Buongiorno Dott. Focchi,
scrivo questa lettera come padre profondamente scosso dall'ultima terribile notizia di cronaca che ha visto un ragazzo uccidere brutalmente la propria famiglia a Paderno Dugnano. Sono rimasto sconvolto dalle descrizioni e dalle immagini che i media hanno riportato: un adolescente apparentemente tranquillo, in una famiglia normale, che si trasforma in un carnefice. È inevitabile, in questi casi, sentirsi toccati personalmente, specialmente quando le vittime sembrano persone come noi, con vite ordinarie e quotidianità simili a quelle della mia famiglia. Non riesco a smettere di pensare: cosa spinge un figlio a compiere un atto così estremo? In quanto genitore, mi sento vulnerabile, perché mi domando se davvero conosco i miei figli. Con un brivido, ho pensato se devo addirittura averne paura, dei miei figli (è un pensiero che la mia mente trova assurdo, ma è un pensiero che ho avuto). A volte, la vita familiare si svolge in modo così routinario che è facile non accorgersi di eventuali segnali di malessere o disagio. Guardando quella famiglia, mi sono chiesto: sto facendo abbastanza per capire cosa provano i miei figli? Potrebbe esserci qualcosa che mi sfugge? Mi terrorizza l’idea che mio figlio possa sentirsi incompreso, isolato o in difficoltà, senza che io me ne accorga. Questa tragedia mi ha fatto riflettere profondamente su come la società spesso punti immediatamente il dito contro i genitori in casi simili, ma mi chiedo: è davvero così semplice? La responsabilità è sempre dei genitori, o ci sono altri fattori, forse più nascosti, che possono contribuire a una simile esplosione di violenza? C’è qualcosa di intrinseco nell’animo umano che può sfuggire persino alle persone più vicine? Mi chiedo anche se il continuo bombardamento di notizie e immagini violente, la pressione dei social media e l'isolamento che la tecnologia può creare non siano elementi che contribuiscono a creare un terreno fertile per il disagio mentale, specialmente nei giovani. Così come il periodo del Covid, che sembra quasi ce lo siamo dimenticato. Come possiamo proteggere i nostri figli da queste influenze senza chiuderli in una campana di vetro, e al tempo stesso insegnare loro a comunicare apertamente i loro sentimenti? Le chiedo dunque, Dott. Focchi, quali sono i segnali a cui un genitore dovrebbe prestare attenzione per evitare che situazioni di disagio sfocino in tragedie? C’è un modo per riconoscere e intervenire tempestivamente quando qualcosa non va, o siamo destinati a vivere nell’incertezza, sperando solo che il peggio non accada mai? La ringrazio per la sua attenzione e spero possa aiutarmi a trovare delle risposte in questo momento di grande preoccupazione. Cordiali saluti, R.F. >Gentile RF, Il caso di Paderno Dugnano ha particolarmente colpito l’opinione pubblica, e la stampa e i media gli hanno dato particolare rilevanza. Tutto questo succede in un momento in cui l’attenzione era ancora rivolta all’omicidio di Sharon Verzeni. Quel che accomuna i due casi è la mancanza di un motivo. Non si tratta di crimini legati a gelosia, a rancori, a faide, o semplicemente a scopi di rapina. In questo senso sono fatti che escono dall’ambito immediato delle indagini tradizionali in cui quel che si cerca in primo luogo è il movente. Bisogna dire che le situazioni che abbiamo sotto gli occhi sono ancora calde, ma non sono nuove. Negli anni Cinquanta fece scalpore il caso di Franco Percoco, che a Bari sterminò la famiglia in modo raccapricciante, e finì nel manicomio di Aversa . Negli anni Settanta fu Doretta Graneris a uccidere a colpi di pistola il fratello, i genitori e i nonni. A Doretta non fu riconosciuta tuttavia l’infermità mentale e finì in carcere dove dopo alcuni anni si laureò. Agli inizi degli anni Duemila è il turno di Erika de Nardo, che uccise la madre e il fratello, e a cui fu diagnosticato un disturbo narcisistico della personalità. La strage famigliare di Paderno Dugnano si allinea a questa serie di atrocità. Difficile formulare diagnosi senza avere visto la persona, ma il carattere immotivato di un passaggio all’atto è generalmente indice di una situazione psicotica che può essere latente, e può restarlo per molti anni, per affiorare infine in modo clamoroso. Ci sono, certo, segni per riconoscere queste situazioni, ma è inutile che li elenchi, perché sono segni che vanno letti strettamente legati al contesto, e sono segni altamente ambigui, che possono riferirsi a situazioni di accentuata particolarità caratteriale, senza implicare nessuna patologia, o indicare una vera a propria situazione psicotica. Le direi dunque: dorma sonni tranquilli accanto a suo figlio, se l’educazione che ha ricevuto è buona, se non ha subito frustrazioni, se non manifesta conflitti interiori e se i momenti di aggressività che può aver mostrato sono semplicemente quelli della soglia adolescenziale, quando il soggetto preme per uscire dal guscio famigliare Un cordiale saluto Marco Focchi
1 Commento
Giovanni Guglieri
7/9/2024 05:38:05 pm
Quello che mi spaventa e mi inquieta e' la troppa perfezione l'assenza di fragilità e dobolezze
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AutoreMarco Focchi riceve in Archivi
Ottobre 2024
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