![]() Alessandra Milesi Molte volte, e sempre più spesso negli ultimi anni, mi è capitato di ricevere domande di presa in carico clinica da donne che, pur all’interno di peculiarità individuali, presentano alcune caratteristiche comuni. Si tratta di donne intelligenti, con una personalità ben disegnata, che hanno studiato. C’è un sottile tratto di insicurezza che traspare dai loro racconti, che ha fonti diverse e che non ha impedito loro una vita soddisfacente in vari ambiti. Tutte hanno una passione artistica, collegata direttamente ai loro studi, o sviluppata in modo tangenziale partendo comunque dagli stessi. Definisco “artistici” in senso ampio questi interessi o passioni, intendendo fotografia, scultura, design, pittura, musica; proprio la loro natura è, credo, collegata alla configurazione che sto per descrivere. Infatti, queste donne hanno compiuto diversi anni fa una scelta ben ponderata e abbracciata con convinzione, senza apparenti forzature o pressioni esterne: quella di rinunciare a mettere a frutto gli studi fatti (o, in alcuni casi, a lasciare un lavoro promettente in tal senso) per dedicarsi interamente alla famiglia e a crescere i figli. Contrariamente a quello che qualcuno potrebbe supporre, queste madri non compensano attraverso i figli la rinuncia fatta. Anzi, sono madri presenti e attente, ma non invadenti. Buone madri e non madri perfette. Non proiettano nei figli se stesse, ma ne riconoscono l’unicità e li aiutano a farla emergere e a svilupparla, di concerto con il partner che coinvolgono nei discorsi e nei progetti. Insomma, in linguaggio psicoanalitico, non sono madri falliche; proprio per questo sanno misurare i bisogni dei figli in modo quantitativo e qualitativo. Così, quando i figli entrano nell’adolescenza, si configura un nuovo scenario. Da un lato, diventano ancora più importanti attenzione e sensibilità ai continui cambiamenti e talvolta a nuove problematiche che figli fino a quel momento “facili” da crescere possono presentare, mentre dall’altro lato l’accresciuta autonomia dei ragazzi libera spazi di tempo concreti. In questa fase, le passioni e gli interessi sospesi o dimensionati reclamano in modo più o meno cogente la loro realizzazione. Ma perché queste donne arrivano in consultazione? Tornando a quanto accennavo sopra: in linea generale, avere studiato una materia che non si trasforma in lavoro fa sì che questa entri a far parte del patrimonio di sapere ma non dell’identità personale, mentre le passioni e gli interessi artistici conservano sempre un potenziale di espressione. Cosa da sottolineare è infatti che in queste donne le passioni di cui parliamo sono sempre state presenti, sospese o dimensionate, dicevamo, ma parte di sé riconosciuta e custodita a un certo livello di consapevolezza. Quello che serve ora è che questi interessi vengano sfoderati, tolti dalla custodia, sviluppati e utilizzati; il lavoro terapeutico va in direzione di un’autorizzazione a farlo, non scontata, che la donna si deve dare. Ho osservato come l’altro passaggio essenziale e difficile sia il riconoscimento da parte del partner, che se assente può condizionare la libertà che la donna si dà nel portare avanti i suoi progetti. Infatti, se in lei, come dicevamo sopra, queste passioni sono rimaste come costituenti il sé, il partner non le ha viste e accoglie con stupore o con sufficienza il loro emergere. Difficilmente le apprezza con spontaneità o spinge la compagna a realizzarle. Talvolta c’è una paura inconscia che la novità possa destabilizzare la coppia. Allora qui le strade sono essenzialmente due, e in entrambe la terapia può aiutare. La prima è far capire al giusto tempo e nel giusto modo il posto e il ruolo che questo cambiamento può portare in termini di soddisfazione di sé, arrivare ad aprire lo spazio a un confronto di interessi e idee che c’è stato in altri campi e che può essere rinvigorente anche per la coppia. Spesso questo dialogo spinge il partner a essere incoraggiante e partecipativo. Se questo non succede, o non succede in tempi accettabili, si apre la seconda strada, quella di autorizzarsi ad andare avanti anche senza questo apprezzamento e questa condivisione. Alcune volte, è solo quando l’interesse o la passione diventano un progetto remunerativo, un lavoro “vero”, che qualcosa cambia.
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Problemi di coppiaLa coppia contemporanea ha un desiderio legittimo: stare bene insieme.
I cambiamenti culturali, sociali ed economici degli ultimi decenni hanno inciso profondamente sulle aspettative e sugli obiettivi dello stare in coppia. Se in un passato ancora vicino l'essere coppia si sovrapponeva quasi completamente all'essere famiglia, oggi la coppia è qualcosa di unico e diverso, ci siano o meno dei figli. > Continua a leggere Dott.ssa Alessandra MilesiPsicologa clinica, esercita a Milano, dove riceve in viale Gran Sasso 28,
Email: [email protected] È iscritta all'Ordine degli psicologi della Lombardia, n. 5451. La pratica clinica è il cuore della sua attività, che si rivolge a individui, coppie e famiglie, con cui ha maturato una lunga e articolata esperienza. L'idea centrale del suo lavoro è quella di offrire percorsi personalizzati, in grado di rispondere alla varietà e alla particolarità delle problematiche contemporanee. Ha preso parte a diversi progetti di ricerca, ed è autrice e coautrice di articoli pubblicati su riviste italiane e straniere. Ha inoltre lavorato nell'ambito del Servizio pubblico, svolgendo attività di formazione e supervisione. > Leggi il profilo completo |