Buongiorno Dottore, mia figlia di 11 anni ha dei problemi a scuola, o meglio con la scuola, perché non ci vuole andare. Io e mio marito facciamo molta fatica a convincerla ad andare a scuola ogni mattina, e alcune volte non c’è verso. Negli ultimi tempi è anche più irrequieta, si sveglia la notte e sembra aver perso la serenità che prima aveva. Sono andata a parlare con gli insegnanti, anche loro dicono di vederla più nervosa e più zitta del solito, ma il suo rendimento scolastico e buono e non sembrano esserci problemi particolari. Mi è venuto il dubbio che possa esserci un problema di bullismo o qualcosa di simile, lei è un po’ grassottella e allora mi sono fatta un po’ venire questa idea, forse perché anche io alla sua età lo ero e ogni tanto sono stata presa in giro, ma la cosa non mi aveva mai creato grandi problemi. Abbiamo provato a chiederglielo, ma lei nega di avere problemi con i compagni, anche se non mi convince (ormai mi sono quasi fissata sul fatto che il problema sia quello). Abbiamo anche pensato di portarla da uno psicologo, ma non vorrei che lei si facesse l’idea sbagliata di avere un problema, di avere qualcosa di sbagliato o di essere malata. In che modo potremmo riuscire a farla parlare, a dirci la verità? Grazie e un cordiale saluto.
M.C. Gentile signora, innanzi tutto non abbia timore a portare sua figlia dallo psicologo: non ha nessun valore stigmatizzante. Quella psicologica è una pratica acquisita e riconosciuta, e in ogni classe scolastica ci sono bambini che frequentano uno psicologo per i più svariati problemi. Fare il contrario sarebbe piuttosto privare sua figlia di un aiuto che può esserle molto utile. Quanto al suo dubbio: perché pensa che sua figlia le menta? Lo chiedo perché mi sembra decisamente convinta che sua figlia sia vittima di bullismo, e in questo caso dovremmo interrogarci sui motivi che potrebbe avere per non confidarsi con lei. La questione diventa allora: com’è il vostro rapporto? In fondo quando si domanda come farla parlare perché dica la verità lei sembra già sicura di questa verità, e non credo sia il buon modo di partire. Per poter dialogare con lei, dovrebbe riuscire a mettere tra parentesi ciò di cui è convinta, e creare in sua figlia la percezione che sta cercando di capire lei, il problema senza nome che la abita per aiutarla a dare un nome a questo problema, e non per estorcere una verità che lei ritiene già di sapere. È possibile, anche probabile che quel che lei pensa sia vero, ma può farlo emergere solo se riesce a metterlo da parte, per accostarsi all’intimo di sua figlia piuttosto che alla conferma di quel che lei pensa. Dott. Marco Focchi
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Ottobre 2024
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