di Laura Sokolowsky Esistono controindicazioni a prendere una coppia in analisi? Freud, si sa, non seguiva regole rigide in materia. Per lui come per Lacan, la domanda “di chi soffre del suo corpo o del suo pensiero” aveva la precedenza rispetto a ogni altra considerazione. Fu così che tra l’autunno del 1920 e l’inverno 1921-22, Freud analizzò contemporaneamente la coppia formata da Alix e James Strachey, i cui nomi rimangono legati all’edizione monumentale dei ventiquattro volumi della Standard Edition dell’opera integrale di Freud, riferimento imprescindibile per la ricchezza del materiale. Il progetto condiviso dalla coppia fu l’immenso lavoro di traduzione dell’opera freudiana, durato decenni. Qualche giorno prima del suo matrimonio, il 4 giugno 1920, Strachey aveva scritto a Freud per esprimergli il desiderio di cominciare l’analisi con lui a Vienna. Aveva a disposizione solo una ghinea per seduta. Freud, messo al corrente da Jones che le qualità letterarie di Strachey avrebbero potuto utili alla causa analitica attraverso le traduzioni, rispose che non accettava pazienti per tale somma di denaro, “ma il caso di una persona che vuole essere mio allievo e diventare analista è al di sopra di queste considerazioni”. L’analisi di James Strachey cominciò il 4 ottobre 1920 alle 11 del mattino. Un mese dopo, in una lettera al fratello Lytton, James descriveva l’inizio della sua analisi. Ogni seduta è un insieme organico ed estetico, spiegava. Aveva già passato trentaquattro ore sul lettino, per un’ora al giorno tranne la domenica. L’analisi era un’esperienza di intensità inaudita e già era parte della sua vita. Ciò che provava era eccitante, talvolta sgradevole. La seduta produceva effetti sconvolgenti e si componeva di diverse sequenze. Quando andava bene, la seduta iniziava con argomenti vaghi e allusivi. Cose terribili e indefinibili si sviluppavano dentro di lui, fino a che Freud dava una piccola indicazione. Qualcosa si schiariva. Lui allora andava avanti e Freud poneva una domanda alla quale rispondeva. Nel momento in cui “la verità” gli si svelava, il Professore si alzava, attraversava la stanza fino al campanello e lo accompagnava alla porta. Ma, capitava anche di rimanere tutta la seduta con un peso sullo stomaco, senza poter dire una parola. La resistenza si manifestava nel corpo, lo faceva tremare per il resto della giornata. Strachey riteneva, con acume, che il fenomeno corporeo suscitato dall’analisi “è quello che maggiormente spinge a crederci”. Mentre il marito era già in analisi, Alix, che lo accompagnava a Vienna, fu preda di una violenta crisi di palpitazioni durante una rappresentazione alla Staatsoper. Chiese al marito di intercedere presso Freud per poterlo incontrare. Non solamente quest’ultimo la ricevette, ma tutto porta a credere che l’analisi di Alix interessò il fondatore della psicoanalisi più di quella del marito. Sotto l’apparenza di giovane donna colta e disincantata, Alix soffriva di diversi sintomi. La sua infanzia era stata marcata dall’assenza del padre, morto annegato. Aveva sempre avuto contrasti con la madre, che voleva costringerla a diventare un’artista. Il fratello maggiore l’aveva protetta e appoggiata nel difendersi dall’influenza materna, ma per lei fu sempre difficile disfarsi dell’influenza dell’Altra donna. Durante il suo primo anno a Cambridge, Alix si infatuò di una studentessa americana che la iniziò alla dieta vegetariana. La ragazza ribelle, che non aveva mai subito il fascino di un uomo e che, bambina, si divertiva a trafiggere le bambole con le freccette, divenne anoressica, scarna e triste. L’incontro con lo spirituale Strachey cambiò il corso della sua vita; cercò senza tregua di sedurre quest’uomo che preferiva gli uomini e ci riuscì. La sua determinazione a fare coppia aveva l’accento della necessità, quella di ripetere la relazione con il fratello che tanto l’aveva protetta dalle sregolatezze bohémien della madre. Dal canto suo, Alix aiutò James a uscire dall’indecisione. Fu lei a dargli il gusto per la psicoanalisi, a fargli leggere Freud e a sostenerlo nell’attività di traduttore. Più tardi, a metà degli anni venti, Alix fece a Berlino un altro incontro decisivo, quello con Melanie Klein. Anche qui, fu un vero colpo di fulmine che spinse Alix a favorire lo stabilirsi della grande analista dell’infanzia in Inghilterra. Una coppia al servizio della psicoanalisi, entrambi maestri della lingua inglese al punto da far passare la lingua di Freud nella loro: What else? Traduzione di Alessandra Milesi
