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I compagni tendono a isolarla

8/4/2016

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Buongiorno Dottore,
scrivo per avere un consiglio in merito a mia figlia di 13 anni, che ha una disabilità motoria di origine neurologica e sta incontrando non pochi problemi a scuola, siccome le compagne e i compagni tendono a isolarla. Non ha idea di quanto mi metta a disagio questa situazione, io amo mia figlia e pensarla chiusa in un angolo durante gli intervalli a scuola mi fa venire da piangere.. Sì, dico chiusa in un angolo perché mi è capitato di trovarla così un giorno che sono andata a prenderla in anticipo per una visita medica. Mi sono impensierita e ho chiesto alle insegnanti e anche loro mi hanno confermato che ultimamente era più isolata dagli altri compagni. Quattro mesi fa la sua migliore amica ha dovuto cambiare scuola e città, perché i genitori si sono trasferiti, e a ben vedere era l'unica vera amica che aveva, la veniva anche a trovare a casa e passavano alcuni pomeriggi insieme, sempre in casa. Mia figlia cammina male ed è impacciata nei movimenti, anche un po' nella parola nonostante non abbia problemi di tipo cognitivo. 
Va bene a scuola, ma immagino che i compagni la tengano distante perché è diversa e non è attraente come altre sue compagne, che addirittura iniziano a truccarsi e a "provocare"! Mi immagino anche che la prendano in giro, chiamandola "storpia" o cose del genere, è un pensiero che mi inorridisce!
Fino ad ora la situazione era stata gestibile, anche perché mia figlia è sempre stata una bambina molto intelligente, ma l'arrivo dell'adolescenza sta cogliendo me e mio marito impreparati. Sembra che ora ci sia un muro fra lei e i suoi coetanei. Una distanza che sembra ingrandirsi sempre di più. Cosa possiamo fare? Lei dovrà accettare di essere diversa, ma ho paura che in questi anni difficili sarà un'impresa farla sentire serena e a proprio agio. Siamo anche indecisi se coinvolgerla in qualche gruppo o associazione di disabili, per farle fare nuove conoscenze, ma ho paura che così si senta ancora più stigmatizzata. Siamo confusi..
Pensavo di prendere un appuntamento, secondo lei dovremmo venire prima io e mio marito senza far sapere niente a nostra figlia, per ora?
Grazie mille e cordiali saluti,

T.L.



>Gentile signora,

consideri innanzi tutto che dopo la Conferenza di Helsinki del 2005 sulla salute mentale in tutti i paesi europei sono state emanate delle linee guida contro la stigmatizzazione che tutte le scuole dovrebbero avere adottato investendone sia gli insegnanti si i bambini. Già alle elementari è dunque importante avere dei colloqui con il direttore e con lo psicologo della scuola per questo. Non so come le cose si siano svolte nel suo caso, ma non credo sia un problema che per sua figlia si presenta ora all'età di tredici anni. Sicuramente l’adolescenza è un’età critica, e tutte le questioni in sospeso precipitano, ma questo problema è rimasto per lei in sospeso? Non è mai stato affrontato prima? C’è una grande differenza tra camminare male sentendosi impacciati nei movimenti e sentirsi storpi. Tutto sta nel modo in cui sua figlia riesce a soggettivare la propria condizione, cioè a integrarla nella propria personalità in un modo che le consenta una normale vita con gli altri. Il vostro aiuto in questo è fondamentale, e se desiderate un appuntamento per essere sostenuti in questa difficile situazione , non c’è nessun motivo di nascondere il fatto a vostra figlia. Anzi, il fatto che lei sappia del vostro interessamento e delle vostre premure nei suoi confronti fa già parte dell’aiuto che le potete dare.

Dott. Marco Focchi
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