Buongiorno dottor Focchi, sono un papà molto preoccupato e mi rivolgo a lei in cerca di qualche consiglio per aiutare mio figlio di 15 anni. La sua insegnante, nell'ultimo colloquio, mi ha riferito che resta sempre in classe da solo durante l'intervallo e in generale non parla mai con nessuno! Non è mai stato molto socievole ma fino alle medie frequentava qualche compagno di classe e almeno con noi riusciva a scambiare due parole. Ad oggi non ha amici, è diventato totalmente solo, non si confronta più né con me né con mia moglie. Ha perso interesse per la vita. Trascorre la maggior parte del tempo nella sua stanza, disegna su dei fogli oggetti che sono frutto della sua immaginazione utilizzando solo una matita scura e sembra avere paura di uscire. L'unica cosa rimasta stabile è il suo rendimento scolastico, i voti non sono peggiorati. Ma leggiamo una tristezza profonda nei suoi occhi e non capiamo cosa significano queste forme immaginarie che abbozza spesso quando si rinchiude in camera da solo.
Come posso aiutare mio figlio a superare questa situazione e a ritrovare la motivazione per vivere? Come posso fargli capire che qualsiasi cosa sia successa potrà confidarsi e farsi aiutare da noi? Grazie per la sua attenzione, attendo un suo riscontro al più presto! A.L. >> Gentile A. L. Non è possibile fare una diagnosi a distanza, ma nella descrizione che lei fa si possono riconoscere i segni che non voglio definire di depressione, dato il senso clinico-psichiatrico che ha assunto oggi questo termine, ma che indicano senz’altro una profonda malinconia e introversione. Quindici anni è un’età critica, un età di soglia in cui quel che fino a poco tempo fa era un bambino comincia a essere un adolescente, e l’adolescenza è il momento di passaggio in cui prende forma il carattere e compaiono i primi tratti delle nevrosi, con gli abbozzi delle configurazioni sintomatiche che potranno manifestarsi nella vita successiva. Il punto è: a cosa sta reagendo suo figlio con questa chiusura? Forse qualcosa di cui è difficile parlare con lei proprio perché è suo padre, proprio perché la sente implicato nelle vicende interiori che lo traversano? Non possiamo saperlo, ma se non riesce a ottenere la sua confidenza (e non ci sono chiavi magiche per averla) la cosa migliore è farlo parlare con uno specialista o, in alternativa, parlare lei con un professionista che l’aiuti, dandosi tempo e pazienza, a entrare nel dialogo con suo figlio che lei sente ora così difficile. Un cordiale saluto Marco Focchi
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AutoreMarco Focchi riceve in Archivi
Ottobre 2024
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