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Ci chiede della morte

23/3/2017

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Gentile dottore,
mia figlia Adele ha cinque anni. È una bambina serena, partecipa a tante attività,  le piace la piscina, il canto, le piace parlare con tutti. attacca bottone con chiunque anche con le altre mamme se le figlie non la considerano quanto vorrebbe. È un po' particolare, delle volte è un po' più riservata. Non direi timida perché appunto partecipa con piacere, in questi giorni alla fiera andava dritta verso i giochi con le amichette dimenticandosi quasi di noi. A scuola le danno fastidio i rumori forti si mette proprio le mani sulle orecchie e manifesta fastidio. Non so se è perché effettivamente ci sia molta confusione essendo una classe numerosa e venendo i bimbi lasciati tutti insieme nella pausa. 
Oppure se non sia qualcosa di particolare. le scrivo perché spesso mia figlia fa domande strane per una bimba della sua età.  Ci chiede della morte. Dove andremo quando saremo morti. Cose del genere. Le ho spiegato che andremo in cielo. Lei mi chiede- ma quale stella saremo? - e quali sono le stelle dei nonni? E io francamente non so più come spiegarle, mi turba questo suo insistente interesse. Parlando con le insegnanti e con le altre mamme tutti mi dicono che ha una sorta di fissazione che non capita alle altre bambine della sua età. la psicologa della scuola ci ha detto che Adele si è spaventata per via dell'infarto di sua zia, mia sorella e che è opportuno tenerla lontana dal reparto, così che si tranquillizzi un po'. Così abbiamo fatto con mio marito ma le sue domande continuano, sul dolore , sulle cure. Credo tema proprio per la nostra morte. Come dovremmo comportarci secondo lei? Dovremmo rivolgerci ad uno specialista? Grazie

V. A.


>Gentile V.A.,

le domande sulla morte da parte di un bambino di cinque anni non sono affatto insolite o anormali. I bambini pensano, o si preoccupano della morte. Non continuamente certo, ma c’è un momento in cui si rendono conto di cosa significa e tentano di darle un posto. Non so dirle se per sua figlia questo pensiero abbia varcato la soglia oltre la quale siamo al di là del normale modo di occuparsene dei bimbi di quell’età, perché per saperlo dovrei vederla. Se però è, come mi dice, una bimba serena, alla quale piace giocare, che ha contatto con i coetanei, direi che prima di tutto occorre parlarle a aiutarla a far ordine su questo problema che la occupa.
Ovviamente, quel che pensiamo sulla morte dipende molto dalla nostra posizione in rapporto alla religione. Per un genitore credente in genere è più facile affrontare questo tema, perché la morte, nella prospettiva di un credente è vista in chiave consolatoria, con un rimando a un’altra vita. Dire a un bambino che andremo in cielo significa dunque trasmettergli le nostre credenze sulla vita dopo la morte. Per un genitore non credente il discorso può essere più difficile, perché non ha racconti consolatori da trasmettere, e forse tutti noi, credenti e non credenti, nel discorso sulla morte facciamo passare la nostra angoscia di fondo su questo tema, perché è il mistero più profondo, e sia la posizione del credente sia quella del non credente sono traversate dal dubbio. Il consiglio che io dò è di parlare ai bambini schiettamente a partire da quelle che sono le nostre convinzioni. Senza imporle come precetti, ma semplicemente dicendo come noi abbiamo affrontato il problema della morte, e rispondendo senza remore alle loro domande, perché sono perfettamente in grado di capire quel che chiedono, e non si lasciano ingannare da risposte elusive. Poter condividere queste riflessioni con un genitore con il quale si ha un rapporto di fiducia è il modo migliore per costruire dentro di sé la forza con cui affrontare gli aspetti meno risolvibili della vita.

Un saluto cordiale

dr. Marco Focchi
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