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di Alessandra Milesi La fiducia reciproca è uno degli ingredienti più importanti per il buon funzionamento della coppia. Quali sono i comportamenti che possono mettere alla prova, sino a minarla, questa fiducia? Bugie, promesse non mantenute, azioni irrazionali, e, soprattutto, il tradimento. Il tradimento è sicuramente un avvenimento drammatico che mette alla prova la tenuta della coppia; può accadere in effetti che segni la fine di una coppia, ma più spesso accade che la coppia decida di rimanere insieme ma uno dei partner, o entrambi, non riescano a a elaborare l'accaduto senza l'aiuto di uno specialista. Il fatto è che il tradimento non attacca solo l'integrità di chi lo subisce, ma anche l'integrità stessa della coppia, che si basa sull'ideale di una scelta fatta una volta per tutte e quindi dell'affidarsi all'altro. La coppia, o più spesso chi è stato tradito, può chiedere allo psicologo un sostegno nel momento di sofferenza più acuto, oppure un affiancamento per arrivare al perdono. Nell'esperienza clinica, tuttavia, succede più frequentemente che il perdono sia già avvenuto, lasciando però una ferita non rimarginata, uno strappo nell'ideale. Il lavoro di sutura non è semplice, perché inevitabilmente richiede una messa in gioco di molti aspetti di sé. La sfida è che la coppia possa uscirne rinforzata e arricchita invece che indebolita. Daniele mi chiede un appuntamento. Anche se è giovanissimo, non ha ancora compiuto16 anni, è lui stesso che mi telefona.
Quando lo vedo, mi dice che ha una zia psicologa e che è stata lei a suggerirgli di prendere contatto con me. Si presenta come un ragazzo intelligente, più maturo della sua età, con un eloquio brillante e un linguaggio ricco ed espressivo, anche se finora a scuola se la cava per il rotto della cuffia. Mi racconta che già da qualche anno non è sicuro di essere eterosessuale, ma neppure di essere omosessuale; si sente attratto sia dalle ragazze sia dai ragazzi, anche se la sua prima esperienza sessuale è avvenuta qualche mese prima con un compagno di scuola più grande di lui di un paio di anni. Nelle ultime settimane "si è messo" con una ragazza che ha conosciuto in palestra, che lo attrae e lo intimidisce allo stesso tempo. La sua confusione rispetto alla propria identità sessuale è salita alle stelle. Iniziamo un percorso terapeutico che durerà quasi tre anni, durante i quali seguo Daniele nelle sue esperienze di vita e, parallelamente, lavoro con lui sulle tematiche profonde che lo interrogano. Emergono anche importanti ricordi, che fanno pensare a una scelta sessuale già avvenuta tempo addietro, ma non ancora accettata e, soprattutto, non ancora accettabile. Capisco che non posso forzare, ma solo aiutare Daniele a prepararsi alla sua vita affettiva futura. Dopo due anni dal nostro ultimo incontro, Daniele mi telefona per fissare un incontro. Mi ha cercato per raccontarmi che tra pochi giorni andrà a vivere con Matteo, un ragazzo conosciuto durante l'Erasmus l'anno precedente. Sta frequentando l'università con ottimi risultati e occasionalmente già lavora nel campo che ha scelto. Matteo non ha più dubbi su quello che è e su quello che desidera. L'essere venuto a comunicarmelo ha il significato di validazione della sua consapevolezza, oltre quello di fissare un punto fermo all'interrogativo con il quale si era presentato qualche anno prima. Tra programma e incontro, Philippe Hellebois, nel suo libro “Histoires salées en psychanalyse”, pubblicato da Navarin editore, fa pendere l'amore dalla parte del caso e della rottura ... di causalità. Intervista a Philippe Hellebois - Che titolo! Pretende di dirci come fare l’amore? - Si certo! E inoltre, cosa ancora più importante, come farlo accadere, come incontrarlo! [Risate] - Ho il sospetto che stia facendo pubblicità al prossimo Congresso della’AMP! - Già che c’è, dica dire che apro un sito d’incontri! E dopotutto, perché no? Anche se, di solito, in questo genere di siti ci si strofina più con i significanti che con i corpi. Ma poiché i nostri corpi sono fatti, almeno in parte, con dei significanti, si può sperare. Anche giovani coppie affiatate e con un buon equilibrio possono avere conflitti legati all'eccessiva presenza, reale o simbolica, delle rispettive famiglie d'origine nel nucleo familiare da loro creato. La prolungata permanenza dei giovani adulti a casa dei genitori, dovuta all'allungarsi del percorso di studi e alla difficoltà di crearsi un'indipendenza economica, può rendere più complicato il naturale evolversi dei legami tra le generazioni.
