![]() Alessandra Milesi Ricevo una chiamata da una collega parigina. Ha fatto alcuni incontri con un manager di un’importante multinazionale, che a breve si sposterà in Italia. Mi chiede se ho spazio per prenderlo in carico ed è così che Eric arriva nel mio studio. È francese, ha appena compiuto 40 anni. Io conosco il francese, lui conosce l’italiano. Così decidiamo che ognuno di noi si esprimerà nella sua lingua madre, condizione ideale in questi casi. Mi racconta, con voce quasi vuota, cosa lo ha spinto a chiedere aiuto. Due anni prima la moglie, scoprendo i suoi molteplici tradimenti, l’aveva trascinato in tribunale per la causa di separazione e poi per il divorzio. Mi dice che ha sofferto molto perché l’amava e si dice arrabbiato per il corposo assegno che le deve versare mensilmente. Anche la casa è stata assegnata alla ex-moglie, sebbene non abbiano figli. Sente di essere vittima di una giustizia ingiusta. Mi porta un pesante dossier che contiene perizie, memorie e documenti, chiedendomi di leggerlo per dirgli se non penso anch’io che lui sia protagonista una storia assurda. Gli dico che non sono un’esperta in materia giuridica, che avrei però sentito il suo avvocato per avere un’idea degli aspetti legali. Aggiungo, sottolineando l’importanza della cosa, che per il lavoro che stiamo intraprendendo non è prioritario il contenuto del dossier, bensì quello che lui mi porta in seduta e quello che man mano emergerà.
Gli incontri sono quindicinali, perché Eric dice di non poter venire con più frequenza, dati gli stringenti impegni di lavoro. Sento il suo avvocato, il quale mi dice che la situazione di Eric è assai comune: un coniuge tradito o abbandonato spesso ottiene un risarcimento economico che ripara il torto subito (compensazione amore-denaro, che solo in parte funziona...ma questo è un altro capitolo). Durante gli incontri, Eric torna continuamente al racconto della vicenda matrimoniale, dicendo che gli serve molto poterne parlare apertamente con qualcuno con cui può mostrarsi afflitto. Questa è una fase e una funzione legittima e talvolta indispensabile del lavoro psicologico o analitico, tuttavia Eric si compiace del suo ruolo di vittima, provando nel lamento un godimento che non può abbandonare. E poi, c’è il contrappeso: la conquista. È un uomo cui piace sedurre e l’accento francese lo rende particolarmente attraente alle donne italiane, sembra. Appena le ha avute, le disprezza. Con qualche sollecitazione da parte mia, emergono alcuni ricordi e alcuni fatti dell’infanzia e della giovinezza. Sono elementi preziosi, che si agganciano bene sia al suo essere un impenitente seduttore, sia alla tendenza vittimistica. Eric capisce quello che gli faccio vedere, ma non abbraccia la posizione di responsabilità soggettiva, prerequisito indispensabile al cambiamento. Finché la colpa è del mondo, degli altri o del destino, la comprensione rimane intellettuale e non permette alcuna messa in gioco. Un giorno mi annuncia di essersi innamorato. Si tratta di una bellissima collega della multinazionale per cui lavora, donna che, a differenza delle avventure precedenti, sente di stimare e ammirare per il carattere deciso e l’intelligenza con cui si muove nell’ambito lavorativo. Tutto avviene rapidamente e dopo pochi mesi Eric si sposa e va a vivere con la nuova moglie in una casa lussuosa nel centro di Milano, acquistata con un mutuo piuttosto congruo e intestata a lei. Segue una breve fase di benessere, ma presto Eric comincia a tradire la moglie. Dice di amarla (e senz’altro le dà un posto che non dà alle altre), ma di aver bisogno di novità e di trasgressioni. Qualche whatsapp notturno lo mette nei guai. La moglie scopre i tradimenti e chiede la separazione. Lui è disperato e arrabbiato, proprio come quando l’ho visto la prima volta. Si sente vittima predestinata. È la ripetizione del primo capitolo della sua vita! Nonostante due anni di incontri psicologici, pur saltuari, Eric, come Lord Jim, non coglie la seconda possibilità e ricade nello stesso errore. Il punto cruciale è proprio la mancanza di presa di responsabilità di Eric. È una cosa che lo psicologo non può imporre o consigliare, e talvolta non ci sono i presupposti per sviluppare questa posizione di responsabilità soggettiva. Identificarsi nel ruolo di vittima ha portato Eric a incarnarlo per due volte consecutivamente, continuando a soffrirne e a goderne allo stesso tempo.
5 Commenti
Anna Martinelli
4/10/2019 02:03:55 pm
Il sottotesto racconta del bisogno che ha Eric di veder soffrire le donne che dice di amare, e della necessità che lui stesso ha di essere sempre sul crinale di una sofferenza possibile, alla quale, nel corso del tempo, non sa resistere! Non si coglie però nessuna traccia del percorso che lo ha condotto a diventare così: un innamorato del dolore procurato alle altre e a se stesso.
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ALESSANDRA
5/10/2019 10:13:45 pm
Cara Anna,
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Anna Martinelli
6/10/2019 07:36:36 pm
Grazie per avermi risposto.
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Anna Martinelli
8/10/2019 02:54:53 am
Intervengo ancora brevemente per chiederle: il punto cruciale della situazione di Eric e del nutrito popolo di uomini che si relazionano con le donne come lui, non è forse l’impossibilità, l’incapacità di riconoscere nella ripetizione del proprio comportamento un sintomo che segnala qualcosa d’altro? Eric riconosce in sé uno stato di sofferenza, e a me sembra già molto, ma in un mondo profondamente e segretamente maschilista la storia di Eric è paradigmatica, e sono tanti gli uomini che apprezzano questo stile di vita, attribuendo piuttosto alle loro compagne, mogli, amanti la responsabilità di una sofferenza che non capiscono e che viene vissuta come un inaccettabile ostacolo alla loro esuberante libertà, che non vorrebbe conoscere limiti.
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ALESSANDRA
8/10/2019 09:35:35 pm
Cara Anna,
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Problemi di coppiaLa coppia contemporanea ha un desiderio legittimo: stare bene insieme.
I cambiamenti culturali, sociali ed economici degli ultimi decenni hanno inciso profondamente sulle aspettative e sugli obiettivi dello stare in coppia. Se in un passato ancora vicino l'essere coppia si sovrapponeva quasi completamente all'essere famiglia, oggi la coppia è qualcosa di unico e diverso, ci siano o meno dei figli. > Continua a leggere Dott.ssa Alessandra MilesiPsicologa clinica, esercita a Milano, dove riceve in viale Gran Sasso 28, Tel. 338 380 66 08.
Email: dottoressamilesi@gmail.com È iscritta all'Ordine degli psicologi della Lombardia, n. 5451. La pratica clinica è il cuore della sua attività, che si rivolge a individui, coppie e famiglie, con cui ha maturato una lunga e articolata esperienza. L'idea centrale del suo lavoro è quella di offrire percorsi personalizzati, in grado di rispondere alla varietà e alla particolarità delle problematiche contemporanee. Ha preso parte a diversi progetti di ricerca, ed è autrice e coautrice di articoli pubblicati su riviste italiane e straniere. Ha inoltre lavorato nell'ambito del Servizio pubblico, svolgendo attività di formazione e supervisione. > Leggi il profilo completo |
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