderio di un organo visibile di cui la bambina immagina l’integrità quando è messa di fronte all’angoscia di castrazione, che secondo lei, non risparmia la donna. Il desiderio orale del pene paterno diventa così il prototipo del desiderio genitale vaginale. Ci sono poi posizioni come quelle di Helene Deutsch, la quale considera che la clitoride non abbia nessun ruolo nella fase fallica. La vera donna, la donna femminile, si realizza, secondo lei, solo nel momento in cui, con la maternità, diventa possibile per la donna assegnare una funzione alla vagina consentendole di abbandonare l’investimento libidico sulla clitoride. C’è poi ancora chi caratterizza la donna attraverso l’erotismo, prospettandola come seduttrice, ma vediamo insomma come anche in questi casi, nello stesso modo che per la Deutsch, la femminilità viene prodotta attraverso una sorta di contorsione della fase fallica. Bisogna dire che Freud rende un po’ più sfumata questa polemica, ne smussa infatti gli angoli estremi proponendo il punto di vista della bisessualità, e affermando che un maschile e un femminile puri sono semplicemente dei miti. Dalla biologia alla logica Se per sostenere a bisessualità Freud dà delle motivazioni che prendono spunto dalla biologia, bisogna dire tuttavia che Lacan, scrivendo la sua formula della sessuazione, ci fa entrare in questo tema della bisessualità per una porta completamente diversa, quella della formalizzazione. Quando infatti mette alla lavagna le formule della sessuazione, dice: “Per spiegarle ricordiamo su cosa poggia la concezione che possiamo avere non già dell’eterosessualità, ma bensì della bisessualità” (p.92). Veniamo dunque alle formule utilizzate da Lacan, che ripartiscono il maschile e il femminile. In entrambi i lati ha posto la funzione fallica. Lacan dice: “Se si rivela che, nella misura in cui domina in egual modo nei due partner, la funzione fallica non li rende differenti, ciò non toglie che dobbiamo anzitutto cercare la differenza altrove” (pp. 96, 97). Questa osservazione mi sembra fondamentale perché per un verso, finché restiamo sul piano del significante, ovvero della funzione fallica, Lacan nel dibattito degli anni Venti sulla femminilità, si mette dalla parte dei viennesi: c’è un solo significante per entrambi i sessi. Dobbiamo allora cercare una differenza altrove, ovvero altrove dal significante, e qui si apre lo spazio che va verso il seminario XX, cioè verso la determinazione di un godimento supplementare: i sessi non si differenziano nel significante, se non inscenandosi nella parata maschile e nella mascherata femminile, ma nel godimento. Se consideriamo ora le formule, queste sono presentate a partire della moderna logica proposizionale, anche se Lacan si premura di precisare che il suo uso non è traducibile esattamente in termini di logica proposizionale. I meccanismi a cui ricorre sono tuttavia quelli derivanti dalla linea che va da Frege, a Russell, a Wittgenstein. Le formule sono articolate nella più classica modalità che suddivide una funzione e un argomento. Bisogna notare, e Lacan lo sottolinea, che questa maniera di operare con la logica è assolutamente nuova e rivoluziona quel che è stato il modo di farla per più di venti secoli a partire da Aristotele. La logica moderna permette infatti di ovviare, di evitare le ambiguità interpretative nell’uso della copula fatto dalla sillogistica tradizionale. Vale la pena di considerare più da vicino questo aspetto perché tocca la differenza tra universale e singolare su cui Lacan insiste molto per dire che non c’è rapporto sessuale. La questione dell’universale e del singolare Prendiamo il sillogismo esemplare, quello che tutti abbiamo in mente, la bandiera di tutti i sillogismi, l’esempio per eccellenza che si impara a scuola: tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, quindi Socrate è mortale. Questo sillogismo, per quanto canonico sia, non è di Aristotele ma di Guglielmo d’Ockham, che lo ha introdotto nel secolo XIV sul modello dei sillogismi aristotelici come: tutti gli uomini sono mortali, tutti i greci sono uomini, quindi tutti i greci sono mortali. Ockham ritiene di poter sostituire “tutti gli uomini” con “Socrate” perché considera che il nome proprio di Socrate valga come esempio del termine generale uomo, ovvero come nome di un insieme ridotto a un unico elemento. Questa estensione della sillogistica aristotelica alle proposizioni singolari, è stata ammessa fino al XX secolo senza batter ciglio, fino a che Frege per primo ha denunciato la confusione che risulta tra proposizioni generali, come:
Frege considera infatti che si tratti di proposizioni differenti, che instaurano relazioni differenti. L’enunciato (2) unisce un termine che è un nome proprio, che designa un oggetto, e un termine generale “è mortale” che è un concetto. Esprime quindi la sussunzione di un oggetto sotto un concetto. L’enunciato (1) invece non contiene nomi propri ma solo termini generali, ed esprime una relazione di subordinazione tra due concetti. Il concetto “è un uomo” è infatti subordinato al concetto “è mortale”. Ovvero: ogni oggetto che ricade nel primo rientra necessariamente anche nel secondo. Così possiamo scrivere la funzione essere mortale con Mx e quella essere un uomo Ux esprimendo una relazione di subordinazione attraverso la connessione condizionale: Ux → Mx, ovvero: essere un uomo significa inevitabilmente essere mortale. Ora vi è il punto importante per entrare nel ragionamento di Lacan: questa relazione tra concetti vale in modo generale, cioè vale per un individuo qualunque e si scrive con il quantificatore universale, cioè: ∀x (Ux → Mx) che si legge: qualunque sia l’individuo x , se x è uomo, allora x è mortale. Questa distinzione tra proposizioni generali e singolari è stata ulteriormente precisata da Peano. Per Peano l’enunciato (2) esprime l’appartenenza di un individuo alla classe dei mortali, e si scrive S ∈ M. L’enunciato (1) esprime invece l’inclusione della classe degli uomini U nella classe dei mortali, e si scrive U ⊂ M. Queste due relazioni sono evidentemente distinte, perché la relazione di inclusione è transitiva, mentre quella di appartenenza no. Possiamo per esempio scrivere: tutti i greci sono mortali, tutti gli ateniesi sono greci, tutti gli ateniesi sono mortali. Non possiamo far lo stesso con Socrate, perché una volta che abbiamo affermato che Socrate è greco la catena finisce lì. Il problema dell’universale nelle formule della sessuazione Vediamo che Lacan maneggia a proposito delle formule della sessuazione proprio questi concetti. Dice, per esempio: “Cerchiamo di sondare qual è la parentela dell’universale con il nostro tema, ossia l’enunciato per cui tutti gli oggetti dovrebbero suddividersi in due, tutti di equivalenza opposta” (p.94). E aggiunge subito dopo che “tale rapporto [cioè il rapporto fra due universali] non ha assolutamente niente a che fare con quelli che vengono comunemente chiamati rapporti sessuali”. Il punto è che il linguaggio fa entrare in gioco l’universale. Se ci fosse un rapporto articolabile sul piano sessuale – aggiunge – dovremmo formularlo fra tutti quelli di uno stesso sesso e tutti quelli dell’altro. È appunto il modello animale, dove ciascuno di quelli da una parte ha la possibilità di valere per tutti quelli dell’altra parte. Questo cosa significa? Non certo che qualsiasi individuo può accoppiarsi con qualsiasi femmina. Sappiamo infatti che ci sono molti animali monogami. Il 92% degli uccelli, dicono gli etologi, è monogamo, e così i lupi, le volpi, i pipistrelli. Non è l’accoppiamento di chiunque con qualsiasi altro, ma lo scambio di segnali che permette di individuare con sicurezza il partner conspecifico. Nella danza zig-zag dello spinarello per esempio non ci sono segnali equivoci. La sequenza è rigidamente stabilita e basta una piccola variazione perché tutto s’interrompa. Quindi: l’insieme dei segnali del maschio corrisponde in modo biunivoco all’insieme dei segnali che la femmina riconosce. A questo modello è confacente anche, in modo diverso, il fantasma dell’anima gemella, di un incontro unico che mi corrisponda come la mia metà. È la storia di Aristofane raccontata nel Convivio. Passando quindi dall’universale all’incontro unico si ha che a ciascuno spetta la sua ciascuna, con una corrispondenza biunivoca in cui ci si riconosce come le due metà di una moneta spezzata. Ma per l’appunto questo è il fantasma che Aristofane mette in commedia, cosa che già ci dice come non sia da prendere sul serio. Lacan però vuole mostrare l’insussistenza del rapporto sessuale attraverso le sue formule che adottano la logica proposizionale. Ne abbiamo riportato a inizio paragrafo la scrittura come appare in …ou pire. Negazione, congiunzione, disgiunzione, implicazione