Così, uno dei membri della coppia sente che le piccole o grandi decisioni non vengono prese attraverso lo scambio, la condivisione o il confronto con il partner, ma piuttosto in seguito a una pressione o, più sottilmente, all'influenza permanente dei genitori dell'altro membro della coppia. Spesso non è questo il problema presentato in primis dalla coppia, ma già nel corso dei primi incontri il tema prende uno spazio che ne segnala l'importanza e l'imprescindibilità. La conseguenza di una presenza troppo forte delle famiglie d'origine nella nuova famiglia può essere una messa alla prova della stima e della fiducia verso se stesso e verso il partner, la diminuzione della confidenza e dell'intimità e il sorgere di conflitti più o meno esasperati. Queste difficoltà possono essere affrontate attraverso una serie di colloqui volti a esplorare le particolarità che caratterizzano le relazioni con le proprie famiglie di provenienza, le somiglianze e le differenze, le cose che ognuno porta con sé attraverso le generazioni. Insieme si elabora quello che emerge di significativo, con l'obiettivo di creare o ricreare una coppia nucleare autosufficiente, che naturalmente mantiene relazioni affettive con le rispettive famiglie d'origine, ma che sente di essere protagonista delle sue scelte. Forse è capitato anche a voi di ricevere le confidenze di un'amica che racconta di incontrare sempre uomini che la abbandonano, oppure che la deludono perché a un certo punto si rivelano diversi da quanto immaginava.
Anche nell'esperienza clinica ci sentiamo spesso chiedere:" Dottoressa, ma li incontro tutti io quelli fatti così?" Certamente può essere casuale incontrare e innamorarsi di uomini sbagliati, ma parlando con le nostre pazienti emerge che la loro attrazione si catalizza proprio verso quelle caratteristiche che poi le fanno soffrire o che comunque non funzionano nel rapporto. C'è qualcosa di molto profondo che anche loro mettono in gioco più o meno consapevolmente. Si tratta della ripetizione, di una propensione più forte della razionalità e perfino della casualità, che porta e riporta a trovarsi in relazioni che non partono, non durano, o intrappolano nell'infelicità. Interessante è allora capire cosa sta dietro questo meccanismo, esplorando sia le relazioni precedenti con l'Altro, sia l'immagine di sé. Interrompere la ripetizione apre a scelte non più condizionate da elementi irrisolti, sostanzialmente a scelte libere. Lei e lui sono sempre innamoratissimi, nonostante vivano insieme da molti anni. La reciproca attrazione fisica è il magnete che li porta a rappacificarsi dopo giorni di musi e litigi.
Sono entrambi intelligenti, brillanti, realizzati in ambito lavorativo, e condividono ideali e valori che hanno fatto di loro dei buoni genitori. Sono una coppia davvero solida, dove l'ipotesi di una separazione non ha mai fatto capolino. Eppure, litigano con inusitata frequenza e con una sottile violenza verbale mirata a ferire l'altro intimamente; anno dopo anno, la componente erotizzata contenuta dai loro conflitti viene a mancare, ed è più difficile fare pace facendo l'amore. I conti rimangono aperti, spesso affiorano piccoli rancori e tutti e due riconoscono di essere stanchi di litigare. Cosa sta alla base di questa modalità relazionale? Ogni storia ha i suoi ingredienti più visibili e i suoi moventi più inconsci, che insieme danno origine alle peculiari dinamiche in cui i protagonisti sono coinvolti; lo psicologo può leggere e restituire il senso di questa particolare configurazione, aprendo la coppia alla possibilità di un cambiamento. Spesso, in una coppia con queste caratteristiche non è scontato che entrambi i membri si mettano direttamente in gioco in un percorso terapeutico. In questo caso, lavorare con uno solo di loro non è, come potrebbe apparire a prima vista, una sorta di "piano B". Chi dei due si affida allo psicologo è il più duttile, il più aperto al nuovo, quello che attraverso il proprio cambiamento è in grado di suscitare nel partner una risposta diversa da prima, producendo una modalità di stare insieme più soddisfacente per entrambi. Albertina (nome di fantasia) è una graziosa ragazza di 16 anni, lunghi capelli lisci e lucenti e un sorriso un po' timido. Arriva da me accompagnata dalla madre. Il problema che preoccupa i genitori è che Albertina da qualche mese mangia poco e malvolentieri. Il pasto può durare anche due ore, durante le quali la ragazza riesce a introdurre qualche boccone di cibo, bevendo dell'acqua per cacciarlo giù. Albertina dice di avere qualcosa che ostruisce la gola e che le impedisce di mangiare normalmente. Ha perso qualche chilo e fa fatica a concentrarsi nello studio.
