Buongiorno Dott. Focchi,
sono la mamma di un bambino di 7 anni che ha sempre avuto un temperamento molto sensibile. Negli ultimi mesi, ho notato che ha difficoltà a gestire le sue emozioni, in particolare quando si trova di fronte a situazioni frustranti o inaspettate. Ad esempio, se un gioco non va come previsto o se qualcosa non funziona immediatamente, lui esplode in rabbia o scoppia in un pianto inconsolabile. Ho cercato di parlare con lui e di aiutarlo a capire cosa prova, ma sembra incapace di esprimere a parole quello che sente. Questa situazione sta creando disagio sia a casa che a scuola, dove gli insegnanti mi hanno riferito che fa fatica a concentrarsi dopo questi episodi emotivi. Temo che queste difficoltà possano avere ripercussioni sul suo sviluppo sociale e scolastico. Come posso aiutarlo a riconoscere e gestire meglio le sue emozioni? Ho paura di fargli fare qualche test per il timore che poi gli venga appiccicata addosso una qualche etichetta che lo farà essere per sempre diverso dagli altri. Grazie mille per il suo prezioso aiuto, E.V. > Gentile E.V. Lei afferma di aver parlato con il suo bambino e di averlo trovato incapace di esprimere quel che sente. Direi che questo non ci sorprende: se un bambino è costretto a esprimere le proprie difficoltà con degli scoppi di rabbia o di pianto è proprio perché qualcosa preme in lui che non trova sfogo nelle parole, e prende la via breve del passaggio all’atto. Ci sono però molti modi di parlare con i bambini. Il gioco è uno di questi, e forse il più fondamentale. Saprà forse che una pioniera della psicoanalisi come Melanie Klein faceva parlare i bambini attrezzando una stanza di giochi e partecipando, interagendo con loro. Nei giochi il bambino esprime in modo simbolico i suoi conflitti. Naturalmente è molto difficile usare lo stesso metodo per un genitore, semplicemente perché il genitore è parte in causa. Se non riesce allora a trovare un bandolo per gli scoppi di rabbia di suo figlio, forse allora uno sguardo esterno, non coinvolto nelle stesse passioni, è quel che può essere in grado di aiutarla. Un cordiale saluto Marco Focchi
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Buongiorno Dott. Focchi,
sono la madre di una ragazza di 15 anni che ultimamente sta attraversando un periodo molto difficile in termini di autostima. Mia figlia si confronta costantemente con le sue coetanee, sia a scuola che sui social, e sembra sempre sentirsi inferiore rispetto a loro, sia per l’aspetto fisico che per i risultati scolastici e sociali. Nonostante i nostri sforzi come genitori per rassicurarla e farle capire il suo valore, sembra che il suo pensiero fisso sia quello di non essere abbastanza brava, bella o interessante rispetto agli altri. Questo sta influenzando non solo il suo umore, ma anche il suo comportamento: la vedo sempre più ritirata, evita le occasioni sociali e tende a isolarsi. La mia preoccupazione maggiore è che questa insicurezza possa portare a problemi più gravi, come depressione o disturbi dell’alimentazione. Come posso aiutarla a costruire una sana autostima e a sviluppare una visione più equilibrata di se stessa? Grazie per il suo supporto, M.C. >Gentile MC, Consideri che sua figlia ha 15 anni, un’età particolarmente instabile, in cui una persona affronta uno dei maggiori cambiamenti della sua esistenza, che la porta dall’infanzia alla vita adulta. È naturale che si manifestino oscillazioni anche forti. Gli adolescenti sono particolarmente esposti alle crisi di autostima come quelle che descrive, perché gli ideali famigliari che li hanno fino a quel momento sostenuti vengono messi a confronto con quel che presentano loro i pari. Il riferimento verticale ai genitori, rassicurante perché gerarchizzato, è sostituito da quello orizzontale, fonte di inquietudini perché concorrenziale, terreno di confronti. Non sottovaluti poi che si affaccia la sessualità, rispetto alla quale qualsiasi adolescente si sente impari, anche quelli apparentemente più sbruffoni. Dia quindi tempo a sua figlia, e solo se i suoi comportamenti dovessero cristallizzarsi o diventare macroscopici, senta uno specialista. Marco Focchi Buongiorno Dott. Focchi,
