![]() Clinica delle invenzioni singolari. XXI Giornate ELP- Barcellona, 5-6 novembre 2022 Ascoltato nella sua singolarità nessun essere umano può essere considerato normale, se si parte dallo scompiglio indotto nel suo programma istintivo dall'incontro contingente con il linguaggio. Il soggetto così, traumatizzato dall’urto delle parole con un sottobosco di pulsioni disorganizzate, sentirà aprirsi in sé una breccia che irrimediabilmente segnerà per lui un destino, quello di fare i conti con i significanti che lo determinano. Il parlêtre — come Lacan chiamava la singolarità dell'essere parlante — diventerà prigioniero di parole dalle quali rimarrà più o meno soggiogato. A volte rimarrà loro strumento. Altre volte potrà trovare modi di fare con la materia della sua lalangue e con gli affetti che genera. Prolifereranno così ombre, riflessi, miraggi subordinati alla relazione primitiva, originale e traumatica, tra significante e godimento, che gli permetterà di fare buco a partire dalla particolarità del suo sintomo. Si produrranno allora finzioni che alimentano sogni, fantasie che rimangono nell’intimo, attribuzioni di senso con cui il soggetto abiterà il proprio corpo, o il legame sociale con gli altri.
Tutti al mondo sono nel proprio mondo, ognuno tirato, se non tiranneggiato, tra l'universalizzazione dei significanti e la particolarizzazione delle forme di godimento. Si tratta di una follia che, essendo universale, non si delinea come ciò che riconosciamo clinicamente come psicosi. Il delirio inizia infatti già con la parola, con il sapere, con la verità che «ha struttura di finzione”, con i fantasmi più comuni o più singolari, con il linguaggio stesso che Lacan definì come "un elucubrazione su lalangue". Allo stesso modo, è a partire dal luogo dell'Altro del linguaggio che si costituiscono i discorsi stabiliti (leggi, religioni, ideologie, mode) che, nella loro pretesa di regolare la diversità dei godimenti, offrono soluzioni collettive orientando il modo di aver a che fare con il corpo e con gli altri. Questi discorsi per alcuni soggetti saranno un aiuto. Altri, non potendosene servire, saranno spinti dalla pressione del mondo e/o del corpo a costruire deliri originali completamente inventati. In antitesi alla psicoanalisi, che sovverte ogni discorso promotore di una presunta normalità, troviamo classificazioni diagnostiche che, partendo da una standardizzazione generalizzata, cercano di sistemare il soggetto in un "tutti uguali" che ne cancella le differenze, con il rischio di ignorare quel che di più singolare è in gioco nella sofferenza, e di silenziare i sintomi. Possiamo dire allora che “tutti al mondo sono nel proprio mondo" è la constatazione della posizione profondamente antisegregativa della psicoanalisi, perché presenta un “tutti al mondo" che sottolinea il segno singolare e incomparabile di ogni soggetto. Questo riguarda specialmente il pathos (πάθος) di ciascuno. Riguarda ciò di cui soffre, ma che gli offre al tempo stesso l'opportunità di percorrere la via che lo chiama a un’invenzione. Seguendo le tracce del suo funzionamento particolare cerca allora il suo modo singolare di far qualcosa con il godimento che lo abita Così, seguendo l'orientamento dell'"ultimissimo insegnamento di Lacan", la clinica delle invenzioni singolari ci invita ad andare oltre la suddivisione dei concetti precedenti, come sintomo e fantasma, i quali si uniscono nel sinthomo, senza con ciò perdere l'orientamento che troviamo nella precedente clinica strutturale. In questo modo si presentano numerose domande: che uso facciamo delle formazioni dell'inconscio quando ci orientiamo a partire dagli eventi del corpo? Come si articolano la clinica strutturale, organizzata dal significante del Nome del Padre, e la clinica nodale, che lo pluralizza in forme singolari di annodamento? Quali sono le condizioni di possibilità di trovare un luogo comune, se ciascuno è nel proprio mondo, quello alimentato dal suo sintomo? Come può, per altro verso, il soggetto arrivare a costituire il proprio partner-sintomo? Come può un delirio diventare a volte anche un legame sociale, o persino una religio che riunisce i suoi credenti? Sono i temi che affronteremo nella preparazione delle Giornate e nel nostro incontro a Barcellona. Laura Canedo e Ruth Pinkasz, direttrici delle XXI Giornate
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