Già nei primi incontri, nei quali Albertina viene sempre accompagnata dalla madre, mi rendo conto che non si tratta, come avrebbe potuto sembrare a prima vista, di un disturbo alimentare. Non sono presenti tutta una serie di elementi che configurano nella stragrande maggioranza dei casi questo tipo di problema. Decido di vedere una volta Albertina da sola e di dare un appuntamento anche a tutta la famiglia (madre, padre, Albertina e la sorella). Proprio questi incontri si rivelano essenziali. Durante la seduta individuale devo aiutare Albertina ad aprirsi. Le domande che le faccio la aiutano a dirmi che cosa la preoccupa: si è accorta di essere attratta dalle persone del suo sesso e da tempo legge quello che trova su internet a riguardo, ma non riesce a parlarne in casa. Il nodo alla gola è questa cosa, per lei gigantesca, che non la fa quasi respirare, figuriamoci mangiare! Mi accorgo che già averne parlato con me le dà sollievo ed esce dalla seduta più serena. La settimana successiva vedo la famiglia. La comunicazione tra i vari membri appare difficile e contratta; il padre è piuttosto autoritario, la sorella maggiore è del tutto concentrata su di sé e la madre è più riservata rispetto a quando la vedo sola insieme alla figlia. Si capisce come Albertina faccia fatica ad aprirsi con loro. Al successivo appuntamento, Albertina comunica in seduta alla madre di essere lesbica. Dice di sentirsi meglio, ha ripreso a mangiare normalmente e riesce a concentrarsi maggiormente sullo studio. Mi dice con un sorriso che ora può andare avanti da sola. Comincia qui un lavoro di accettazione e di elaborazione da parte della madre, figura essenziale nelle dinamiche comunicative di questa famiglia. Il breve percorso che la madre fa con me, apre alla condivisione da parte di tutta la famiglia dell'identità sessuale di Albertina. Anche in una famiglia che ha funzionato sufficientemente bene fino a un certo punto può succedere che esploda improvvisamente, o faccia capolino in modo insinuante, un problema significativo di un figlio. Si può trattare di difficoltà scolastiche che bloccano il percorso di studi, di comportamenti trasgressivi di vario tipo, di disturbi alimentari, di vissuti ansiosi o depressivi.
In questi casi, le possibilità di intervento sono diverse, e devono essere valutate con attenzione per offrire il trattamento più efficace in base a criteri specifici; è importante considerare chi è motivato (o motivabile) a fare un percorso terapeutico, capire le caratteristiche della famiglia e dei singoli, individuare il tipo di problema. Si può seguire la famiglia nel suo insieme, oppure la coppia di genitori mentre contestualmente il figlio intraprende un suo personale percorso terapeutico. Anche se il problema "è del figlio", per avere risultati significativi e stabili è necessario promuovere dei cambiamenti nelle dinamiche familiari. Capita anche che il figlio neghi il disagio e si rifiuti di andare dallo psicologo, oppure che ci vada una volta per accontentare i genitori, ribadendo, al ritorno a casa, che non serve a nulla. In realtà, questo comportamento può voler dire ai genitori "occupatevi voi di me". Lavorare con i genitori ripercorrendo il loro ruolo affettivo ed educativo produce effetti, talvolta significativi e sorprendenti, anche sul figlio. Un bambino, un adolescente e perfino un giovane adulto che vive ancora in famiglia, seppur proiettato all'esterno attraverso la scuola, gli amici e i social network, ha bisogno di una struttura familiare che ne sostenga e ne promuova la crescita e l'autonomia. La spinta a stare bene, propria della giovane età, fa sì che ci sia una risposta positiva ai cambiamenti che si riesce a promuovere all'interno della famiglia. |
Problemi di coppiaLa coppia contemporanea ha un desiderio legittimo: stare bene insieme.
I cambiamenti culturali, sociali ed economici degli ultimi decenni hanno inciso profondamente sulle aspettative e sugli obiettivi dello stare in coppia. Se in un passato ancora vicino l'essere coppia si sovrapponeva quasi completamente all'essere famiglia, oggi la coppia è qualcosa di unico e diverso, ci siano o meno dei figli. > Continua a leggere Dott.ssa Alessandra MilesiPsicologa clinica, esercita a Milano, dove riceve in viale Gran Sasso 28,
Email: [email protected] È iscritta all'Ordine degli psicologi della Lombardia, n. 5451. La pratica clinica è il cuore della sua attività, che si rivolge a individui, coppie e famiglie, con cui ha maturato una lunga e articolata esperienza. L'idea centrale del suo lavoro è quella di offrire percorsi personalizzati, in grado di rispondere alla varietà e alla particolarità delle problematiche contemporanee. Ha preso parte a diversi progetti di ricerca, ed è autrice e coautrice di articoli pubblicati su riviste italiane e straniere. Ha inoltre lavorato nell'ambito del Servizio pubblico, svolgendo attività di formazione e supervisione. > Leggi il profilo completo |