scrivo questa lettera come padre profondamente scosso dall'ultima terribile notizia di cronaca che ha visto un ragazzo uccidere brutalmente la propria famiglia a Paderno Dugnano. Sono rimasto sconvolto dalle descrizioni e dalle immagini che i media hanno riportato: un adolescente apparentemente tranquillo, in una famiglia normale, che si trasforma in un carnefice. È inevitabile, in questi casi, sentirsi toccati personalmente, specialmente quando le vittime sembrano persone come noi, con vite ordinarie e quotidianità simili a quelle della mia famiglia. Non riesco a smettere di pensare: cosa spinge un figlio a compiere un atto così estremo? In quanto genitore, mi sento vulnerabile, perché mi domando se davvero conosco i miei figli. Con un brivido, ho pensato se devo addirittura averne paura, dei miei figli (è un pensiero che la mia mente trova assurdo, ma è un pensiero che ho avuto). A volte, la vita familiare si svolge in modo così routinario che è facile non accorgersi di eventuali segnali di malessere o disagio. Guardando quella famiglia, mi sono chiesto: sto facendo abbastanza per capire cosa provano i miei figli? Potrebbe esserci qualcosa che mi sfugge? Mi terrorizza l’idea che mio figlio possa sentirsi incompreso, isolato o in difficoltà, senza che io me ne accorga. Questa tragedia mi ha fatto riflettere profondamente su come la società spesso punti immediatamente il dito contro i genitori in casi simili, ma mi chiedo: è davvero così semplice? La responsabilità è sempre dei genitori, o ci sono altri fattori, forse più nascosti, che possono contribuire a una simile esplosione di violenza? C’è qualcosa di intrinseco nell’animo umano che può sfuggire persino alle persone più vicine? Mi chiedo anche se il continuo bombardamento di notizie e immagini violente, la pressione dei social media e l'isolamento che la tecnologia può creare non siano elementi che contribuiscono a creare un terreno fertile per il disagio mentale, specialmente nei giovani. Così come il periodo del Covid, che sembra quasi ce lo siamo dimenticato. Come possiamo proteggere i nostri figli da queste influenze senza chiuderli in una campana di vetro, e al tempo stesso insegnare loro a comunicare apertamente i loro sentimenti? Le chiedo dunque, Dott. Focchi, quali sono i segnali a cui un genitore dovrebbe prestare attenzione per evitare che situazioni di disagio sfocino in tragedie? C’è un modo per riconoscere e intervenire tempestivamente quando qualcosa non va, o siamo destinati a vivere nell’incertezza, sperando solo che il peggio non accada mai? La ringrazio per la sua attenzione e spero possa aiutarmi a trovare delle risposte in questo momento di grande preoccupazione. Cordiali saluti, R.F. >Gentile RF, Il caso di Paderno Dugnano ha particolarmente colpito l’opinione pubblica, e la stampa e i media gli hanno dato particolare rilevanza. Tutto questo succede in un momento in cui l’attenzione era ancora rivolta all’omicidio di Sharon Verzeni. Quel che accomuna i due casi è la mancanza di un motivo. Non si tratta di crimini legati a gelosia, a rancori, a faide, o semplicemente a scopi di rapina. In questo senso sono fatti che escono dall’ambito immediato delle indagini tradizionali in cui quel che si cerca in primo luogo è il movente. Bisogna dire che le situazioni che abbiamo sotto gli occhi sono ancora calde, ma non sono nuove. Negli anni Cinquanta fece scalpore il caso di Franco Percoco, che a Bari sterminò la famiglia in modo raccapricciante, e finì nel manicomio di Aversa . Negli anni Settanta fu Doretta Graneris a uccidere a colpi di pistola il fratello, i genitori e i nonni. A Doretta non fu riconosciuta tuttavia l’infermità mentale e finì in carcere dove dopo alcuni anni si laureò. Agli inizi degli anni Duemila è il turno di Erika de Nardo, che uccise la madre e il fratello, e a cui fu diagnosticato un disturbo