Alessandra Milesi Una giovane donna chiede di vedermi perché da qualche mese non sta bene, “forse è ansia”, dice incerta. Non è un problema che le impedisce di andare al lavoro, frequentare gli amici, condurre una vita apparentemente normale. Però, dice di sentirsi “non a posto”, non rilassata, come se avvertisse un sottile malessere quasi fisico che le impedisce di essere serena. Noi psicologi sappiamo bene quante volte l’ansia venga descritta come un qualcosa di fisico, che si sente nel cuore o nello stomaco. Da qualche settimana fa anche fatica a dormire e sta assumendo prodotti fitoterapici, che però non l’aiutano granché. Una sua amica, che è stata mia paziente, le ha messo in mano un biglietto con le mie coordinate…ed eccola qui. Lucrezia è una graziosa ragazza di 26 anni. Dopo avermi descritto come si sente, le chiedo di parlarmi di cosa fa, della sua famiglia e della sua vita di relazione. E’ figlia unica di due genitori che lei descrive con stima e affetto e che vede come innamorati e affiatati. Dopo la laurea in giurisprudenza, lavora come praticante presso uno studio legale e intanto studia per l’esame di stato. Da nove anni sta con Mattia, che è di due anni maggiore e anche lui figlio unico. Frequentano da sempre i reciproci genitori, che li considerano come dei secondi figli e con cui hanno fatto spesso le vacanze quando erano più giovani. Da poco più di un anno convivono in un appartamento che Mattia ha ereditato da una zia materna e, con i loro stipendi (Mattia lavora come informatico presso una solida azienda), se la cavano senza problemi, permettendosi anche dei bei viaggi durante le ferie, soprattutto quelle estive. Gli amici li considerano una “coppia di ferro”. Quando vedo Lucrezia la settimana successiva, esordisce con tono più veemente rispetto al primo incontro, e mi parla del suo rapporto con Mattia in modo diverso, più approfondito e più vero. Le sembra che le cose non siano più come una volta. Litigano spesso, senza riuscire a trovare né un’integrazione delle diverse posizioni, né l’accettazione di opinioni divergenti, come se questo rappresentasse di per sé un allontanamento. E così, l’allontanamento temuto, diviene un passaggio all’atto. Si tengono il muso per diversi giorni, non fanno l’amore, mangiano in silenzio. A un certo punto, chi si riavvicina è lei, che dice di “stare troppo male in quella situazione”. La pace fatta non riporta a un equilibrio soddisfacente e per di più è di breve durata:qualcosa lasciato in disordine da uno dei due, desideri diversi su cosa fare o su che amici frequentare, opinioni opposte su fatti avvenuti scatenano i litigi. Nel corso dei nostri incontri, Lucrezia lavora bene e capisce molte cose di sé. Diventa anche consapevole di non essere più innamorata di Mattia da qualche tempo, perfino da prima dell’inizio della convivenza, ma di non essere stata in grado non solo di vederlo, ma neppure di concepirlo. Crescendo hanno perso quelle affinità che li avevano avvicinati tanti anni prima; le differenze tra loro, che potenzialmente potrebbero rappresentare un arricchimento e un completamento reciproco, aprono a una continua guerriglia. L’ansia di Lucrezia ha quindi a che vedere con la difficoltà di accettare che l’amore possa finire e, in pari misura, con la difficoltà di prendere l’iniziativa di lasciarsi, decisione che Mattia, pur dichiarandosi insoddisfatto del loro rapporto, non condivide. Non è facile chiudere un rapporto importante, neppure quando i momenti belli o sereni sono solo un ricordo. Non è facile neppure se non c’è un vincolo matrimoniale o patrimoniale, se non ci sono dei figli. Non c’è mai un unico motivo alla base di questa difficoltà, si tratta di configurazioni complesse, che hanno a che fare con il vissuto reale e simbolico di chi ci si trova dentro. Anche per Lucrezia è così, e non entrerò nel merito delle cose più profonde e soggettive, che richiederebbero una più ampia esposizione del caso clinico. Due elementi meritano però di essere sottolineati, proprio per il loro carattere più generale e che ho ritrovato in altri casi che presentavano la stessa problematica. Il primo è la giovane età in cui il rapporto affettivo è iniziato, insieme alla lunga durata. Il legame che si crea in questi casi contiene anche la proiezione nell’altro di un sé ancora in evoluzione, e questo crea una doppia difficoltà al momento del distacco. La persona sente di chiudere con l’altro ma anche con una parte fantasticata di sé, una parte mai realizzata di cui si deve fare il lutto. L’altro elemento è l’ideale di coppia perfetta con cui ci si misura e che, se non raggiunto o mantenuto, convoglia un senso di fallimento. Per Lucrezia l’immagine è reale, rappresentata dal rapporto ben funzionante dei genitori. In altri casi può essere un ideale interiore, contrapposto all’aver avuto genitori separati o litigiosi.
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Problemi di coppiaLa coppia contemporanea ha un desiderio legittimo: stare bene insieme.
I cambiamenti culturali, sociali ed economici degli ultimi decenni hanno inciso profondamente sulle aspettative e sugli obiettivi dello stare in coppia. Se in un passato ancora vicino l'essere coppia si sovrapponeva quasi completamente all'essere famiglia, oggi la coppia è qualcosa di unico e diverso, ci siano o meno dei figli. > Continua a leggere Dott.ssa Alessandra MilesiPsicologa clinica, esercita a Milano, dove riceve in viale Gran Sasso 28,
Email: [email protected] È iscritta all'Ordine degli psicologi della Lombardia, n. 5451. La pratica clinica è il cuore della sua attività, che si rivolge a individui, coppie e famiglie, con cui ha maturato una lunga e articolata esperienza. L'idea centrale del suo lavoro è quella di offrire percorsi personalizzati, in grado di rispondere alla varietà e alla particolarità delle problematiche contemporanee. Ha preso parte a diversi progetti di ricerca, ed è autrice e coautrice di articoli pubblicati su riviste italiane e straniere. Ha inoltre lavorato nell'ambito del Servizio pubblico, svolgendo attività di formazione e supervisione. > Leggi il profilo completo |