Cos’è allora una relazione formulata attraverso la logica preposizionale? Ce ne sono quattro tipi: la negazione, la congiunzione, la disgiunzione, l’implicazione. Lacan si prefigge di esaminarle una per una per vedere come nessuna delle quattro modalità relazionali sia possibile a partire dalle sue formule. In realtà ci sarebbe un’altra modalità di relazione, che è quella dell’uguaglianza, ma Lacan non la prende in considerazione perché applicata alla differenza sessuale non avrebbe molto senso. Lacan parte dal connettivo logico di negazione, che è l’unico a non essere binario perché opera su una sola proposizione dove se p ha un valore, la sua negazione ¬p ha il valore di verità opposto. Quindi se abbiamo p vero avremo ¬p falso e viceversa. Come funziona per le formule di sessuazione? Da entrambe le parti la funzione fallica è negata sul piano superiore e affermata sul piano inferiore. La distribuzione della negazione sul piano superiore e su quello inferiore fa sì che se ponendo come vera una formula, l’altra dovrebbe risultare con le negazioni rovesciate: Uomo ∃x ¬Φx donna ¬∃x ¬Φx Le formule sono però architettate in modo che questa opposizione non funzioni, quindi la relazione di negazione non le lega. Non si tratta – dice Lacan – di fare dell’una la negazione dell’altra, ma di fare dell’una l’ostacolo dell’altra. Il connettivo logico di congiunzione è binario, opera cioè in due proposizioni ed è vero solo se entrambi gli enunciati che lo compongono sono veri. Qui è facile dimostrare la non relazione perché, come dice Lacan, tra la parte destra e la parte sinistra non c’è identità. La funzione Φ, che è ciò di cui si tratta di promuovere il vero o il falso, è posta in modo che gli universali dalle due parti non possano congiungersi. Se infatti da un lato ogni uomo è sottoposto alla funzione fallica, cioè alla castrazione, dalla parte sinistra “non c’è universale articolabile” perché la donna è soggetta alla castrazione, ma non tutta. Ovvero c’è una parte di godimento supplementare di cui Lacan ci parlerà nel seminario XX, che non è godimento fallico. Le parti non si congiungono dunque per esclusione a priori. Il connettivo logico di disgiunzione si suddivide in due tipi, disgiunzione inclusiva e disgiunzione esclusiva. La disgiunzione inclusiva afferma che tra p e q non siamo costretti a scegliere: può esserci p oppure q, ma possono esserci anche entrambi. La disgiunzione esclusiva è quella della scelta forzata: o p o q, l’uno o l’altro, poiché l’uno e l’altro sono incompatibili. Lacan la esemplifica nel Seminario XI: la borsa o la vita. In …ou pire però Lacan considera solo il primo tipo di disgiunzione, quella inclusiva, perché dice che è falsificata solo quando entrambe le proposizioni sono false, mentre la esclusiva è falsificata anche quando le proposizioni sono entrambe vere. Direi che considera solo l’inclusiva perché è un osso duro, è la più facile da verificare, su quattro possibilità ce ne sono tre che sia vera. Per dimostrare l’inesistenza del rapporto sessuale sul piano della relazione di disgiunzione Lacan s’imbarca in un ragionamento che si riassume nell’espressione che dà il titolo a questa lezione: la partner svanita. C’è una possibilità che il rapporto sessuale esista se la funzione fallica non funziona. Perché? Per via della scrittura della funzione ¬Φx con il segno di negazione, dove cioè esiste almeno una x che nega Φx, caso che troviamo dal lato maschile ma non dal lato femminile. Dal lato femminile si dice che questa x non esiste. Dove dunque ci si potrebbe aspettare che il rapporto sessuale funzioni perché viene disinnescata la funzione fallica, troviamo che solo uno dei due sessi risponde all’appello, perché dall’altra parte abbiamo appunto la partner svanita, l’inesistenza. Andando al piano degli universali, dove da entrambe le parti abbiamo che la funzione fallica è affermata, uno dei due universali si schianta nell’inconsistenza. Per negare la relazione nella disgiunzione occorre che entrambe le posizioni siano false rispetto al funzionamento della funzione fallica, ma su entrambi i piani tutto cade nell’inesistenza o nello sbriciolamento dell’inconsistenza anche se, bisogna dire, l’inesistenza è affermata a priori. Ultimo caso: il connettivo logico di implicazione. Anche qui ci sono due diversi tipi di implicazione: implicazione materiale e