narcisistico della personalità. La strage famigliare di Paderno Dugnano si allinea a questa serie di atrocità. Difficile formulare diagnosi senza avere visto la persona, ma il carattere immotivato di un passaggio all’atto è generalmente indice di una situazione psicotica che può essere latente, e può restarlo per molti anni, per affiorare infine in modo clamoroso. Ci sono, certo, segni per riconoscere queste situazioni, ma è inutile che li elenchi, perché sono segni che vanno letti strettamente legati al contesto, e sono segni altamente ambigui, che possono riferirsi a situazioni di accentuata particolarità caratteriale, senza implicare nessuna patologia, o indicare una vera a propria situazione psicotica. Le direi dunque: dorma sonni tranquilli accanto a suo figlio, se l’educazione che ha ricevuto è buona, se non ha subito frustrazioni, se non manifesta conflitti interiori e se i momenti di aggressività che può aver mostrato sono semplicemente quelli della soglia adolescenziale, quando il soggetto preme per uscire dal guscio famigliare Un cordiale saluto Marco Focchi Buongiorno Dott. Focchi,
sono la mamma di una bambina di 6 anni che ha una grande paura del buio. Ogni notte vuole dormire con la luce accesa e spesso si sveglia piangendo. Questo sta disturbando il suo sonno e il nostro. Vorrei aiutarla a superare questa paura, ma non so da dove iniziare. Ha qualche consiglio? Grazie per il suo aiuto, S.M. >Gentie SM, La paura del buio è molto diffusa nei bambini, perché il buio prelude a quell’isolamento da ogni riferimento, da ogni coordinata del mondo circostante, e quindi di tutte le figure affettive di sostegno. Ma soprattutto il buio per un bambino è pieno di “presenze”. L’assenza del mondo visibile fa sì che la presenza irrappresentabile di sé diventi concreta e si proietti davanti. I “mostri” che un bambino sente di avere sotto il letto sono qualcosa di molto concreto, niente affatto una proiezione immaginaria. Spesso una lucina antipaura è sufficiente a rassicurare il bambino, permettendogli di ridisegnare intorno a sé i contorni del mondo visibile, ma se non basta occorre aiutare il bambino a esprimere e a dar corpo a quel che lo turba. Soprattutto se, come nel suo caso, il bambino si sveglia di notte angosciato. Si tratta allora di incubi che portano al risveglio, e non di semplice paura del buio, corrispondenti a pulsioni o conflitti di cui è importante chiarire il profilo. Se non si riesce ad aiutare il bambino parlandogli, se l’entità dei risvegli e dell’angoscia è davvero importante, è utile allora sentire uno specialista. Un cordiale saluto MF Buongiorno Dott. Focchi,
sono la mamma di un ragazzo di 14 anni e sono molto preoccupata per il suo comportamento recente. Da qualche mese, mio figlio si isola sempre di più, trascorrendo gran parte del tempo libero davanti agli schermi, sia per giocare ai videogiochi sia per guardare video su YouTube. Ha smesso di uscire con gli amici e di partecipare alle attività che un tempo gli piacevano. Mi preoccupa che questa situazione possa influire negativamente sul suo sviluppo sociale e sul suo benessere emotivo. Cosa posso fare per aiutarlo a ritrovare un equilibrio? Grazie mille per il suo aiuto, M.G. > Gentile M.G. La chiusura sociale radicale come fenomeno patologico che richiede un trattamento è stata individuata per primo dallo psichiatra giapponese Tamaki Saito con il nome di Hikikomori. È un fenomeno molto diffuso ed è stato molto studiato in tutti i paesi. Naturalmente prima di considerare che suo figlio soffra di questo problema bisogna fare valutazioni precise e nn affrettarsi. Cosa vuol dire che si isola? Quanto tempo rimane chiuso nella sua stanza? Esce per i pasti o li richiede nella stanza? L’Hikikomori è un fenomeno totalizzante ,e da quel che lei dice non mi sembra che il caso di suo figlio presenti una situazione così radicale. In fondo lei dice che trascorre gran parte del suo tempo libero al video. Quindi si suppone che il tempo non libero sia dedicato alle normali occupazioni, agli studi e alle diverse attività della vita. Si tratta poi di considerare cosa vede su You Tube. Su questi canali ci sono molte sciocchezze ma anche molta informazione. La prima cosa che le suggerirei di appurare è quindi questa: perde tempo in video frivoli o segue certi suoi filoni di curiosità? Con questi dati si può poi fare un valutazione meglio fondata. Marco Focchi Buongiorno Dott. Focchi,
