Salve,
sono una ragazza di 23 anni, Le scrivo perchè temo di essere filofobica. Ho avuto solo una relazione nella mia vita, e questa è iniziata a 14 anni. Il mio ragazzo era molto amorevole e disponibile, io tuttavia dopo poco tempo ho iniziato a sentirmi in gabbia, e nonostante lui fosse molto importante per me, io avevo la necessità di "sedurre" altri ragazzi e di assicurarmi che io avessi il "potere" di attrarre questi. Inoltre sentivo la necessità di divertirmi esageratamente con le mie coetanee, e questo nella mia testa era impossibile con la presenza nella mia vita. Questa relazione è durata 5 anni più o meno, ed è finita veramente in malo modo, in quanto il mio ragazzo, stremato dai miei continui comportamenti di indecisione (lo lasciavo e lo riprendevo perchè ero incapace di prendere una decisione), ha anche tentato di farsi del male e di farmi del male verbalmente, umiliandomi, perchè non ne poteva più, quindi la nostra storia è finita dallo psicologo. Fattosta che a 19 anni io mi sono trasferita all'estero, ma ogni volta che rientravo, lo rivedevo sempre e già mi accorgevo di non essere "normale" nel sentirmi bene solo perchè in questa situazione ero io la parte "forte" della situazione, lui mi adorava e mi vedeva come un qualcosa di irraggiungibile. allo stesso tempo, nonostante io provassi qualcosa per lui non ho mai preso in considerazione l'idea di rimettermi insieme a lui perchè questo avrebbe comportato una limitazione alla mia libertà, che io adoravo e mi sembrava fosse la cosa più bella della mia vita. Preciso che in 4 anni che vivo da sola all'estero, ho avuto delle piccole "cotte", 1 o 2, che hanno reso la mia vita meno noiosa, ma non ho MAI avuto una relazione, neanche di breve durata. Questa strana "relazione" a distanza, che poi relazione non era perchè io non mi sono mai considerata fidanzata, anzi il solo pensiero mi faceva stare male, è durata ben 4 anni, fino ad oggi, momento in cui lui mi ha messo alle strette dicendomi di non essere più in grado di continuare in quanto ogni volta che io tornavo all'estero lui stava malissimo ed è qui che mi ha messo a scegliere: o stiamo insieme o non ci stiamo. Io lì per lì, ho risposto ovviamente e freddamente che non volevo stare insieme a lui, ma dopo averlo rivisto ho provato delle sensazioni di forte malessere; e mi sono accorta che questo malessere era, sia dato dal mio "strano" sentimento per lui, sia dal fatto di sentirmi debole e impotente di controllare i miei sentimenti. Cosìcchè ho rivalutato la situazione, e nel momento in cui ho visto il suo atteggiamento "duro" nei miei confronti (era veramente deciso a chiudere del tutto), non sopportandolo, ho preso in considerazione l'idea di farlo venire a vivere con me tra un pò di tempo, ma non ero e non sono assolutamente sicura della mia scelta. Da quel momento è iniziato per me l'inferno; vivo costantemente con la paura di aver fatto la scelta sbagliata, e di essermi creata la prigione di cui ho sempre avuto paura. vivo con la paura di non potermi realizzare a pieno con lui al mio fianco, e con la convinzione che questa scelta non è giusta in questo momento della mia vita, anche se dentro di me sono convinta che più avanti lui sarebbe diventato l'uomo della mia vita, ma NON adesso, sono molto instabile, alterno momenti in cui penso di riuscire a stabilire una bella relazione a momenti in cui penso di essermi chiusa in un inferno che ora non voglio. Mi capita spesso di voler giocare con qualche ragazzo, ma solo verbalmente, senza quasi mai concludere niente "nel concreto", perchè in realtà non ne ho interesse. Sono veramente confusa e non so come devo comportarmi, in quanto la responsabilità non riguarda solo me ma anche la vita di questo ragazzo (per venire qui da me lui lascierebbe il suo lavoro sicuro in Italia, e non è una cosa da poco visto che il lavoro dalle mie parti è una cosa molto rara). Mi farebbe piacere un suo parere. >Cara J., non direi che filofobia è il termine con cui definire la sua situazione sentimentale. Mi sembra piuttosto che suoi comportamenti rivelino una grande insicurezza, e sarebbe interessante capire da cosa le deriva. È un’incertezza nel suo rapporto con la femminilità? Sono dubbi che le vengono dalla sua storia famigliare? Ci sono matrici relazionali che ha interiorizzato e che le rendono difficile la decisione? Di fatto si può notare che per lei il mondo del possibile deve restare sempre tale, e non può tradursi nel mondo reale, perché evidentemente riportare il possibile al reale implica una scelta e dunque una perdita. Si tratta dunque per lei di stabilire una gerarchia di ciò che è importante per lei, di ciò che è irrinunciabile e per il quale può perdere qualcosa che è meno essenziale. Mi sembra sia qui per lei il punto difficile: sapere cosa può fare da bussola per la sua vita, e questo richiederebbe un approfondito esame per capire cosa la blocca sulla via della scelta. Prima di qualunque etichetta diagnostica, sarebbe dunque questo il punto da considerare. Un cordiale saluto, Marco Focchi
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Maggio 2021
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