implicazione logica. La differenza sta nel valore di verità che si determina quando un falso implica un vero: F → V. Nell’implicazione materiale il risultato di questa implicazione è V, perché ex falso sequitur quodlibet, mentre l’implicazione logica, dove q segue da p se e solo se p, la formula F → V dà F, ovvero un falso. Anche in questo caso Lacan considera solo uno dei due casi, considera infatti solo l’implicazione logica, che non è il più difficile, perché è vero solo se i due enunciati di partenza hanno lo stesso valore di verità: entrambi falsi o entrambi veri. Qui il ragionamento di Lacan si muove tra i due piani delle formule. Nel piano superiore dal lato maschile è espressa l’esigenza che esista un elemento sottratto alla funzione fallica. Nel piano inferiore al lato femminile si mostra che non per ogni individuo vale la funzione fallica. Se l’esigenza di un elemento sottratto alla funzione fallica, espressa dove la donna si specifica come non tutta, avesse la forza di una necessità inevitabile, il rapporto sarebbe verificato. Ma non è così. Nulla impone l’implicazione di questo almeno uno, che funziona solo come un punto ideale, come una possibilità che tutti gli uomini possano raggiungerlo per identificazione. Qui Lacan tocca le corde della psicologia delle masse freudiana. Tutti si identificano con il capo che si costituisce come eccezione proiettando un ideale a cui si accordano tutti i movimenti identificativi delle masse. Nelle formule ulteriormente sviluppate nel seminario dell’anno successivo vediamo che dal lato femminile, dal lato della donna non tutta, parte un vettore che entra nel lato maschile puntando al Φx non negativizzato. Se questo vettore fosse un segno logico di implicazione, ecco che avremmo la realizzazione del rapporto sessuale. Ma è proprio quel che in …on pire Lacan ci dice non accadere. Si tratta, sostiene, di un requisito gratuito e nulla lo impone. Se nella logica maschile funziona il regime dell’eccezione, dall’altro lato, nel femminile, la scrittura di Lacan indica una condizione che è senza eccezione. Sotto il segno dell’esistenza negata si esclude possa esserci un individuo che si sottrae alla funzione Φ. Questo, prosegue Lacan, entra in contrasto con l’idea che se ne fa l’universo maschile che “può trovare il proprio assetto nella convinzione che non esista una donna castrata”. Si tratta tuttavia di una convinzione infondata – come la formula ben indica – perché la relazione di una donna con la funzione fallica è totalmente attiva. Questo significa che la donna è ben collegata con il godimento fallico. Diversamente non potremmo parlare di fantasmi femminili. Una donna che si masturba attiva dei fantasmi, ovvero passa per la filiera significante e immaginaria che sfocia nel godimento fallico. In questo senso la frigidità è l’espressione della femminilità pura, della donna che si sottrae al godimento fallico. Lacan lo nota infatti l’anno successivo, nel seminario XX, quando parla di un godimento al di là del fallo, cioè di un godimento che la donna prova, senza che questo sentire diventi un sapere. La frigidità diventa così una delle espressioni dell’altro godimento, del famoso godimento supplementare. “Se semplicemente lo provasse – scrive Lacan – e non sapesse niente, questo permetterebbe di gettare molti dubbi sulla pretesa frigidità”. Questa prospettiva semplicemente prolunga quella espressa nel Propos directif pour un Congrès sur la sexualité féminine, dove Lacan avanza un’ipotesi sulla frigidità come difesa in rapporto alla castrazione simbolica. Il rifiuto del godimento fallico corrisponde al rifiuto di sottostare alla funzione fallica, cioè alla castrazione, per trincerarsi nella pura femminilità, nel godimento altro. Ma questa pura femminilità non si costituisce come polo altro dal maschile, perché si tratta appunto di un godimento che non si può dire, estraneo al significante. Possiamo dire quindi, in fondo, che se prendiamo la questione dal lato del significante, Lacan sta dalla parte dei viennesi, se invece prendiamo il lato del godimento sta dalla parte dei londinesi. Anche se in realtà non è. Così. Perché il limite dei londinesi era di credere che quello che chiamano godimento vaginale potesse essere messo sotto un significante, e che la bambina, per questo, da subito ne sapesse qualcosa.
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