sono il papà di una ragazza di 16 anni che sembra essere ossessionata dai voti scolastici. Dedica tutto il suo tempo libero allo studio e diventa estremamente ansiosa se non ottiene il massimo dei voti. Ho notato che è sempre più stressata e ha difficoltà a dormire. Come posso aiutarla a gestire meglio la pressione scolastica e a trovare un equilibrio tra studio e benessere personale? Grazie per il suo supporto, L.P. >> Gentile L.P., Non capita spesso che un genitore chieda aiuto perché la figlia è troppo preoccupata di ottenere buoni voti a scuola, ma giustamente lei nota che questo rende sua figlia ansiosa se non raggiunge tutto quel che è possibile raggiungere, e quindi ha ben ragione di preoccuparsi di ristabilire l’equilibrio tra i buoni risultati e una serenità emotiva. La prima domanda è: come sua figlia si è costruita questo ideale di perfezione? Che posto hanno i risultati scolastici nel discorso famigliare? Quali sono i livelli d’istruzione sua e di sua moglie? E quali sono le vostra ambizioni per vostra figlia? Tutte queste sono premesse fondamentali per affrontare il problema, perché l’ipotesi più verosimile è che vostra figlia tema di disattendere la vostre aspettative, e che le vostre aspettative siano poste piuttosto in alto, o che voi stessi siate modelli piuttosto alti. Un’altra possibilità è che vostra figlia trovi compensazione in ottimi risultati scolastici per una scarsa autostima che si controbilancia nei buoni voti. Ma se si tratta di bassa autostima, cosa la ha generata e in quali relazioni? Come vede le possibilità sono molte e diverse, e avere chiarezza sulle domande che le ho sto all’inizio è la condizione per capire qual è la direzione migliore da prendere Marco Focchi Buon pomeriggio dottor Focchi, mi chiamo Luca e sono il padre di Marco, un ragazzo di 11 anni. Di recente, durante la festa di compleanno di un suo compagno di scuola, è successo qualcosa di davvero preoccupante.
Marco è stato coinvolto in una lite con alcuni ragazzi. Sembra che tutto sia iniziato da una piccola provocazione, ma Marco ha reagito in modo eccessivamente aggressivo. Ha cominciato a urlare, spingere e addirittura minacciare gli altri ragazzi. Buongiorno dottor Focchi,
qualche giorno fa, mia figlia di 7 anni è stata invitata ad un compleanno di una sua compagna di classe in cui c'erano dei cani e ha iniziato a tremare e a piangere, è stato difficile per lei partecipare e divertirsi perciò siamo andate via. Come posso far sentire meglio mia figlia riguardo alla sua paura degli animali? La ringrazio in anticipo. A. M. Buongiorno dottor Focchi,
ultimamente mio figlio, di 13 anni, ha grosse difficoltà a dormire. Le poche volte che riesce a riposare, si sveglia di soprassalto e fa incubi. Questo disturbo del sonno sta influenzando il suo umore e le sue prestazioni a scuola. Vorrei capire se c'è qualcosa di più profondo dietro a questa insonnia e come posso aiutarlo a dormire meglio. Ha qualche consiglio da darmi? Grazie mille per l'aiuto. S.D. Buongiorno dottor Focchi, sono la mamma di una bambina di 2 anni e ho bisogno del suo aiuto. Mia figlia sembra avere una passione per mettere tutto quello che trova in bocca. Abbiamo già avuto un episodio spiacevole quando ha ingoiato una moneta che ha trovato sul tavolo e siamo dovuti correre all’ospedale.
Ora, ogni volta che la vedo con qualcosa in mano, il mio cuore si ferma. Ho paura che possa ingerire qualcosa di pericoloso. Perchè mia figlia fa così? Come posso gestire questa situazione? |
AutoreMarco Focchi riceve in Archivi
Settembre 2024
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